GDL 9/11:
Riduzione di pigione in caso di inidoneità del bene locato all'uso previsto dalle
Parti
Pretura della Giurisdizione di Mendrisio-Sud in re N. / B. del 1°dicembre 2003
11. Art. 259 e segg. CO
Riduzione di pigione in caso di inidoneità del bene locato all'uso previsto dalle Parti
L'uso cui è destinato l'ente locato è determinato innanzitutto dall'accordo (esplicito o tacito) raggiunto dalle parti, oppure, in assenza di un'intesa, può essere determinante l'uso che viene fatto abitualmente del bene locato.
L'installazione di una cucina intesa a modificare un bar in un'osteria e quindi il diniego della conseguente modifica di patente costituisce un difetto del bene locato.
Quando l'eliminazione del difetto non risulta più possibile, comporta un costo sproporzionato o non può essere pretesa secondo le regole della buona fede, appare possibile concedere una riduzione definitiva di pigione.
Pretura della Giurisdizione di Mendrisio-Sud in re N. / B. del 1°dicembre 2003
Estratto dai considerandi
Ritenuto che:
A. Con contratto 10 marzo 2000, G.B. ha locato a R.C. l'Osteria P. a C., per una pigione mensile di fr. 3'700.-- (doc. A); è stato convenuto che l'ente locato fosse adibito "ad uso esercizio pubblico e abitazione conformemente alla patente 1432 B.2" (pto. 2, doc. A). In data 14 marzo 2001 le parti hanno modificato l'oggetto della locazione, escludendone la cucina, la sala da bagno e tre camere, tutte site al piano superiore, e riducendo la pigione a fr. 2'000.-- mensili (doc. B).
B. Con contratto 31 maggio 2001 H.N. si è impegnata a subingredire a far data dal 1° settembre 2001 nella suddetta locazione "alle medesime condizioni" del precedente conduttore (doc. C). Il locatore G.B. ha ratificato questo accordo ed ha poi comunicato il cambiamento di gerenza all'Ufficio dei permessi (doc. D), il quale, con decisione 20 agosto 2001 ha autorizzato la signora N. alla gestione d'esercizio pubblico cat. B2 (doc. E).
C. Prima della consegna dell'ente locato, siccome la cucina originaria era stata scorporata con la convenzione del 2001 (doc. B) ma costituiva - per la nuova conduttrice - un presupposto indispensabile per la gestione dell'Osteria, la signora N. ha intrapreso (a proprie spese) dei lavori per la creazione di un nuovo locale cucina al piano terreno. La necessaria autorizzazione, richiesta dal signor B., è stata preavvisata negativamente dall'Ufficio dei permessi in quanto la cucina era di dimensioni non conformi ai requisiti legali (doc. G). Con scritto 6 maggio 2002 (doc. H), il Municipio ha poi rammentato al locatore che "il suddetto vano può essere inteso solamente quale "office" ossia adibito alla preparazione di semplici spuntini" e che inoltre "dovrà essere adeguata la denominazione dell'esercizio pubblico (da osteria a bar) modificando la relativa insegna". L'istante si è quindi rivolta al proprio locatore invitandolo ad intraprendere quanto necessario per adeguare la superficie della cucina alle esigenze poste per la gestione dell'esercizio pubblico come osteria (doc. I/K e Q).
D. Dopo numerosi solleciti al locatore (doc. M), con decisione 17 ottobre 2002 (doc. N. e O), l'Ufficio permessi ha modificato la patente per l'esercizio pubblico in questione declassandolo da "osteria" a "bar" (cat. B3).
E. Con istanza 25 ottobre 2002 (doc. S), la signora H.N. si è quindi rivolta all'Ufficio di conciliazione in materia di locazione (di seguito UCML) chiedendo che al locatore fosse fatto ordine di realizzare a sue spese una cucina conforme alle esigenze poste per lo sfruttamento dell'esercizio pubblico quale osteria, nonché che la pigione fosse ridotta al 50 % a partire dall'8 giugno 2002. In sede d'udienza di discussione, essa ha inoltre postulato la sostituzione della lavastoviglie rotta e un'adeguata riduzione del corrispettivo dal 1° ottobre 2002 (cfr. verbale UCML 16.12.2002, doc. T).
F. Con decisione 12 febbraio 2003, l'UCML ha integralmente respinto l'istanza (doc. U), ritenendo in sintesi che l'ente era stato locato come "bar" di modo che il declassamento da "osteria" a "bar" non rappresentava un difetto e che, per quanto riguardava la lavabicchieri, non era stato ossequiato il requisito della fissazione al locatore di un congruo termine per la riparazione.
G. Contro tale decisione, in data 20 marzo 2003 H.N. è insorta presso codesta Pretura postulando quanto a suo tempo richiesto all'UCML. All'udienza di discussione, il convenuto si è integralmente opposto all'istanza, contestando l'esistenza di un qualsivoglia accordo verbale supplementare; in altri termini, l'istante avrebbe accettato l'ente locato nello stato in cui si trovava al momento del suo subingresso, vale a dire - conformemente alla convenzione del 2001 (doc. C) - come "bar" senza cucina. In conclusione, essendo l'ente conforme alla destinazione convenuta, non vi sarebbero difetti che richiedono una riparazione. Quanto alla lavabicchieri, il convenuto ha mantenuto la propria posizione espressa in sede di conciliazione, aggiungendo inoltre che tale domanda costituirebbe un'inammissibile estensione dell'azione.
Considerato che:
1. E' incontestato che le parti hanno stipulato un contratto di locazione di locali commerciali ai sensi degli artt. 253 e segg. CO. Secondo l'art. 256 cpv. 1 CO, il locatore deve consegnare la cosa al momento pattuito in stato idoneo all'uso cui è destinata, e mantenerla tale per la durata della locazione.
1.1 L'uso cui è destinato l'ente locato è determinato innanzitutto dall'accordo (esplicito o tacito) raggiunto dalle parti; in assenza di un'intesa, è indicativo l'uso che ne viene fatto abitualmente (Higi, Die Miete / Kommentar zum Schweizerischen Zivilgesetzbuch [Zkomm], Zurigo 1995, N. 13 e segg. ad art. 256). Lo stato della cosa deve essere idoneo all'uso cui è stata destinata (per volontà delle parti o per consuetudine), in altri termini allo scopo per il quale è stata locata. L'idoneità corrisponde ad un Sollzustand in relazione agli accordi intercorsi tra le parti; si tratta di una qualità oggettiva che può, come nel caso specifico, dipendere da disposizioni di diritto pubblico (in casu, le normative sugli esercizi pubblici), il cui adempimento incombe al locatore.
1.2 Per stabilire la reale volontà delle parti, è necessario fare ricorso alle consuete modalità di interpretazione del contratto, considerando in particolare le circostanze concrete quali l'ammontare della pigione, lo stato dell'immobile, la sua situazione e la sua destinazione corrente; vanno inoltre presi in considerazione il comportamento delle parti al momento del trasferimento della cosa, segnatamente le esigenze e richieste del conduttore e le promesse del locatore (Svit, Schweizerisches Mietrecht - Kommentar, Zurigo 1998, N. 19 e segg. ad art. 256). Occorre infine considerare le qualità soggettive della persona del conduttore e di cui il locatore è a conoscenza (Lachat/Micheli, Le nouveau droit du bail, Losanna 1990, pag. 100).
1.3 Secondo l'art. 183 CPC, ove la legge non disponga altrimenti, chi vuole dedurre un diritto da una circostanza di fatto da lui asserita, o chiede il riconoscimento di un diritto, deve fornirne la prova. In particolare, nella fattispecie il conduttore dovrà provare sia l'assenza nella cosa locata delle caratteristiche pattuite, sia la sua conseguente inidoneità all'uso previsto (Higi, Zkomm, N. 41 ad art. 256; Svit - Kommentar, N. 26 ad art. 259d).
L'art. 90 CPC stabilisce che il Giudice valuta le prove secondo il suo libero convincimento in base alle risultanze del processo. I limiti entro i quali il Giudice forma il suo convincimento sono ben descritti da P. Jolidon, nel suo articolo Vérité, justice et procédure civile, in ZBJ 1973, pag. 177 segg., pag. 197, nel quale egli afferma che "la convinction du juge n'implique pas que tout doute soit objectivement exclu. Il suffit que les doutes qui peuvent surgir quant à la réalité d'un fait soient subjectivement considérés, pour les motifs raisonnables, comme étant mal fondés. L'affirmation de l'existence du fait ne doit pas, pour fonder cette convinction, être éprouvée par le juge comme nécessairement exacte; il suffit qu'elle lui apparaisse comme la solution raisonnablement la plus soutenable au vu des circonstances concrètes. Ainsi, la vérité d'un fait contesté est prouvée, établie, si -c'est une condition nécessaire et suffisante- le juge admet la réalité de ce fait avec un degré de vraisemblance tel qu'il ne doit raisonnablement pas envisager une solution contraire".
2. Nel caso in parola questo Giudice deve innanzitutto raggiungere un convincimento in relazione al contenuto dell'accordo raggiunto dalle parti sulla destinazione dell'ente locato, per poi stabilire se lo stato effettivo dello stesso fosse idoneo alla destinazione pattuita, sia al momento della consegna, sia nel corso della relazione contrattuale.
2.1 Il contratto di locazione di cui al doc. A ha per oggetto l'Osteria P. e precisa che "il conduttore prende in possesso l'ente locato ad uso esercizio pubblico e abitazione conformemente alla patente 2432, B2"; il tipo di patente B2 autorizza appunto l'esercizio di un'osteria (art. 7 n. 2 Regolamento della legge sugli esercizi pubblici [RL 11.3.2.1.1]). La convenzione 14 marzo 2001 (doc. B) stipulata fra B. e C. (precedente conduttore) ha modificato l'oggetto della locazione, stralciando dal contratto la voce "piani superiori" composta dalla cucina, sala da bagno e tre camere (pto. 1) e diminuendo adeguatamente la pigione (pto. 2). La destinazione del locale (o meglio, il tipo di patente oggetto del contratto) è tuttavia rimasta immutata, vale a dire la gestione di un esercizio pubblico con patente tipo B2.
2.2 Il fatto che il signor C., negli ultimi 4/5 mesi della sua attività, a seguito della scorporazione della cucina, abbia di fatto gestito il locale come bar (cfr. verbale d'udienza 2 luglio 2003, pag. 4), appare irrilevante ai fini della qualificazione dell'oggetto del rapporto di locazione sorto tra l'istante e il signor G.B. e dell'uso cui era destinato. E' anzitutto pacifico come, al momento del subingresso della signora N. (1° settembre 2001, cfr. doc. C), l'esercizio pubblico - benché privo di cucina - non fosse ancora stato declassato a bar (fatto avvenuto il 17 ottobre 2002, cfr. doc. N). A mente di chi scrive, dalle circostanze doveva risultare chiaro che la signora H.N. intendesse gestire il locale come osteria (e non come bar) e proprio per tale ragione desiderasse installarvi una nuova cucina. Da quanto emerso dalle tavole processuali, contrariamente a quanto affermato dall'UCML, questo Giudice ha potuto convincersi che tale intenzione fosse ben chiara anche al signor G.B. già nel corso delle trattative per il trasferimento della locazione; il contrario non spiegherebbe d'altronde né la richiesta di rilascio di una patente B2 (doc. E, e non B3), né tantomeno la partecipazione attiva del convenuto ai lavori di progettazione e di installazione della cucina (cfr. teste B., verbale d'udienza 2 luglio 2003, pag. 3), né il relativo avvisto dato al Municipio (doc. G e H). D'altronde, benché in sede di interrogatorio formale 24 settembre 2003, il convenuto si sia limitato a risposte vaghe e laconiche, risulta evidente che il suo comportamento, sia in fase precontrattuale, sia nella fase incipiente del contratto, fosse tale da confortare l'istante nella sua convinzione che si trattasse di un contratto relativo alla gestione di un'osteria. Quanto affermato è pure avvalorato dalla deposizione di C., secondo cui "nella trattativa si parlò sempre di osteria anche se ultimamente io la conducevo come bar (…). Dalle discussioni mi risultò che la signora N. avesse l'intenzione di gestire un'osteria, un ristorante. Sentivo in effetti che spesso tra N. e B. c'erano discussioni relative alla cucina" (cfr. verbale d'udienza 2 luglio 2003, pag. 4).
2.3 In conclusione, l'istante poteva legittimamente e in perfetta buona fede partire dal presupposto che dopo l'installazione della cucina, per la quale il signor G.B. aveva manifestato (sia pur solo per atti concludenti, non essendo qui dimostrata l'esistenza di un accordo verbale) il proprio accordo, il locale avrebbe di nuovo adempiuto i requisiti necessari per mantenere la patente tipo B2. Di transenna, appare poi opportuno evidenziare come il fatto stesso che il locatore acconsentì all'inizio dei lavori prima dell'inizio del contratto (cfr. verbale d'interrogatorio formale 24 settembre 2003, ad 4.) sembra confermare la tesi dell'istante, secondo cui la consegna dei locali il 1° settembre 2001 presupponesse che questi fossero dotati di una cucina.
2. Per tutte queste ragioni, è possibile ammettere che le parti avevano convenuto (perlomeno per atti concludenti) di destinare l'ente oggetto del contratto ad esercizio di un'osteria con patente tipo B2, e a tal fine avevano provveduto all'installazione di una nuova cucina. Ne consegue che quando lo stato dei locali si è rivelato inidoneo alla sua destinazione, cioè alle prime rimostranze formulate dall'Ufficio cantonale dei permessi e dal Municipio di C. al signor B. nel settembre-ottobre 2001 (doc. G e H), il locatore, cui incombe l'obbligo di mantenere la cosa in uno stato idoneo a quanto pattuito per la durata della locazione, avrebbe dovuto porvi rimedio.
3. Tutto ciò che diverge dallo stato conforme all'uso pattuito costituisce un difetto; se egli stesso non ne può essere ritenuto responsabile, il conduttore dispone delle prerogative di cui agli artt. 258 e 259 segg. CO (Lachat, - in: Thévenoz/Werro (Ed.), Code des obligations I, Basilea 2003, N. 2 e segg. ad art. 256).
3.1 Come detto sub 1.1., l'assenza di un'autorizzazione amministrativa per l'esercizio di un'attività commerciale - in casu il declassamento di un esercizio pubblico da osteria a bar, stabilito con decisione 17 ottobre 2002 - costituisce un difetto (giuridico) ai sensi degli artt. 259 e segg. CO che pregiudica l'idoneità dell'ente locato (Svit - Kommentar, N. 58 a Vorbemerkungen zu art. 258-259i). A maggior ragione siccome l'adempimento di norme di carattere pubblicistico destinate ad autorizzazione un determinato utilizzo dell'ente locato è a carico di colui al quale tali disposizioni si rivolgono (cd. Normadressat, cfr Higi, Zkomm, N. 40 ad art. 256), in concreto quindi al locatore (e proprietario) dell'esercizio pubblico (artt. 3, 5 lett. c, e 15 Legge sugli esercizi pubblici [RL 11.3.2.1]).
3.2 Secondo l'art. 256 cpv. 1 CO, il locatore deve provvedere anche a che l'oggetto locato rimanga idoneo all'uso pattuito durante tutto il rapporto di locazione. Essendo tale difetto sopravvenuto nel corso della locazione - a poco più di un anno dall'inizio del contratto - il conduttore può prevalersi dei diritti messi a disposizione dagli artt. 259a-259i CO. Ad ogni modo, anche ammettendo che il difetto esistesse già al momento della consegna, le medesime disposizioni sono rese applicabili per effetto dell'art. 258 cpv. 2 CO, secondo cui il conduttore che, nonostante l'esistenza di difetto che escludono o diminuiscono notevolmente l'idoneità della cosa all'uso cui è destinata, la accetta e persiste nel chiedere il perfetto adempimento del contratto, può far valere soltanto i diritti che gli comporterebbero in caso di difetti della cosa sopravvenuti durante la locazione.
4. L'istante ha chiesto in via principale l'eliminazione dei difetti mediante l'adeguamento delle dimensioni della cucina alle disposizioni vigenti in materia, nonché una riduzione del 50 % della pigione a far data dal 17 ottobre 2002 fino all'eliminazione dei difetti.
4.1 Se sopravvengono difetti della cosa che non gli sono imputabili né sono a suo carico, oppure se è turbato nell'uso pattuito della cosa, il conduttore può esigere dal locatore l'eliminazione del difetto e, se questo pregiudica o diminuisce l'idoneità della cosa all'uso cui è destinata, una riduzione proporzionale del corrispettivo a partire dal momento in cui il locatore ha avuto conoscenza del difetto fino all'eliminazione del medesimo, anche se questi prova che nessuna colpa gli incombe (artt. 259a lit. a e b, 259b e 259d CO).
4.2 Nella fattispecie concreta, atteso come il locatore, pur essendo stato debitamente avvisato del difetto (cfr. art. 257g CO) mediante numerosi scritti dell'istante (doc. I-K, Q), non abbia provveduto alla sua eliminazione e nemmeno abbia mai manifestato l'intenzione di intervenire in tal senso, il conduttore può, in virtù dell'art. 259b lett. b CO, chiedere che il Giudice ordini l'eliminazione del difetto a spese del locatore. Si tratta di un'azione di esecuzione, con la quale non possono tuttavia venir pretese riparazioni eccessive: la richiesta deve limitarsi al minimo necessario, secondo il principio di proporzionalità (Lachat, in: CO I, N. 7 ad art.259c; Svit - Kommentar, N. 10 ad art. 259b). Agli atti non risulta né il progetto di un ipotetico intervento di adeguamento della superficie della cucina ai requisiti legali, né un preventivo destinato a quantificarne i costi, ma appare verosimile che per ottenere la superficie richiesta si renderebbe necessaria una modifica dell'attuale conformazione dei locali dell'osteria, con costi elevati. Questo Giudice non ritiene quindi opportuno né ragionevole obbligare il signor B. ad assumersi la non indifferente spesa che comporterebbe l'aggiunta di almeno 6 mq all'attuale superficie della cucina (doc. G), e che gli imporrebbe inoltre una modifica strutturale dei locali che egli non desidera.
4.3 Quando l'eliminazione del difetto non è più possibile, comporta un prezzo sproporzionato o non può essere pretesa secondo le regole della buona fede, la giurisprudenza ammette che è possibile concedere una riduzione definitiva della pigione, rinunciando all'eliminazione del difetto, sebbene la legge non prevede esplicitamente un simile provvedimento (sentenza della Pretura di Locarno-Campagna in re G. / M. del 29 dicembre 1995. - in: Minotti-Perucchi/Mosca, Raccolta di giurisprudenza in materia di locazione, Vol. 3, 1995-1997, pag. 37 e segg.). Nel caso specifico, a mente di chi scrive appare giustificato concedere a H.N., alla luce della importante perdita economica che la decisione di declassamento della patente di gestione del locale le ha cagionato (ed è suscettibile di cagionarle in futuro), una riduzione definitiva della pigione.
4.4 Per quanto attiene alla misura della riduzione, la dottrina fa riferimento al metodo relativo, secondo cui la pigione va diminuita proporzionalmente al rapporto fra valore oggettivo della cosa senza difetti e valore della cosa con difetti (Higi, Zkomm, N. 14 ad art. 259d; Svit - Kommentar, N. 17 segg. ad art. 259d); il minor valore va determinato in base a criteri oggettivi e alle circostanze concrete. In casu, l'istruttoria ha evidenziato come i locali siano stati affittati ad uso osteria, per cui la conduttrice poteva ragionevolmente attendersi che la cucina installata rispettasse i requisiti posti dalle normative cantonali per l'esercizio di un'osteria. Il difetto intervenuto pregiudica notevolmente l'idoneità della cosa all'uso cui è destinata: siccome l'istante impossibilitata a sfruttare il locale come osteria, è obbligata a condurre il locale come un bar subendo verosimilmente un'importante diminuzione degli introiti, questo Giudice ritiene equo, in considerazione delle circostanze concrete e del fatto che non è possibile esigere dal locatore l'eliminazione del difetto, accordare una riduzione definitiva della pigione mensile del 30 %, ovvero da fr. 2'000.-- a fr. 1'400.-- mensili.