Il
DIC diventa DECS
Dipartimento dell'educazione, della cultura e dello sport
Bellinzona,10 luglio 2002
Signore
e signori rappresentanti della stampa scritta e parlata
Collaboratrici
e collaboratori del Dipartimento dell'istruzione e della cultura
Signore
e signori
Vi
saluto cordialmente a questo incontro che vuole segnare il cambiamento del nome
del dipartimento che dirigo. Ne avevo parlato in più occasioni. Era uno dei
miei obiettivi. Finalmente ho potuto tradurre in pratica un'idea alla quale do
seguito, da subito, anche con qualche misura concreta.
Cambiare
la denominazione del dipartimento non vuole essere solo un
atto formale, che concerne solo la forma esteriore di qualcosa che già esiste,
né un atto occasionale, cioè casuale. Non si tratta nemmeno di correggere
scelte precedenti. In questo contesto non esiste una soluzione sbagliata o una
soluzione giusta. Esiste solo la soluzione che meglio si adatta alla realtà di
quel momento che, per quel che ci
concerne attualmente, è quella a cavallo tra i due millenni. E’ oramai quasi
fastidioso ripetere che la nostra società è stata negli ultimi anni scossa da
profondi mutamenti con i quali la scuola si è sempre dovuta confrontare
compiendo grandi sforzi per - come usa dire - rimanere al passo coi tempi, che
non ha mai significato precorrere i cambiamenti, ma preparare i giovani ad
affrontarli.
Dall'istruzione all'educazione ….
Il sistema scolastico
ticinese ha vissuto due decenni di riforme ed è stato oggetto di continue
revisioni e messe a punto. E’ stato un momento d’importanti rinnovamenti,
forse anche di sogni e di illusioni. Ma senza sogni non si progredisce, nemmeno
nella scuola. La preoccupazione preponderante è stata rappresentata da
un’attenzione particolare per l’aspetto tecnico e culturale nell’ambito
della preparazione dei giovani per assicurar loro il conseguimento di un
attestato finale che consentisse di immettersi nel mondo del lavoro o di
proseguire gli studi a livello accademico. Dunque c’è stata un’ampia
discussione sui curricoli di studio, sulle passerelle tra l’uno e l’altro,
con l’obiettivo di garantire sostanziali possibilità di formazione o di
correggere scelte prese troppo precocemente. Connotazione molto forte ha avuto
dunque il concetto di istruzione, inteso come somma di conoscenze, necessarie
per poter progredire nelle scuole successive e nella vita, impartite in modo
sistematico, secondo ordini e gradi di scuola, e secondo un insegnamento
organico.
Anche in questo contesto
mai è venuto meno la preoccupazione educativa ben espressa dall'art. 2 della
Legge della scuola che precisa le finalità attribuite a questa importante
istituzione.
Oggi vanno date nuove
puntuali risposte alle esigenze di una società che cambia e che esige sempre più
dalla scuola, alla quale si tende ad attribuire nuovi compiti e nuovi obiettivi.
Dalla trasmissione di nozioni e conoscenze si punta ad abbracciare gli ambiti
delle competenze da acquisire e dei comportamenti da padroneggiare nel momento
in cui il “sapere” si estende anche al “saper fare” e al “saper
essere”.
È così che l'educazione,
e non soltanto l'istruzione, diventa la base su cui costruire lo sviluppo della
persona, che acquisisce competenze per potersi realizzare in maniera autonoma
nella vita, per operare in maniera attiva all’interno di una comunità con
piena coscienza della propria responsabilità di cittadino, per capire i
fenomeni della realtà di oggi e profilare quelli che potrebbero essere le
peculiarità della realtà di domani e dunque per aggiornarsi continuamente
nello studio e nella professione. In altre parole: la scuola non deve solo
istruire, deve anche educare, che vuol dire, fra tante altre cose, favorire lo
sviluppo dell’individuo che afferma i propri interessi contrapposti a quelli
dell’intera comunità, di cui rispetta le regole, e che pone al sommo dei suoi
pensieri la libertà individuale.
Educare i giovani vuol dire
imparare a conoscere; vuol dire capire il mondo che ci circonda, condurre una
vita dignitosa, sviluppare le proprie capacità professionali, comunicare con
gli altri. Ma è anche il piacere di imparare, di scoprire il nuovo. E tanto più
lo scibile conoscitivo è vasto, quanto più necessario per la scuola è
impartire una solida cultura generale di base, che permetta poi di scegliere più
tardi la strada che più s’adatta al singolo e di andare in profondità in
campi particolari. Non è più possibile – e forse non è mai stato possibile
– fare tutto e di tutto un po'. Difficile però, tanto per la scuola, quanto
per chi apprende, è conciliare le due esigenze di un’ampia formazione
culturale di base da un lato e di una marcata specializzazione dall’altro, ma
anche ritardare il più realisticamente possibile l’inizio della
specializzazione. L’esigenza di possedere una cultura generale di base la più
ampia possibile è specificata in tutte le recenti ordinanze e leggi che
concernono le scuole che sfociano nel mondo del lavoro o nelle scuole del terzo
livello. Spesso la scuola ha un compito difficile, specie nel mondo
professionale in cui si chiede relativamente presto che il giovane
“produca”.
Educazione come saper fare
è in primo luogo concetto legato alla formazione professionale e nei dibattiti
di questi anni se n’è discusso molto. Non si tratta solo di mettere in
pratica le conoscenze acquisite, ma di farsi un’immagine di come potrebbero
evolvere le tecniche future del lavoro. Non si tratta solo di raggiungere una
qualifica professionale, ma di essere sempre più competenti. Basti pensare
all’introduzione dell’informatica e alla rivoluzione che ha causato nella
maniera di lavorare nelle aziende, nelle fabbriche, a scuola e persino in
famiglia. “Saper fare” vuol dire educare il giovane a comportarsi in maniera
giusta in una determinata situazione. Ma vuol dire anche partecipare alla
costruzione del futuro, del proprio e della comunità in cui vive.
Educare vuol dire anche
insegnare a vivere, a operare e a dialogare con gli altri. Vuol dire saper
sostenere le proprie idee nel confronto con quelle degli altri, saperle
difendere, ma anche cambiarle. Vuol dire anche mettere in pratica i concetti di
tolleranza e di non violenza. Vuol dire vincere i pregiudizi, rispettare la
storia e la cultura degli altri. Vuol dire per i giovani accettare la presenza
in classe di giovani di altre lingue, di altri paesi, di altre tradizioni. Una
società sempre più multiculturale pone la scuola di fronte a problemi
abbastanza nuovi e spesso difficili da risolvere, perché il numero di chi
“viene da fuori” è sempre più grande e diventa un’entità che si oppone
fortemente all’entità locale.
Educare vuol dire anche
saper essere, formare nel giovane la consapevolezza dei valori della vita e di
contrapporli, ad esempio, allo strapotere dell’evoluzione tecnologica. Vuol
dire rafforzare nel giovane il sentimento della propria libertà che gli
consente di pensare pur sempre di testa propria, di esprimere un giudizio
fondato sul suo personale convincimento, di coltivare la sua immaginazione perché
sia assicurato il suo sviluppo come individuo, di decidere del proprio futuro.
Non sono cose nuove nella
sostanza. Nuove sono però l’amplificazione e la complessità delle
problematiche. Nuovo è il fatto che certe esigenze, alle quali la scuola deve
oggi rispondere, concernono realtà fino a qualche decennio fa lontane dal
nostro modo di vivere e di pensare; lontane dal punto di vista della tecnologia
che non compiva i passi da gigante che compie oggi; lontane con riguardo alla
composizione e al ruolo della famiglia; lontane dal punto di vista geografico e
culturale, perché la presenza di gente di usi e costumi completamente diversi
dai nostri era molto rara. Con una differenza essenziale rispetto a qualche
decennio fa: se da un lato alla scuola si chiede tutto e di tutto, dall’altro
l’impatto che essa ha sul giovane è oggi, stando a quanto dicono coloro che
si esprimono con i numeri, percentualmente sempre meno forte. Da padrone la
fanno, lo si sa, i mezzi di comunicazione di massa. Sta alla scuola sfruttare le
nuove opportunità che le si offrono per educare i giovani ad assumere uno
spirito critico nei confronti di quanto vien loro propinato oramai 24 ore su 24,
cioè a non accettare passivamente l’informazione, ma a compiere scelte che
rappresentino un arricchimento per se stessi. In questo processo di sviluppo del
giovane è importante che la scuola possa contare sulla collaborazione di
genitori attenti alle esigenze dei propri figli e consapevoli del ruolo che essi
hanno nella loro educazione.
Sono alcune riflessioni a
sostegno della tesi del cambiamento del nome del dipartimento, da Dipartimento
dell’istruzione a quello di Dipartimento dell’educazione. Non è un ritorno
all’antico. E’ già così in altri cantoni svizzeri e in altri paesi
europei. Ma la vera ragione non è di allinearsi sull’uno o sull’altro
fronte. Lo disse bene Stefano Franscini già 169 anni fa, lui che di scuola se
ne intendeva: “Non istruzione, ma educazione pubblica” e aggiungeva: “E
quanto al sapere non si tolleri che (…) per somma sventura (…) consista
piuttosto in parole che in cose; non si tolleri che metta fuori foglie e frasche
in abbondanza con penuria di frutti.” E’ una citazione che ho già fatto, ma
mi piace ripeterla perché possiede la semplicità delle cose grandi.
… e allo sport
Ho
già più volte manifestato in pubblico il desiderio di aggiungere una
"S" alla denominazione del dipartimento che dirigo. Anche questa
scelta non deve e non può essere intesa come un atto formale né occasionale, né
tantomeno come un atteggiamento opportunistico che prende corpo in un momento in
cui, talvolta, lo sport soffre di una "crisi di identità" - che ne
mette in discussione i valori e i principi - sia dentro sia fuori i nostri
confini.
Lo
sport, sia come attività fisica a livello competitivo sia come attività del
tempo libero, riveste un'importanza sempre maggiore - ed è giusto che sia così
- nel contesto della vita di tutti i giorni del cittadino, in prima fila dei
giovani.
Nella
promozione dello sport, al di là delle attività e delle iniziative private di
società e federazioni sportive, all'ente pubblico compete comunque un ruolo
fondamentale. Nel mio dipartimento alla promozione dello sport viene da tempo
data molta importanza, sia nell'ambito dei programmi scolastici per il tramite
dell'Ufficio dell'educazione fisica scolastica, sia attraverso l'ufficio
cantonale G+S che coordina e organizza corsi e manifestazioni di ogni genere e
che già oggi finanzia in misura determinante le attività delle federazioni
sportive, sia, infine, attraverso l'amministrazione del Fondo Sport-Toto che
assicura il sostegno finanziario alle varie attività sportive anzitutto a
livello di attività delle federazioni cantonali: per l'acquisto di attrezzi e
materiale sportivo, per il finanziamento della costruzione di nuovi impianti
sportivi e la ristrutturazione di quelli esistenti, per le importanti attività
di istruzione dei quadri e degli arbitri.
Lo
sport costituisce oggi una componente importante della vita di tutti i giorni di
una fascia sempre più consistente di cittadini di ogni età: non solo giovani,
scolari, studenti e sportivi d'élite, ma anche adulti e anziani che
interpretano l'attività sportiva, da un lato, come passatempo intelligente,
dall’altro anche come terapia preventiva e benefica per la salute e il
benessere personale. Vale dunque il vecchio adagio "mens sana in corpore
sano".
Lo
sport è anche e soprattutto scuola di vita, terreno fertile dove la giovane e
il giovane imparano a convivere con gli altri, dove si promuove lo spirito di
cameratismo, si forgia il carattere, si impara a essere determinati, a compiere
sacrifici per ottenere un risultato o raggiungere un obiettivo.
Il
compito dello Stato, in applicazione del principio della sussidiarietà del suo
intervento, consiste anzitutto nell'assicurare un contesto favorevole alla
promozione e all'esercizio pratico delle varie attività sportive: promozione di
possibilità di svago e di momenti di ricreazione nell'ambito della scuola e del
tempo libero, adozione di misure di prevenzione e di salvaguardia della salute,
la messa a disposizione di infrastrutture sportive idonee, tecnicamente
all'avanguardia e sicure.
Va
da sé che l'autorità politica - nell'ambito delle sue competenze - ha pure il
compito di contrastare, non da ultimo attraverso l'educazione e la trasmissione
di valori, gli aspetti negativi, per non dire deleteri, dello sport. E qui penso
anzitutto al doping, alla corruzione, all'incitamento alla violenza, alla
politicizzazione dello sport, ad esempio attraverso la divulgazione di messaggi
razzisti nei confronti di sportivi o a emissioni sportive, a dir poco,
sconcertanti e sicuramente diseducative.
Lo
sport competitivo, anche ad alto livello e con implicazioni finanziarie e
commerciali sempre maggiori, deve continuare a potersi fondare su una componente
anzitutto ideale e non può perdere di vista, nemmeno un istante, l'aspetto
etico.
Ma
noi, come DIC, o meglio come DECS, come federazioni sportive, siamo per nostra
fortuna confrontati anzitutto con gli aspetti più positivi, o direi addirittura
più nobili, delle varie attività sportive e siamo chiamati a dare risposte
puntuali alle esigenze di giovani e meno giovani che investono nello sport
risorse, energie e magari tutto il loro tempo libero prevalentemente per ragioni
ideali e per sano divertimento.
Nell'ambito
dello sport vanno trasmessi alcuni valori fondamentali della vita, a partire da
quelli dell'amicizia, dell'equità, della giustizia, della tolleranza e della
solidarietà, il rispetto degli avversari e la capacità di accettare la
sconfitta.
Mi
piace qui ricordare uno degli obiettivi educativi contenuti nel documento sulla
concezione del Consiglio federale per una politica dello sport in Svizzera nella
misura in cui mette in evidenza - cito - "la necessità di valorizzare la
possibilità di un rafforzamento della coesione sociale tramite l'insegnamento
dello sport e lo sport organizzato".
Anche
qui vanno date nuove risposte: una l'abbiamo già data con l'apertura, l'anno
scorso, della Scuola per sportivi d'élite delle scuole professionali
commerciali presso il Centro sportivo di Tenero. A questa si affianca il
sostegno assicurato dal Dipartimento a sportivi di élite che per ragioni
sportive devono frequentare le scuole fuori cantone, oppure l'organizzazione di
classi per sportivi nelle scuole medie superiori. Altre risposte vanno date con la creazione di quelle
condizioni quadro che consentono la pratica di attività sportive di ogni
genere, sia a livello di semplice divertimento sia a livello competitivo. In
gergo popolare si potrebbe dire che lo sport, oltre che una scuola di vita, è
spesso una valida alternativa alla piazza, alle cattive compagnie, al non sapere
come occupare il tempo libero. Anche questa è prevenzione.
Per
raggiungere questi obiettivi comuni della scuola e del mondo dello sport sono
naturalmente necessarie risorse - umane e finanziarie - che a mente del
Consiglio di Stato costituiscono un valido investimento per il futuro.
Proprio
per questo, nell'ultima seduta il Consiglio di Stato - a sostegno
dell'importante movimento giovanile cantonale nelle discipline sportive
riconosciute in base al regolamento per la ripartizione dei proventi dello
Sport-toto del 7 ottobre 1998 - ha deciso di stanziare un credito aggiuntivo,
interamente finanziato dal Fondo Sport-toto, di circa 1,8 mio di franchi,
distribuiti sull'arco dei prossimi tre anni (610'000 franchi all'anno), come
contributo straordinario alle federazioni sportive da destinare alla promozione
e al consolidamento dello sport in ambito giovanile.
A
scanso d'equivoci va tenuto presente che questi contributi allo sport non
comportano corrispondenti rinunce
per il settore della scuola o della cultura. Non si tratta quindi di penalizzare
questi ultimi due settori ma di finanziare il settore dello sport con i fondi
specifici attualmente disponibili.
Si
tratta di un aumento pari al 50 % del sussidio ordinario ricorrente già versato
oggi alle varie federazioni sportive, strettamente legato alle attività dei
movimenti giovanili. Nel mese di settembre è previsto un incontro con le varie
Federazioni per spiegare i dettagli e le modalità di erogazione dei contributi.
Il
Consiglio di Stato ha pure deciso di destinare un ulteriore sussidio unico e
straordinario di 800'000 franchi finalizzato esclusivamente alla promozione e
allo sviluppo delle attività dei movimenti giovanili delle società sportive
che disputano i campionati di Lega nazionale A e B nelle discipline calcio,
hockey su ghiaccio, pallacanestro e pallavolo, perché possano consolidare
l'attività dei movimenti giovanili e assicurarne la continuità.
I
criteri di ripartizione tra le singole società e le modalità di versamento dei
contributi verranno definiti dal Dipartimento in collaborazione con
l'Amministrazione del Fondo Sport-toto sulla scorta dei dati che le singole
società dovranno presentare. Sono ipotizzabili dei criteri di ripartizione
fondati su fattori di ponderazione, ad esempio tenendo conto del numero delle
squadre di allievi iscritte nei vari campionati, rispettivamente delle squadre under
che partecipano ai campionati nazionali.
Una
prima ipotesi di ripartizione potrebbe essere quella che figura nella tabella
proiettata alle mie spalle. Si tratta comunque di importi solo indicativi,
suscettibili di sensibili variazioni sulla scorta dei dati che verranno
inoltrati dalle singole società e dei criteri di ponderazione fissati in un
Regolamento.
Infine,
il Consiglio di Stato ha deciso di stanziare un importo di 30'000 franchi per
una campagna di sensibilizzazione a sostegno dello sport quale strumento di
prevenzione in ambito giovanile.
Si
tratta dunque di prime concrete proposte. Si dovranno acquisire esperienze, così
come si dovranno valutare gli effetti degli interventi. Si dovrà poi valutare
se continuare o no su questa strada. È opportuno ricordare che questi sostegni
finanziari sono prelevati dal Fondo Sport-toto, rigorosamente legati alle
attività e agli investimenti nel campo dello sport, e non intaccano in nessun
modo le risorse destinate alla scuola e alla formazione.
Il
cambiamento del nome del DIC in DECS, Dipartimento dell’educazione, della
cultura e dello sport, non è una formalità. È un programma d’azione.
Gabriele Gendotti
Consigliere di Stato e
Direttore
del Dipartimento dell'educazione, della cultura e
dello sport