ASSEMBLEA ASSOCIAZIONE ANZIANI INVALIDI OCST

 Intervento della Consigliere di Stato Patrizia Pesenti, 6 giugno 2002


Gentili signore,
egregi signori,

è con molto piacere che mi esprimo di fronte alla vostra assemblea e vi ringrazio moltissimo dell’invito.
Sono convinta che un politico debba mantenere frequenti contatti con la popolazione, per incontrare i cittadini individualmente e attraverso l’associazionismo.
Soprattutto se un politico intende fare politica senza perdere di vista la realtà.

Oggi non mi sarà possibile seguire i vostri lavori assembleari: fra poco più di 2 ore avrò una seduta della Conferenza dei direttori cantonali della sanità a Herisau.
Il tema dei costi della salute preoccupa molto i consiglieri di stato che hanno la responsabilità della sanità. Come preoccupa gli assicurati. E’ quindi per me doveroso - quale rappresentante del Ticino - essere presente nelle istanze intercantonali della politica sanitaria.

Vorrei soffermarmi brevemente su altri temi:

La politica sociale e del lavoro devono essere ripensate alla luce dei profondi cambiamenti in atto.
La flessibilizzazione del mercato del lavoro ha messo in crisi i fondamenti stessi dello Stato sociale. Nell'attuale ciclo economico non è tanto la disoccupazione, espressa nelle statistiche ufficiali, a preoccupare quanto piuttosto la precarietà, l'instabilità e l'insicurezza dell'impiego.

In Svizzera ed anche in Ticino negli anni '90 si è assistito ad una marcata estensione delle forme atipiche di lavoro (lavoro a tempo parziale, lavoro a tempo determinato, lavoro interinale e lavoro su chiamata) nonché ad una diffusione di forme di lavoro autonomo.

Il problema principale è costituito dal fatto che queste nuove forme lavorative si collocano al di fuori delle reti classiche di protezione sociale.
Si tratta quindi di intervenire innanzitutto a sostegno di coloro che sono esclusi dalle prestazioni sociali a causa del loro statuto lavorativo, adeguando prima di tutto le assicurazioni sociali, di competenza della confederazione.
Occorre però anche pensare a nuove forme di mutualizzazione dei problemi condivisi, come la ricerca del lavoro, l'aggiornamento professionale, la prevenzione delle patologie legate all'insicurezza, l'insufficiente copertura assicurativa e la cura dei figli. Dico questo perché la cura dei figli o la famiglia diventano sempre più incompatibili con questo nuovo modo di lavorare!

La sfida che si pone consiste, dunque, nel gestire la transizione da un sistema sociale centrato sulla nozione di impiego stabile e di lavoro salariato a un sistema economico sempre più differenziato e attraversato da forme di lavoro ibride.
Modernizzare delle garanzie sociali vuol dire evitare che chi è già svantaggiato finisca escluso e povero del tutto.
Modernizzare la socialità significa evitare forme di paternalismo e assistenzialismo per mettere al centro dell’azione politica il cittadino.

Il grado di benessere di una società non lo si può misurare unicamente sulla base di indicatori economici, in primo luogo il Prodotto Interno Lordo (PIL), che forniscono quasi sempre solo dati quantitativi.
Una riforma fondamentale sarebbe quella di introdurre accanto all'indice del PIL, che in fondo dice sempre meno, un indice composito di traguardi desiderabili e possibili, nei settori essenziali per il benessere dei cittadini: il lavoro, la salute, la sicurezza, l'ambiente.

In società ricche come le nostre il benessere dei cittadini non è legato solo alla congiuntura economica.
È legato soprattutto alla fiducia nella capacità di anticipare e affrontare i grandi problemi che vediamo arrivare.

Dare un senso alla crescita economica, significa fondare un nuovo concreto consenso tra i cittadini.
E un nuovo consenso tra cittadini e stato c'è solo se lo stato si occupa dei rischi a cui i cittadini sono esposti, se prende sul serio le loro paure e le loro difficoltà.

Il Dipartimento della sanità e della socialità sta approfondendo in collaborazione con il Dipartimento di lavoro sociale della SUPSI possibili nuove forme di sicurezza sociale.
Dietro la povertà e l’esclusione sociale esistono non solo la condizione delle fasce più deboli della popolazione, ma anche sempre più storie e percorsi personali. In altre parole non ci sono i ricchi da una parte e i poveri dall'altra. La precarietà dell'impiego, la fragilità delle famiglie rende tutti molto più a rischio. Divorziare e doversi occupare dei figli e lavorare a tempo parziale può mettere una famiglia di colpo nella povertà!

Bambini e donne rischiano continuamente l'esclusione, la povertà.

I cambiamenti nel modo di lavorare hanno investito uomini e donne, giovani e meno giovani. Parecchi sono stati estromessi dal mercato del lavoro perché non avevano le potenzialità per adattarsi al cambiamento, altri hanno accettato una flessibilità che strozza la loro quotidianità: lavoro su chiamata, a turni, festivo, notturno.
Questi mutamenti hanno un forte impatto sulla salute e sull’organizzazione sociale, in particolare sulla compatibilità famiglia-lavoro. Su queste componenti il Dipartimento sta sviluppando progetti nell’ambito di politiche pubbliche integrate e coordinate con la società civile.

Promozione della salute nel mondo del lavoro.
Il progetto intende affrontare la relazione fra lavoro, precarietà e salute.
Un approccio complementare a quello classico della prevenzione delle malattie professionali e degli infortuni sul lavoro. Un approccio che tiene conto della nuova realtà del mondo del lavoro e dell’attività professionale come determinante della salute.
Le condizioni di lavoro si inaspriscono, l’ansia del futuro è più forte, l’insicurezza e la precarietà sono più diffuse, le differenze (e soprattutto le ingiustizie!) nei salari hanno assunto dimensioni drammatiche, l’incalzante evoluzione tecnologica è una centrifuga che emargina chi non sta al passo, la competitività esasperata fa male alla salute.

L’economia attuale si basa quasi esclusivamente sulle risorse umane, soprattutto nel nostro paese. Una popolazione meno sana e una minore coesione sociale mettono in pericolo la crescita economica e il benessere di tutti.

Il Parlamento non sembra voler sostenere la creazione di Consiglio degli anziani.
La Commissione della legislazione si è spaccata: il Gran Consiglio discuterà due rapporti commissionali, sembra manchi l'accordo di dove introdurre le norme statuiscono la creazione del consiglio.

La vostra associazione si è fatta interprete di queste aspettative e ha contribuito alla fase progettuale.
Il vostro giornale ha riferito delle resistenze parlamentari ma anche degli sviluppi a livello nazionale del Consiglio svizzero degli anziani, ormai operativo.
I primi sviluppi a livello federale mi confermano che il nostro non è un progetto senza senso, ma una proposta di partecipazione che potrà nutrire la nostra democrazia, senza interferire nelle istituzioni.
Personalmente non capisco come si possa essere contrari all'istituzione di un consiglio per gli anziani, come luogo di discussione, di approfondimento di temi che concernono la politica degli anziani. Non in concorrenza con il Gran Consiglio, ma come luogo dove viene valorizzata l'esperienza, la ricchezza di esperienza.
Sono fiduciosa (ma non troppo) che nella discussione plenaria il parlamento veda nel Consiglio per gli anziani non un concorrenza, ma un arricchimento.

Patrizia Pesenti
Consigliere di Stato