GDL 5/51: ANNULLAMENTO DELLA DISDETTA
Pretura del Distretto di Lugano in re G. SA/L. del 28 dicembre 1998
51. Artt. 271, 271a cpv. 1 lett. a e 266g CO
ANNULLAMENTO DELLA DISDETTA
Non può essere annullata ai sensi dell'art. 271a cpv. 1 lett. a CO la disdetta intimata
perché il conduttore ha sollevato una pretesa derivante dalla locazione (deduzione
dal canone di un importo di fr.150.-- per la sostituzione della maniglia della porta
d'entrata da lui stessa corrisposta), trattandosi manifestamente di un intervento
di ordinaria manutenzione che la legge pone a suo carico.
Ciò nondimeno, la disdetta va annullata poiché motivata quella conseguenza di un
litigio con insulti, intervenuto tra l'amministratore e l'inquilino, che, a detta
del primo, renderebbe ragionevolmente impossibile la continuazione del contratto,
ma che secondo il Giudice non era tale da giustificare una disdetta per gravi motivi
ex art. 266g CO.
Pretura del Distretto di Lugano in re G. SA/L. del 28 dicembre 1998
Estratto dei considerandi:
1. In data 22 febbraio 1996, le parti hanno sottoscritto un contratto di locazione avente per oggetto la locazione di un appartamento di 2½ locali dal 1° aprile 1996, situato Via S. n. 12a Bissone, per una pigione mensile di fr. 900.-- oltre ad un acconto di fr. 150.-- mensili spese accessorie.
Il contratto venne stipulato per una durata iniziale di 2 anni (1.4.1996-31.3.1998), rinnovabile tacitamente di anno, salvo disdetta con preavviso di tre mesi per la scadenza contrattuale (doc. A).
2. Con lettera raccomandata 14 aprile 1998 (doc. C), il conduttore è stato diffidato al pagamento entro 30 giorni di fr. 150.-- da questi trattenuto dalla pigione del mese di aprile 1998 per la sostituzione della maniglia della porta d'entrata che, a detta della locatrice, rientrava nell'ordinaria manutenzione ed avrebbe perciò dovuto essere a carico del conduttore. Tale lettera di diffida conteneva l'avvertenza che, scaduto infruttuosamente il termine di 30 giorni per il pagamento dello scoperto, il contratto di locazione poteva essere disdetto.
3. In data 16.4.1998 l'istante ha notificato al convenuto mediante modulo ufficiale la disdetta ordinaria del contratto di locazione con effetto dal 31.3.1999 (doc. B), motivando la stessa per cessata locazione.
Con tempestiva istanza 14 maggio 1998 (doc. E) il conduttore si è rivolto all'Ufficio di conciliazione competente osservando, da un lato, che il termine di 30 giorni della diffida non era ancora trascorso e chiedendo, dall'altro, in via principale l'annullamento della disdetta e, in via subordinata, la proroga del contratto di locazione per 4 anni.
Con decisione 20 luglio 1998 (doc. G) il competente Ufficio di conciliazione ha annullato la disdetta ordinaria considerandola in contrasto con l'art. 271 cpv. 1 CO, poiché avvenuta, non per finita locazione come sostenuto dal locatore, bensì in seguito al comportamento poco corretto assunto dal conduttore nei confronti dell'amministrazione.
4. Contro la predetta decisione la locatrice è insorta con istanza 21 agosto 1998 postulando che, in riforma della decisione 20 luglio 1998 dell'Ufficio di conciliazione in materia di locazione di Breganzona, venga accertata l'efficacia della disdetta contrattuale 16 aprile 1998 notificata al conduttore per il 31.3.1999 e, in via subordinata, venga concessa una proroga unica e inderogabile di 3 mesi fino al 31.6.1999.
In occasione dell'udienza di discussione 1° ottobre 1998 il conduttore ha postulato la reiezione dell'istanza in oggetto, con conseguente riconferma della decisione dell'Ufficio di conciliazione, ribadendo che la disdetta in esame doveva essere annullata siccome abusiva, in quanto venne chiaramente significata per ritorsione.
In via subordinata, nel caso la disdetta fosse ritenuta valida, il convenuto ha infine chiesto una prima protrazione del contratto di locazione per un periodo di due anni.
Al dibattimento finale 2 novembre 1998, le parti hanno concluso riconfermandosi nelle loro reciproche ed antitetiche allegazioni e domande
5. Il diritto federale in materia di locazione impone un processo di tipo inquisitorio (art. 274d cpv. 3 CO). Ciò non significa che le parti siano dispensate da una collaborazione attiva e da una diligente conduzione del processo (IICCA 18.7.1991 in re F./Z.) ma significa semplicemente che il Giudice è tenuto ad accertare i fatti d'ufficio ed ha la facoltà di apprezzare liberamente anche quelle prove il cui valore sarebbe limitato od escluso giusta la procedura cantonale (IICCA 27.2.1984 in re B. e D./B. G.).
Anche nell'ambito della locazione vale quindi il principio posto dall'art. 8 CC che impone, a chi intende dedurre il proprio diritto da una circostanza di fatto, l'obbligo di provare detta circostanza (ICCA 31.10.1980 in re L.S.A./A.P.; IICCA 16.4.1991 in re. CS/S. SA), la mancanza delle prove delle circostanze di fatto costitutive del diritto obbligando il Giudice a decidere in sfavore di chi ha asserito l'esistenza di tale diritto (Kummer, Berner Kommentar, N.20 ad art. 8 CC).
Pertanto, nel caso di contestazione della disdetta ritenuta dal conduttore contraria alle regole della buona fede, è a quest'ultimo che incombe di provare l'asserita abusività; ciò anche nel caso in cui sia il locatore ad insorgere, con istanza al Giudice, contro una preliminare decisione dell'UC decretante l'annullamento della disdetta, giacché il ricorso all'autorità giudiziaria a seguito della decisione dell'UC, che determina solo il ruolo processuale successivo del locatore e del conduttore, non equivale ad una procedura di verifica della pronuncia di quest'ultimo, bensì ad un'azione giudiziaria a sé stante ed indipendente da quanto si è sviluppato precedentemente (Cocchi, Aspetti del nuovo diritto di locazione in Rep. 1990, 79 e rif. ivi citati).
6. a) In base all'art. 271a cpv. 1 lett.a CO una disdetta può essere contestata in particolare se data dal locatore poiché il conduttore fa valere in buona fede pretese derivantigli dalla locazione. Scopo della norma è di reprimere le cosiddette "disdette-rappresaglia", ovvero quelle che sono state significate dal locatore per ripicca o per ritorsione, cioè in riposta a legittime pretese fatte valere nei suoi confronti dal conduttore nell'ambito del contratto di locazione: l'inquilino deve infatti poter tranquillamente far valere i diritti che gli derivano dal contratto e dalla legge, senza con ciò temere che il locatore per questo motivo lo passa allontanare dall'ente locato.
La dottrina ritiene che per far capo alla protezione di cui alla norma in esame, debbano essere adempiute cinque condizioni cumulative (Barbey, Protection contre les congés concernant les baux d'habitation et des locaux commerciaux, Ginevra 1991, p. 126 n. 53 e segg. Calamo, Die Missbräuchliche Kündigung der Miete von Wohnräumen; Berna-Stoccarda-Vienna 1994, p. 229 e segg.): deve innanzitutto esserci una pretesa del conduttore; la stessa deve derivare dal contratto di locazione; il conduttore deve averla fatta valere nei confronti della controparte; la stessa deve essere stata formulata in buona fede; tra la pretesa e la disdetta vi deve infine essere un nesso causale.
L'onere della prova circa l'esistenza delle condizioni per l'applicazione della prefata norma incombe di principio al conduttore (Broglin, Pratique récente en matière d'annullation du congé et de prolongation du bail à loyer, in 7 ème Séminaire sur le droit du bail, Neuchâtel 1992, p. 7; Svit-Kommentar, Schweizerisches Mietrecht, Zurigo 1991, N. 43 ad art. 271a CO; Barbey, op. cit., p. 136 N. 80), atteso che per quanto riguarda il nesso causale lo stesso potrà essere ammesso se l'esistenza di tutta una serie di indizi convergenti avrà permesso di ritenere con grande probabilità che la disdetta è effettivamente riconducibile alle pretese fatte valere dal conduttore (Honsell/Vogt/Wiegand, Kommentar zum schweizerischen Privatrecht, OR I, Basilea 1992, N. 5 ad art. 271a CO; Broglin, op. cit., ibidem; Svit Kommentar, op. cit., N. 8 e 44 ad art. 271a CO; Barbey, op. cit., p. 135 N. 76; MP. 1987 p. 67 e segg. e 117 e segg.).
b) Pacifico è il fatto che la pretesa di fr. 150.-- per spese sostituzione della maniglia derivi inequivocabilmente dal contratto di locazione e che la stessa sia stata fatta valere dal conduttore nei confronti del locatore; per l'eventuale applicazione dell'art. 271a cpv. 1 lett.a CO si tratta poi ancora di stabilire se le stesse siano state sollevate in buona fede, rispettivamente se siano causali per la disdetta.
La dottrina ha avuto modo di precisare che una pretesa è sollevata in buona fede, nel caso in cui la stessa sia fondata, almeno in apparenza, così come se è formulata in maniera leale, cioè non con fini illegittimi (Barbey, op. cit., p. 132 e segg. N. 70): il concetto di buon fondamento della pretesa presuppone, dal punto di vista oggettivo, che la stessa possa comportare una soccombenza in larga misura del locatore (ciò che è già il caso, se il conduttore ha ragione per almeno il 35-40%), ma in un'ottica soggettiva ciò può già essere riconosciuto se il conduttore-non cognito del diritto di locazione-sia intimamente convinto della legittimità della sua richiesta (Barbey, op. cit., p. 133 N. 71); la pretesa si reputa inoltre sollevata in modo leale e con fini legittimi, se nella stessa non si ravvisa un abuso di diritto da parte del conduttore (Barbey, op. cit., p. 134 N. 73) o ancora se la richiesta non viene avanzata al solo scopo di impedire una futura disdetta (Barbey, op. cit., p. 134 N. 74).
Nel caso di specie non risulta, né è stato provato - per tale circostanza l'onere della prova incombeva tra l'altro al locatore (Barbey, op. cit., p. 136 N. 80; Calamo, op. cit., p. 230; Svit Kommentar, op. cit., N. 45 ad art. 271a CO; Broglin, op. cit., ibidem) - che la richiesta dell'inquilina sia in qualche modo abusiva o sia stata formulata al solo scopo di godere della protezione di cui all'art. 271a cpv. 1 lett.a CO. La stessa, pur risultando avanzata soggettivamente in buona fede, dal punto di vista oggettivo non era tuttavia assolutamente fondata. La richiesta di rimborso spese per la sostituzione della maniglia della porta rappresentava infatti un semplice intervento di manutenzione che doveva rimanere a carico della conduttrice. L'art. 259 CO prevede infatti che i difetti rimediabili mediante piccoli lavori di riparazione necessari all'ordinaria manutenzione della cosa sono a carico del conduttore. Si tratta di riparazioni che il conduttore può effettuare lui stesso, oppure che lo espongono per una spesa non superiore a fr. 150.-- per intervento (Lachat, Le bail à loyer, p. 159).
In tali circostanze, senza che sia necessario esaminare l'esistenza di un eventuale nesso causale tra le pretese fatte valere dall'inquilina e la disdetta, non vi sono quindi le condizioni per annullare la disdetta in base all'art. 271a cpv. 1 lett.a CO. Ciò non esclude però che la disdetta possa essere abusiva per altri motivi.
7. a) L'art. 271 cpv. 1 CO, quale norma di carattere generale, prescrive che una disdetta può essere contestata se contraria alle regole della buona fede.
E' in particolare abusiva in base alla normativa ogni disdetta che si fonda su motivi pretestuosi, non esistenti, che non hanno fondamento o ancora che costituisce una misura sproporzionata per raffronto agli interessi delle parti in causa (MP 1992 p. 129 con rif.; IICCA 11 marzo 1996 in re. G./A.).
b) Con la IICCA 7 agosto 1997, il Tribunale d'appello ha in particolare dichiarato contraria alla buona fede e come tale ha annullato una disdetta che, pur rispettando il termine ordinario, era stata notificata, siccome motivata per ragioni straordinarie, senza che questi motivi fossero stati dimostrati. In altre parole determinante non è il rispetto dei termini di disdetta, bensì i motivi che ne stanno alla base, cosicché se le ragioni avanzate dal locatore sono inesistenti, la disdetta deve essere annullata, indipendentemente dal fatto che sia stata nel pieno rispetto dei termini contrattuali (cfr. inoltre MP 1992 p. 129 e IICCA 11 marzo 1996 in re. G).
c) Nella fattispecie la disdetta è stata motivata con scritto separato di medesima data, come segue (doc. D): "Purtroppo la conversazione odierna non è stata da me organizzata e mi sono limitato ad ascoltare i suoi insulti poco costruttivi che rendono insostenibile il proseguimento del rapporto di locazione" .
Successivamente con scritto 27 maggio 1998 (doc. F), la parte istante precisava all'Ufficio di conciliazione che la disdetta non era stata notificata per mora del conduttore (art. 257d CO) né per ritorsione nei suoi confronti (art. 271a CO) bensì per finita locazione, non intendendo proseguire il contratto di locazione in essere in seguito al comportamento poco educato assunto dal conduttore.
Il convenuto non ritiene fondato il motivo addotto dal locatore, ma ritiene anzi che si tratti soltanto di un pretesto per giustificare la disdetta, che pur notificata nei termini ordinari, era dettata in realtà da una non meglio precisata forma, di risentimento del locatore per il diverbio intervenuto con l'amministratore. Tale opinione va condivisa.
Infatti non vi è che non veda nella disdetta 16 aprile 1998 la logica conseguenza del diverbio venuto in essere fra le parti, essa essendo intervenuta lo stesso giorno dell'invio di una lettera di biasimo al conduttore da parte dell'amministrazione. Dalla lettera 27 maggio 1998 risulta inoltre in modo inequivocabile che la disdetta del rapporto di locazione è in stretta connessione con lo scritto del 16 aprile 1998 di cui sopra.
d) Pertanto, per le motivazioni addotte dal locatore stesso negli scritti 16 aprile e 27 maggio 1998, si tratta di una disdetta straordinaria ai sensi dell'art. 266g cpv. 1 CO, il quale prevede che ciascuna delle parti può, per motivi gravi che le rendano incomportabile l'adempimento del contratto, dare la disdetta osservando il termine legale di preavviso per una scadenza qualsiasi. Nel caso di specie, i motivi che hanno dato seguito alla disdetta non risultano di una gravità tale da giustificare l'applicazione del citato disposto di legge e di conseguenza l'interruzione del rapporto di locazione in essere.
Tutto ciò considerato, la disdetta va annullata, di guisa che non si pon mente di entrare nel merito della richiesta di protrazione.
8. Tasse, spese e ripetibili seguono la soccombenza integrale della parte istante (art. 148 CPC). In una causa concernente l'annullamento della disdetta determinante per il calcolo del valore litigioso è il periodo durante il quale il contratto continua a sussistere nell'ipotesi che la disdetta non sia annullata: tale periodo si estende fino al momento in cui possa essere data o sia effettivamente data, una nuova disdetta e quindi in virtù del art. 271a cpv. 1 lett. e CO non prima di tre anni a partire dalla fine di tale procedura giudiziaria (cfr. IICCA 4 febbraio 1997 in re M./B.), di guisa che il valore di causa ammonta a fr. 32'400.--. La particolarità della fattispecie giustifica l'applicazione di criteri medio bassi; all'istante, non patrocinato da un avvocato iscritto all'albo, non possono essere riconosciute ripetibili in funzione della TOA, ma unicamente un'equa indennità.