Cerimonia di dichiarazione di fedeltà da parte dei magistrati

alla Costituzione e alle leggi

 

 Lugano 11 Dicembre 2002

 


Intervento della Presidente del Consiglio di Stato
Avv. Patrizia Pesenti
 

Signor Giudice federale
Signor Presidente del Tribunale d'appello
Signor Procuratore pubblico generale
Signor Giudice del Tribunale d'Appello
Signore e signori Procuratori pubblici e sostituti procuratori pubblici
Signori giudici dell'istruzione e dell'arresto
Signora Magistrato dei minorenni e signora supplente
Signor presidente della Pretura penale

Cari colleghi
Gentili signore, egregi signori

prendo la parola oggi con particolare piacere per significare a voi, magistrati della Procura pubblica, dell'istruzione e arresto, della Magistratura dei minorenni e della Procura penale non solo le nostre congratulazioni di rito per la vostra elezione, ma soprattutto il senso della nostra gratitudine per il vostro lavoro di ogni giorno.

 Una gratitudine profonda, sincera, che mi permetto di esprimere a nome delle cittadine e dei cittadini ticinesi.

La vostra funzione, il vostro lavoro, come del resto deve esserlo anche quello dei membri del potere esecutivo, è un lavoro al servizio del paese. E vi siamo grati perché esercitate la vostra funzione proprio dando prova quotidiana delle qualità che contraddistinguono un vero magistrato: professionalità, impegno civile, determinazione e riserbo.

I fatti recentemente accaduti a Ponte Capriasca, in una frazione di secondo, ci hanno fatto capire quanto è fragile la nostra capacità di prevedere certi avvenimenti. Un crimine che ci ha ammutolito per la sua efferatezza. Ma più ancora per il suo significato. Se ogni intervento coercitivo della polizia o della magistratura richiamasse altrettante vendette, vorrebbe dire congedarsi da questa primordiale e fondamentale funzione dello Stato. Certo si può affermare con ragionevole convinzione che il gesto criminoso e folle è isolato. Ed è questo che ci permette di respingere dalla nostra quotidianità la dimensione dell'assedio. Che potrebbe rivelarsi paralizzante.

 Ma non possiamo non vedere i numerosi episodi criminosi che proprio negli ultimi tempi hanno riportato alla ribalta il tema della vendetta ad opera di un giustiziere. Penso all'assassinio dei consiglieri di stato e parlamentari di Zugo. Ma penso anche a molti fatti della nostra cronaca: sono molti i familiari innocenti, tra cui bambini, assassinati da criminali con follie da giustizieri. Fatti molto diversi tra loro, certo ogni caso va analizzato per quello che è.

Ma non possiamo affermare che la giustizia dello stato sia riuscita ad sradicare una volta per sempre dall'animo umano la criminale e disperata ossessione di vendicarsi.

 Dare una alternativa alla vendetta, mettere degli argini all'umana ferocia, è stato questo il punto di partenza della giustizia esercitata dal potere sovrano. Sono qui le origini dello stato di diritto che si è sviluppato attorno al diritto penale, all'amministrazione della giustizia esclusivamente da parte dello stato. Ma lo stato di diritto è ancora punto di partenza, è sempre l'obiettivo, mai il punto di arrivo.

E questi crimini atroci ci buttano in faccia che il cammino dell'umanità è fatto proprio di cadute, di rialzamenti e ricadute.

E che dobbiamo continuare a confrontarci con queste atrocità.

Non per subirle, ma per combatterle.

Non per rassegnarci ma per prevenirle, laddove è possibile. Mettendo in atto ogni nostra risorsa, ogni competenza e sensibilità per fare in modo che non accadano.

Non possiamo non avere coraggio.

E di fronte ad ogni fatto, di fronte ad ogni atrocità non possiamo non ribadire con convinzione la legittimità del potere statale, la legittimità del diritto e delle procedure, senza abbandonarci a tentazioni giustizialiste. Perché la posta in gioco è alta.

Non dobbiamo mai smettere di costruire i muri maestri dello stato di diritto. Stato di diritto che ha per fondamento e per scopo la tutela delle libertà del singolo contro le varie forme di esercizio arbitrario del potere.

Neppure possiamo perdere di vista che lo stato non è mai un fine a se stesso, perché è, o deve essere, un mezzo per la tutela della persona umana, dei suoi diritti fondamentali di libertà e di sicurezza sociale.

Certo occorre ribadire con fermezza che la possibilità di risolvere il problema della sicurezza dipende innanzitutto dalla capacità di rafforzare le diverse istituzioni a presidio della sicurezza e della libertà. Ricordandoci che le istituzioni che concorrono a dare libertà e sicurezza ai cittadini sono interdipendenti tra loro e certo non devono essere poste in concorrenza tra loro nell'utilizzo delle risorse dello stato.

Se garantire la sicurezza ai cittadini è davvero quel compito prioritario dello stato di cui nessuno dubita, allora occorre non sottrarre risorse all'amministrazione e al mantenimento dell'ordine pubblico. Sottrarre risorse significa spalancare la strada alla criminalità, i soli ad avere interesse che la giustizia sia lenta e fragile nella sua risposta.

Credo che questo grande compito, dare sicurezza alla popolazione, non possa essere messo sulle spalle solo e unicamente di chi amministra la giustizia e assicura l'ordine pubblico. Certo, in uno stato di diritto l'esclusiva dell'uso della forza, della coercizione è delle forze dell'ordine e l'amministrazione della giustizia è del potere giudiziario. Ma appare cruciale un coinvolgimento di tutti nel senso di attenzione, di capire lo sforzo di chi ogni giorno, in fondo da solo, affronta il lato violento e drammatico dell'umana natura. Un coinvolgimento anche nel senso di gratitudine.

A nome del Governo ticinese sono due gli auguri che voglio esprimervi:
Il primo è quello di trovare ogni giorno, nell'esercizio della vostra funzione, quella serenità tranquilla che vi permette di lavorare con la dovuta saggezza.
Il secondo augurio è che non vi manchino mai la forza, il coraggio e la determinazione che si nutrono della legittimità della vostra funzione.

La legittimità che il paese intero è fiero di riconoscervi.

Patrizia Pesenti
Presidente del Consiglio di Stato