GDL 5/33: LA NORMA GENERALE DELL'ART. 266G CO PUÒ ESSERE INVOCATA IN SOSTITUZIONE DELLA NORMA SPECIFICA DELL'ART. 257f CO
Pretura della Giurisdizione di Locarno-Campagna in A.C./M. SA dell'8 luglio 1999

33. Artt. 266g e 257f CO

LA NORMA GENERALE DELL'ART. 266G CO PUÒ ESSERE INVOCATA IN SOSTITUZIONE DELLA NORMA SPECIFICA DELL'ART. 257f CO

Le due norme sono concorrenti e possono essere invocate alternativamente. Ciò significa che una disdetta ex art. 257f CO per violazione dell'obbligo di diligenza e di rispetto nei confronti dei vicini può essere notificata anche appellandosi ai gravi motivi contemplati dall'art. 266g CO.
Ben si giustifica una disdetta straordinaria intimata ad una società, che gestisce un esercizio pubblico, per violazione dell'obbligo di usare diligenza e di rispetto nei confronti dei vicini, allorquando l'esercizio in questione, pur essendo stato locato ad uso ristorante con possibilità di accompagnamento musicale (con il contratto era stata autorizzata "l'installazione di due altoparlanti all'esterno per la diffusione di musica da sottofondo") ha, previa copertura esterna della terrazza non autorizzata dal locatore, di fatto trasformato il locale in una discoteca, causando forti emissioni foniche che hanno determinato ripetute reclamazioni da parte dei vicini, tanto più che le molestie sono continuate anche dopo l'intimazione di una diffida formale
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Pretura della Giurisdizione di Locarno-Campagna in A.C./M. SA dell'8 luglio 1999

Estratto dai considerandi:

In diritto:

A. Con contratto 29 maggio 1996 l'attrice ha dato in locazione alla convenuta lo stabile denominato "K.", subalterni A e F del fondo part. No. XY di Ascona, affinché fosse adibito ad uso commerciale, come "ristorante, locale pubblico", per un canone mensile di fr. 3'000.--, oltre le spese accessorie. Il contratto è stato concluso a tempo determinato, ossia dal 1° luglio 1996 al 30 giugno 2003 (doc. A, inc. rich. I).

Lo stesso giorno le parti hanno sottoscritto pure un'aggiunta a quel contratto, concordando, al punto 5, quanto segue:

"La trasmissione e l'ascolto della musica dovrà avvenire solo all'interno del locale, è tuttavia concesso al conduttore l'installazione di due altoparlanti all'esterno per la diffusione di musica di sottofondo" (doc. B, inc. rich. I).

Con decisione 3 dicembre 1996 l'Ufficio permessi e passaporti ha rilasciato all'istante la patente d'esercizio pubblico della categoria B3, ossia quella riservata ai bar, per un esercizio pubblico denominato "Bar M." (doc. C, inc. rich. I).

B. Il 13 gennaio 1997 la P. SA, in qualità di amministratrice della proprietà dell'istante, ha presentato all'Ufficio permessi e passaporti una domanda di cambiamento di patente per l'esercizio pubblico "Bar M." da bar a locale notturno (v. lo scritto 21 gennaio 1997 indirizzato dall'amministrazione alla convenuta, dove è stato altresì precisato che "il cambiamento è da considerarsi a tempo indeterminato ed il conduttore prende atto che è facoltà del locatore riattivare le condizioni iniziali previste al punto 4 dell'aggiunta al contratto di locazione del 29 maggio 1996, segnatamente di richiedere nuovamente la patente a locale bar" - doc. D).

In seguito alle opposizioni dei vicini, in particolare del Patriziato di Ascona e dalla signora C. (doc. 1 e 2 inc. rich. I), nei confronti del prospettato cambiamento di destinazione, il 27 aprile 1997 la P. SA, dopo consultazione con la proprietaria, ha comunicato alla convenuta di ritirare la domanda di cambiamento di patente (doc. 3 inc. rich. I).

C. L'esercizio pubblico gestito dalla convenuta ha pertanto continuato ad essere adibito a bar, con chiusura all'una di notte, ma durante il 1997 ha usufruito di numerose autorizzazioni speciali che permettevano la chiusura alle ore 02:00 o alle ore 03.00 (doc. da 5 a 17, in particolare il riassunto doc. 20, inc. rich. I, deposizione teste N., verbali pag. 10), ciò che ha suscitato una serie di reclamazioni da parte di alcuni abitanti della zona (doc. 22, inc. rich. I).

D. L'8 gennaio 1998 l'amministratrice dell'immobile ha scritto alla convenuta quanto segue:

"1) non consideriamo adeguato l'intervento di copertura della terrazza esterna, e quindi attendiamo sue proposte in merito.

2) In generale constatiamo che la destinazione del locale si presenta ben diversa rispetto a quanto inizialmente concordato. Infatti dalle sue indicazioni fornite in occasione della conclusione del contratto, il locale sarebbe stato adibito a ristorante con possibilità di accompagnamento musicale, di fatto la sistemazione è quella di un locale discoteca con forte afflusso veicolare nelle ore serali e notturne." (doc. E, inc. rich. I).

Verso la fine di marzo 1998, l'istante, che era soltanto nuda proprietaria del fondo, gravato da usufrutto vita natural durante a favore della di lei zia G., si è trasferita nella villa adiacente allo stabile K.

Il 1° aprile 1998 l'amministratrice ha inviato una raccomandata alla convenuta reclamando per il fatto che l'attività dell'esercizio pubblico avrebbe causato un forte rumore, arrecando disturbo all'istante. Ha preteso dalla convenuta il rispetto del contratto di locazione, che a suo dire sarebbe stato stipulato alla condizione che l'attività dell'esercizio pubblico non arrecasse "il benché minimo disturbo alla proprietà confinante". Ha inoltre sostenuto che la convenuta avrebbe garantito di adibire il locale a ristorante e ha preteso che fosse "riattivata immediatamente la situazione prevista dal contratto di locazione" (doc. F inc. rich. I).

L'11 aprile 1998 la convenuta ha dichiarato di essere intenzionata a rispettare gli obblighi contrattuali e di aver adottato un servizio di sorveglianza, facendo altresì notare di essere disposta a eseguire "tutte le opere volte all'isolazione fonica del locale" (doc. G, inc. rich. I). La locatrice non ha però risposto e quindi non ha concesso la relativa autorizzazione scritta necessaria in virtù del art. 260a CO.

Il 29 aprile 1998 l'attuale patrocinatore dell'istante ha nuovamente preteso il rispetto del punto 5 dell'aggiunta al contratto di locazione, chiedendo che sulla terrazza fosse diffusa solo "musica da sottofondo", ossia musica che non coprisse il normale conversare degli avventori. Ha inoltre chiesto che la convenuta rinunciasse all'organizzazione di vere e proprie discofeste, che in realtà trasformavano il bar in discoteca (doc. H, inc. rich. I).

Il 2 giugno 1998 egli ha scritto ancora una volta alla convenuta, reclamando per il fatto che nel "Bar M." veniva diffusa "musica ad altissimo volume, che fuoriesce e si diffonde nella zona residenziale circostante" e ha minacciato la disdetta del contratto per tale motivo (doc. L, inc. rich. I). In effetti, in data 8 settembre 1998 (doc. M, inc. rich. I), la locatrice ha disdetto il contratto per il 31 marzo 1999, invocando l'applicazione dell'art. 266g CO (disdetta straordinaria per motivi gravi).

Il 9 ottobre 1998 la convenuta ha chiesto all'Ufficio di conciliazione in materia di locazione di Minusio di dichiarare inefficace, oppure di annullare la disdetta 8 settembre 1999.

Con decisione 15 dicembre 1998 l'Ufficio ha annullato la disdetta, ritenendo che non sussistessero i motivi gravi di cui all'art. 266g cpv. 1 CO, in particolare poiché dagli atti non risultavano provate reclamazioni dei vicini nel corso del 1998, poiché non ha provato l'intensità del rumore superiore alla soglia della normale tolleranza e poiché la locatrice non si è dichiarata d'accordo con le opere di isolazione fonica proposte.

Ha inoltre fatto rilevare che sarebbe stato forse più opportuno invocare l'applicazione dell'art. 257f CO.

In diritto:

1. Giusta l'art. 266g cpv. 1 CO ciascuna delle parti può, per motivi gravi che le rendano incomportabile l'adempimento del contratto, dare la disdetta osservando il termine legale di preavviso per una scadenza qualsiasi.

La condizione perché sia applicabile l'art. 266g CO è che sussistano motivi gravi non prevedibili al momento della conclusione del contratto che rendano inimmaginabile la continuazione del contratto di locazione non solo secondo criteri soggettivi ma secondo quanto oggettivamente possa fare una persona normale in buona fede nella stessa situazione. Il semplice fatto che una parte subisca delle perdite economiche ad esempio, che abbia cioè fatto un "cattivo affare" non giustifica di per sé la rescissione del contratto per motivi gravi (Higi, Zürcher Kommentar, art. 266g CO, N. 31)

Motivi gravi possono essere lo scoppio di una guerra, che obbliga alla cessazione di un'attività, una crisi economica che fa sorgere una crassa sproporzione fra canone di locazione e cifra d'affari, la mancata conferma di impiegato in un determinato posto di lavoro e il suo trasferimento altrove, una profonda inimicizia che dovesse sorgere fra conduttore e locatore (Higi, op. cit., art. 266g CO, N. 44 e seg.), la morte del coinquilino e la conseguente impossibilità per quello che rimane di pagare l'interno canone, l'aumento del numero di componenti della famiglia, una situazione di continui screzi e provocazioni che rendono insopportabile la continuazione della locazione, anche continue violazioni contrattuali di minore entità che per sé non giustificherebbero la rescissione del contratto giusta gli artt. 257d o 257f CO, come ad esempio continui pagamenti in ritardo del canone (Commentario Svit, 2. ed., art. 266g CO, N. 13-16).

Al proposito va rilevato che l'art. 266g CO è una specie di clausola generale per tutti i casi in cui si giustifica la rescissione del contratto a titolo eccezionale senza che siano rispettate le norme ordinarie sulla disdetta.

Tuttavia alcuni autori ritengono che, se sono adempiuti i presupposti per la rescissione del contratto a titolo straordinario secondo le altre disposizioni speciali previste dal Codice (ad esempio per mora del conduttore secondo l'art. 257d CO o per violazione dell'obbligo di diligenza e riguardo per i vicini secondo l'art. 257f CO), la parte che vuole disdire il contratto è tenuta ad invocare tali norme speciali e non può far valere la norma generale di cui all'art. 266g CO (Higi; op. cit., art. 266g CO, N. 14 e 15, che fa riferimento pure al Commentario Svit, 1. ed., art. 266g CO, N. 7).

La seconda edizione del Commentario Svit parrebbe invece ammettere la possibilità di invocare sia le norme specifiche, sia l'art. 266g CO, perlomeno quando ne sono adempiuti i presupposti, anche se precisa che se la disdetta è stata pronunciata sulla scorta dell'art. 266g CO la parte non può poi più pretendere l'applicazione delle norme specifiche (Commentario Svit, 2. ed., art. 266g CO, N. 4).

Di tutt'altro avviso è invece Zihlmann, secondo il quale sussiste concorrenza fra l'art. 266g CO e le altre disposizioni più specifiche (Zihlmann, Basler Kommentar, art. 266g CO, N. 3).

Questo Giudice ritiene più ragionevole quest'ultima opinione di Zihlmann, che ammette la possibilità di far valere alternativamente, sia la regola generale di cui all'art. 266g CO, sia gli specifici motivi di disdetta anticipata previsti dal Codice, poiché comunque, facendo capo alla norma di cui all'art. 266g CO anche quando sarebbero adempiute le norme specifiche (ad esempio gli artt. 257d e 257f CO), che sono ben più severe, la parte che se ne prevale concede all'altra un termine di disdetta ben più lungo e non si vede quindi per quale motivo dovrebbe venir inutilmente punita per questa sua disponibilità.

2. Nel nostro caso, in sostanza l'istante ha disdetto il contratto poiché a suo dire la convenuta non si è attenuta al punto 5 dell'aggiunta al contratto di locazione, da lei interpretato nel senso che nel bar non poteva essere diffusa musica che all'esterno del bar oltrepassasse la soglia di una musica da sottofondo e poiché il volume della musica era comunque troppo elevato e ledeva pertanto il dovere di usare riguardo nei confronti dei vicini.

Certo è vero che essa ha disdetto il contratto giusta l'art. 266g CO e che ha rispettato pure il termine previsto da tale articolo, ma, dalla motivazione della disdetta, appare ben evidente che quest'ultima è fondata non tanto sull'art. 266g CO, quanto sull'art. 257f CO; è cioè stata pronunciata per la violazione dell'obbligo di usare diligenza nell'uso della cosa (che comprende pure l'obbligo di rispettare gli accordi contrattuali) e per la violazione dell'obbligo di usare riguardo verso i vicini (art. 257f cpv. 1 e 2 CO).

Ora è che, per sé, se fra i motivi gravi di disdetta di cui all'art. 266g CO non si ammettono i motivi di disdetta che sono già contemplati da altre norme specifiche come l'art. 257f CO, questa disdetta dovrebbe essere annullata poiché non adempierebbe i presupposti di cui all'art. 266g CO.

Tuttavia, a parte l'evidente eccessivo formalismo di tale soluzione, questo Pretore, come già detto in precedenza, condivide l'opinione di Zihlmann, secondo cui se è dato un motivo di disdetta anticipata giusta l'art. 257f CO, se cioè il motivo grave ex art. 266g CO consiste in una violazione contrattuale o dell'obbligo di riguardo verso i vicini, va riconosciuta al locatore la facoltà di disdire il contratto anche facendo capo all'art. 266g CO, sussistendo concorrenza fra queste due disposizioni.

Del resto nel nostro caso, visto il tenore delle lettere di diffida del patrocinatore dell'istante, la convenuta non poteva equivocare circa il motivo della disdetta e pertanto appare ragionevole ed equo esaminare la questione nel merito, ossia la questione di sapere se la convenuta abbia violato o no i suoi obblighi ex art. 257f CO.

3. Secondo l'art. 257f cpv. 1 CO il conduttore è tenuto alla diligenza nell'uso della cosa locata.

Benché la norma non lo dica espressamente la necessaria diligenza nell'uso della cosa locata contempla pure l'obbligo di usare la cosa nei limiti degli accordi contrattuali specifici (Higi; op. cit., art. 257f CO, N. 9; Zihlmann, op. cit., art. 257f CO, N. 1; Commentario Svit, art. 257f CO, N. 7).

Inoltre il conduttore di un immobile deve usare riguardo verso gli abitanti della casa e i vicini (art. 257f cpv. 2 CO).

Qualora la continuazione del rapporto di locazione non possa più essere ragionevolmente imposta al locatore o agli abitanti della casa perché, nonostante diffida scritta del locatore, il conduttore persiste nel violare l'obbligo di diligenza o di riguardo per i vicini, il locatore può recedere dal contratto senza preavviso; nel caso di locazioni di locali d'abitazione o commerciali, con preavviso di 30 giorni almeno per la fine di un mese (art. 257f cpv. 3 CO).

Nel nostro caso l'obbligo di riguardo è stato precisato anche nell'aggiunta al contratto di locazione (doc. B inc. rich. I).

Il punto 5 di quell'aggiunta prevede infatti che "la trasmissione e l'ascolto della musica dovrà avvenire solo all'interno del locale" e che "è tuttavia concesso al conduttore l'installazione di due altoparlanti all'esterno per la diffusione di musica da sottofondo".

4. Dagli atti risulta che nel corso del 1997 diversi vicini si sono lamentati per l'eccessivo volume della musica proveniente dal "Bar M".

In particolare il 21 marzo 1997 diverse persone si sono lamentate con il Municipio di Ascona per il rumore del traffico veicolare causato dai clienti del bar, soprattutto in tutte quelle occasioni in cui veniva concesso la facoltà di chiudere il locale dopo l'ora usuale (doc. 22 inc. rich. I).

Il 27 marzo 1997 il signor B., direttore dell'Albergo A., ha reclamato con la polizia comunale di Ascona per il volume troppo elevato della musica diffusa nel bar, che disturbava la quiete notturna, soprattutto nei giorni di venerdì e sabato dopo le ore 23.00 (doc. 23 inc. rich. I).

Il 5 agosto 1997 il Patriziato di Ascona ha reclamato con la M. SA per il fatto che gli avventori del bar lasciano sul posteggio di proprietà del Patriziato e destinato al golf e al lido, una gran quantità di rifiuti, in particolare di bottiglie, oltre a compiere atti di vandalismo, come la rottura di vetri e lampade. Inoltre ha reclamato per la musica assordante (doc. 25 inc. rich. I).

Il 21 settembre 1997 la signora C. ed altri firmatari hanno poi inviato uno scritto al Consiglio di Stato e il 20 dicembre 1997 la signora C. ha reclamato presso il Dipartimento delle istituzioni (doc. 27 e 28 inc. rich. I).

Dagli atti non risultano reclamazioni scritte dei vicini nel corso del 1998.

Tuttavia, la signora C., sentita come testimone, ha dichiarato che i rumori persistevano anche durante il 1998, pur senza specificare esattamente in quale periodo e ha pure dichiarato che al momento dell'audizione (23 aprile 1999) i rumori "erano molto meno udibili da casa sua essendo stagione invernale" (deposizione teste C., verbali pag. 7 e 8).

Pure il teste N., municipale di Ascona, ha dichiarato di aver ricevuto diverse reclamazioni per il rumore delle auto e per la musica anche durante il 1998 e questo benché rispetto al 1997 i permessi di apertura oltre l'orario usuale di chiusura, ossia oltre l'una, siano diminuiti da oltre 70 a meno di 10 (deposizione teste N., verbale pag. 10).

5. Dagli atti risulta poi che nel 1998 è stata soprattutto l'istante e per essa l'amministratrice della proprietà, rispettivamente il suo patrocinatore, a reclamare con la conduttrice.

In effetti nella prima parte del 1998 almeno per tre volte la locatrice ha reclamato per iscritto con la conduttrice per il rumore eccessivo proveniente dal "Bar M." (v. scritti 8 gennaio, 29 aprile e 2 giugno 1998, doc. E, H ed L, inc. rich. I).

In particolare nello scritto 2 giugno 1998 il patrocinatore dell'istante ha minacciato la rescissione del contratto per violazione della clausola contrattuale relativa al divieto di produrre emissioni foniche al di sopra della soglia di una musica da sottofondo.

Anche dopo tale data, su richiesta d'intervento della locatrice, la polizia comunale di Ascona ha constatato che "dal Bar M. sito a confine dell'abitazione A., si poteva udire che le emissioni foniche provenienti dalla parte nord dello stabile erano moltopercepibili all'interno dell'abitazione, in special modo le frequenze dei toni bassi". Nel loro rapporto gli agenti della polizia comunale hanno inoltre aggiunto quanto segue: "Facciamo notare che all'esterno dello stabile non vi sono installati altoparlanti, ma la musica all'interno è molto alta di volume, tanto da percepirla all'esterno, nonostante che la porta principale, situata a lato sud verso il giardino e il lago, rimane per lo più chiusa e viene aperta unicamente quando escono o entrano degli avventori, ma il volume rimane invariato" (doc. 31 inc. rich. I).

Si deve pertanto concludere che anche nel 1998, in particolare anche dopo la diffida 2 giugno 1998 della locatrice, il volume della musica proveniente dal "Bar M." era certamente fastidioso per la locatrice stessa, che abita nelle vicinanze e per gli altri vicini. Tale rumore, che per gli agenti di polizia era tra le ore 24.00 e le 00.45 "molto percepibile all'interno dell'abitazione" può essere considerato superiore alla soglia di tolleranza in una zona residenziale, soprattutto a quell'ora.

Inoltre tale rumore era certamente superiore al volume di una musica di sottofondo, come invece prescriveva l'aggiunta al contratto doc. B. Certo è vero che in quel contratto la conduttrice si era assunta l'obbligo di non superare il livello di una musica di sottofondo con gli altoparlanti posti sulla terrazza esterna, ma è ben evidente che se le parti avevano concluso simile pattuizione per la musica diffusa all'esterno, a maggiore o perlomeno ugual ragione ciò doveva valere per la musica proveniente dall'interno del locale. E' infatti chiaro che lo scopo perseguito dalla locatrice con l'introduzione di quella clausola contrattuale, accettata dalla conduttrice, era quello di evitare emissioni foniche eccessive, poco importa che provenissero dall'esterno o dall'interno: il fatto che si sia fatto riferimento agli altoparlanti esterni era certamente dovuto al fatto che le parti presupponevano che soprattutto quegli apparecchi avrebbero disturbato i vicini, mentre che per quelli all'interno non immaginavano emissioni eccessive poiché attutite dalle pareti.

Il comportamento della convenuta è pertanto da considerare lesivo sia dell'obbligo di fare della cosa locata l'uso contrattualmente previsto, sia dell'obbligo di usare il necessario riguardo verso i vicini e rappresenta sia un motivo di disdetta giusta l'art. 257f CO, essendo al proposito adempiuto pure il presupposto della diffida, sia un motivo di disdetta giusta l'art. 266g CO.

6. Appare al proposito irrilevante il fatto che il locale pubblico sia effettivamente tuttora classificato come bar e non come discoteca.

E' infatti vero che, nel rispetto del contratto, la convenuta non ha ottenuto una licenza per la gestione di una discoteca e che gli orari di chiusura non sono quelli di una discoteca, anche se soprattutto nel 1997 le numerose proroghe dell'orario di chiusura e il tipo di attività e di musica lasciavano legittimamente sorgere il dubbio che fra il "Bar M." ed una discoteca non v'era gran differenza. Qui determinante per il giudizio non è il tipo di locale pubblico, ma il fatto che in ogni caso, pure avendo organizzato il locale pubblico come bar, la convenuta ha lasciato che l'attività producesse un rumore tate da risultare lesivo sia dei diritti dei vicini, sia delle clausole contrattuali summenzionate.

7. Dagli atti risulta che già nel gennaio 1998 la convenuta aveva proposto, a proprie spese, misure di isolazione fonica atte ad impedire il diffondersi del rumore e che l'istante non aveva accettato l'esecuzione degli interventi proposti dalla conduttrice (v. risposta negativa dell'amministratrice dello stabile, doc. E inc. rich. I).

Con scritto 11 aprile 1998 (doc. G inc. rich. I), verbalmente il 16 aprile 1998 e con scritto 6 maggio 1998 (doc. I inc. rich. I), la convenuta ha nuovamente proposto alla locatrice l'esecuzione a proprie spese di opere di isolazione fonica, che però la locatrice non ha autorizzato.

Giusta l'art. 260a cpv. 1 CO il conduttore può procedere a migliorie o modificazioni della cosa soltanto con il consenso scritto del locatore.

Inoltre il conduttore non le può eseguire a proprie spese limitandosi poi ad eliminarle, poiché nel caso in cui le esegua senza l'autorizzazione violerebbe il contratto di locazione e correrebbe il rischio di veder disdetto il contratto ex art. 257f CO (Commentario Svit, art. 260a CO, N. 59).

Tuttavia il locatore non è obbligato ad accettare le opere di miglioria che il conduttore gli propone.

Di conseguenza anche il fatto che la conduttrice abbia proposto alla locatrice l'adozione di misure di isolazione e che quest'ultima non le abbia accettate, nulla muta circa la liceità della disdetta, poiché non sussiste un obbligo per il locatore di lasciar eseguire delle modifiche dell'ente locato.

Egli può anzi pretendere che l'uso contrattualmente stabilito avvenga nello stato in cui la cosa è stata consegnata conformemente al contratto.

Dagli atti di causa non risulta del resto che lo stato attuale del locale, ossia così come è stato consegnato, non consenta l'uso contrattualmente stabilito, in particolare che non permetta di evitare il diffondersi di un rumore eccessivo verso la casa dell'istante e verso quelle degli altri vicini, rumore che potrebbe essere evitato esercitando l'attività contrattualmente prevista ed evitando la diffusione di musica ad alto volume.

8. La convenuta chiede in via subordinata la protrazione del contratto, facendo valere che la disdetta per motivi gravi giusta l'art. 266g CO non vi osterebbe.

Ora è vero che secondo la giurisprudenza per sé la disdetta giusta l'art. 266g CO non impedisce al conduttore di chiedere la protrazione.

Tuttavia tale giurisprudenza è da considerare applicabile soltanto ai casi di disdetta per motivi gravi giusta l'art. 266g CO che non consistono in una violazione grave degli obblighi contrattuali assunti dal conduttore.

Infatti giusta l'art. 272a cpv. 1 lett. b CO la protrazione è esclusa se la disdetta è stata data per violazione grave dell'obbligo di diligenza e di riguardo per i vicini, come nel nostro caso.

La domanda di protrazione non può pertanto essere accolta.