GDL 3/57: Sfratto in caso di comodato
II Camera Civile del Tribunale di Appello in re U./T. del 1° luglio 1996

57.

Sfratto in caso di comodato

Art. 274g CO / Art. 305 CO

Va accolta la domanda di sfratto presentata dalla nuova acquirente dell'ente locato, per aggiudicazione a pubblico incanto, quando la stessa ha notificato all'occupante del bene di non voler sottoscrivere alcun contratto e di concedergli l'uso a titolo di comodato con scadenza a termine, senza che questi sollevasse obiezioni di sorta, cosicché si è perfezionato un valido contratto di comodato.

Estratto dai considerandi:

1. Lo stabile oggetto della lite, già di proprietà dei genitori dell'appellante, è stato aggiudicato alla banca U. nell'ambito dell'incanto 12 giugno 1995. L'iscrizione a Registro fondiario della nuova proprietaria è avvenuto l'11 luglio successivo.

È pacifico che il signor T. ha ciò nonostante continuato ad occupare il bene immobile, esercitandovi l'attività di carrozziere. In data 24 agosto 1995, la banca gli comunicava di aver preso atto dell'offerta sua e di un suo socio di acquistare la proprietà, offerta che sarebbe stata discussa entro l'8 settembre. Riguardo alla perdurante occupazione della carrozzeria, la banca così si esprimeva: "... considerato come non sia nostra intenzione stipulare un contratto di locazione, tale occupazione le viene concessa unicamente a titolo di comodato, per cui le assegniamo un termine di scadenza 31 ottobre 1995 per mettere a nostra completa disposizione la proprietà. In caso contrario ci vedremmo costretti ad avviare una procedura di sfratto" (doc. C).

2. L'istanza si fonda sulla circostanza della perdurante occupazione dell'immobile, oltre il termine del 31 ottobre 1995, considerato come ultimo giorno di validità del comodato concesso al signor T.

In sede di contraddittorio, il convenuto si oppone al provvedimento richiesto, sostenendo che la proposta di occupazione dell'immobile a titolo di comodato non sarebbe mai stata da lui accettata, come non è mai venuto in essere nessun rapporto di locazione: considera pertanto inapplicabili le disposizioni sullo sfratto.

3. La decisione del segretario assessore ritiene invece validamente pattuito un contratto di comodato, già per il motivo che il convenuto ha espresso il suo dissenso, per la prima volta, soltanto davanti al giudice; né, afferma il segretario assessore, è provato che alla scadenza di quel contratto, esso sarebbe stato rinnovato tacitamente per un ulteriore periodo.

4. Con l'appello - cui è stato concesso effetto sospensivo con decreto 20 maggio 1996 - il signor T. afferma che, dopo il 12 giugno 1995, egli ha occupato il capannone abusivamente, visto come non godesse di nessun permesso da parte della banca. Giustifica il proprio silenzio alla comunicazione della banca 24 agosto 1995 (doc. C) perché quell'offerta non aveva nessun valore: un comodato in tre mesi non gli avrebbe nemmeno permesso di smontare i suoi macchinari d'officina; semmai sarebbe stato interessato a una locazione a lungo termine; ma conclude, " meglio allora restare come abusivo, senza curarmi delle conseguenze ". Anzi, visto come la banca aveva trattato la sua famiglia, in un momento come l'attuale, difficile per l'economia, "occupando il capannone ho inteso protestare contro la banca ... . Ho così compensato con un piccolo vantaggio tutti i danni che la banca ci ha arrecato e continuerò a stare nel capannone fino a quando troverò un'altra soluzione".

Nega che l'offerta della banca (doc. C) possa essere considerata vantaggiosa per lui, tenuto conto della brevità del termine concessogli.

Delle osservazioni dell'istante si dirà, se necessario, nel seguito.

5. La possibilità di chiedere al pretore lo sfratto è data in tutti i casi di cessata locazione o affitto o comodato, quando non avviene la riconsegna della cosa oggetto del contratto (art. 506 CPC). Il comodato è un contratto per cui il comodante si obbliga a restituirgli la cosa stessa dopo essersene servito (art. 305 CO).

La legge fissa la fine del comodato nel caso in cui non sia stato stipulato un termine fisso (art. 309 CO): se ne deduce che le parti possono pattuire una durata del comodato.

6. Nel caso in esame il problema concerne la pattuizione stessa del preteso comodato.

In vista della conclusione di un contratto la manifestazione della reciproca volontà delle parti può essere espressa o tacita (art. 1 cpv. 2 CO); inoltre, quando la natura particolare del negozio e le circostanze non importino un'accettazione espressa, il contratto si considera conchiuso se entro un congruo termine la proposta non è respinta (art. 6 CO). Si tratta di fattispecie d'eccezione al principio "qui tacet non consentire videtur". Il silenzio a un'offerta - tale dev'essere considerato lo scritto della banca - può, in altre parole, rappresentare consenso se - in conformità con il principio dell'affidamento - l'offerente può essere in buona fede nella convinzione che controparte reagirebbe in caso di disaccordo, e che questa, da parte sua, è in grado di immaginare che l'offerente consideri il suo silenzio come consenso (Guhl/Merz/Kummer, Das Schweizerische Obligationenrecht, ed. 6, p. 116).

Nei casi contemplati dalla dottrina viene annoverato quello in cui l'offerta dev'essere considerata oggettivamente vantaggiosa per chi la riceve (Honsell/Vogt/Wiegand, Obligationenrecht, Allgemeiner Teil, ed. 2. p. 135). Oppure quando v'è un'accettazione incondizionata della prestazione dell'offerente da parte della controparte: così ad esempio nel caso di accettazione di un tasso d'interesse di fronte alla proroga di un mutuo già corrente, etc. (Honsell/Vogt/Wiegand, op. cit., ibidem, n. 19; Bucher, op. cit., p. 136).

Nel concreto, il signor T., avvenuto il passaggio di proprietà del bene immobile da lui occupato, non poteva, in buona fede, attendersi che la controparte accettasse tacitamente la sua rivendicazione di occupante abusivo. La banca era pacificamente a conoscenza della situazione e quindi egli avrebbe dovuto attendersi una decisione fra le alternative seguenti: offerta per una locazione del capannone (che la banca esplicitamente ha però escluso), o fine dell'occupazione a qualsiasi titolo. Inequivocabilmente è stata scelta questa seconda alternativa, fissando la banca questa fine al 31 ottobre 1995, e preannunciando persino l'eventualità dello sfratto (doc. C).

Il signor T. non pretende di aver nessun titolo per condurre regolarmente l'occupazione del capannone, anzi esplicitamente afferma di non aver voluto legami contrattuali con la banca; la pattuizione riguarda pertanto soltanto il periodo 12 giugno ( o 11 luglio) - 31 ottobre 1995, durante il quale, secondo l'ordinario andamento delle cose, la banca avrebbe potuto chiedere al signor T. un canone di locazione, oppure concedergli l'occupazione gratuita.

Questa seconda alternativa, rappresenta per l'occupante soluzione oggettivamente ed esclusivamente vantaggiosa, tenuto conto che egli comunque avrebbe dovuto lasciare il capannone per il 31 ottobre; anzi, al punto che non si vede quale ragionevole dissenso egli avrebbe potuto opporre all'offerta in questione.

Se ne deve concludere che in virtù dell'art. 6 CO - tenuto conto dei principi dottrinali esposti - le circostanze non comportavano un'accettazione espressa dell'offerta di occupare per un certo periodo il bene immobile nella forma del comodato; contratto che dev'essere considerato concluso tacitamente, ovvero in base alla solo offerta del comodante e al silenzio del comodatario.

L'applicazione delle norme sullo sfratto da parte del segretario assessore della pretura - in sé non oggetto di censura - trovano pertanto conferma anche in questa sede.

 

Sentenza pubblicata in questo volume al no. 16

 

La sentenza riprende l'opinione della dottrina più autorevole, secondo la quale il verbale di constatazione, benché firmato dal conduttore, non costituisce automaticamente una valida notifica dei difetti ai sensi di legge: soltanto un'elencazione dettagliata dei difetti che il locatore imputa al conduttore rispecchia i requisiti di legge. La sentenza modifica il principio contenuto nella sentenza 16 marzo 1994 della Pretura della Giurisdizione di Locarno-Città in re L./R. e C. (edita in Raccolta di giurisprudenza in materia di locazione, vol. n.2, sentenza n. 28 ), secondo la quale il verbale d'uscita firmato dall'inquilino valeva automaticamente come notifica dei difetti. Quella sentenza si rifaceva all'opinione di Lachat/Micheli (Le nouveau droit du bail, Losanne 1990, p. 355, n. 3.3), che, nella nuova edizione dell'opera (CFR. LACHAT / Le bail à loyer, Losanne 1997, p. 523, n. 3.6) è stata modificata nel senso indicato nella sentenza qui pubblicata.