Competenza dell’Ufficio di conciliazione nel caso in cui non sia stata sollevata l’eccezione di proroga della giurisdizione – Mora del conduttore
Nella locazione di locali commerciali le parti possono escludere la competenza dell’ufficio di conciliazione e delle autorità giudiziarie a favore di tribunali arbitrali (art. 274c CO a contario). Se le parti nel contratto di locazione hanno stabilito di deferire eventuali controversie ad un tribunale arbitrale e la parte conduttrice adisce l’Ufficio di conciliazione senza sollevare eccezioni di sorta, si deve ritenere che abbia rinunciato per atti concludenti alla via arbitrale. Nel caso in cui vi sia una proroga della giurisdizione avanti ad un tribunale arbitrale, non si impone per nulla di sottoporre la vertenza all’ufficio di conciliazione prima di adire il tribunale arbitrale.
Anche se esiste una divergenza attorno all’entità della pigione, e meglio se in concreto le spese accessorie siano comprese nella pigione, la procedura di disdetta per mora è giustificata dagli importanti arretrati.
Seconda Camere civile del Tribunale d’appello in re D. / S. del 1° aprile 2005
Estratto dai considerandi
1. Dal 1° dicembre 1994 AP occupa in locazione commerciale, in forza di un contratto stipulato con AO, superfici al piano cantina, al piano terreno, al primo e secondo piano di uno stabile, con relativi accessori e parcheggi, dove gestisce la discoteca. La pigione, inizialmente di fr. 500'000.-- annui oltre alle spese accessorie, è stata più volte modificata per poi essere determinata, a seguito di un accordo, raggiunto il 6 aprile 2000 avanti all’ufficio di conciliazione in materia di locazione, in fr. 27'500.-- mensili a far tempo dal 1° gennaio 2000 cui andavano aggiunte le spese accessorie secondo conteggio finale. In quell’occasione AP si era pure impegnata a versare fr. 125'000.-- a titolo di liquidazione di ogni pretesa reciproca sino al 31 dicembre 1999 e fr. 30'000.-- per conguaglio pigioni dell’anno 2000.
2. Con una prima messa in mora dell’8 marzo 2001, AO chiedeva a AP di voler versare l’importo di fr. 152'500.--, entro il successivo 10 aprile 2001, per arretrati di pigione e spese accessorie nel periodo gennaio 2000-marzo 2001, con la comminatoria della disdetta del rapporto di locazione nel caso di mancato pagamento. La locataria ha preso posizione, il 23 marzo 2001, ritenendo errato il conteggio degli importi da lei dovuti ed evidenziando la mancata messa a disposizione già dal 1994, come da contratto e compreso nel corrispettivo, di un magazzino con la conseguenza di aver dovuto far capo ad altri locali con costi suppletori complessivi di almeno fr. 348'000.--. Con una seconda messa in mora del 26 aprile 2001, nella quale si richiamava il primo richiamo di marzo, AO ha specificato l’arretrato a quel momento, per pigione e spese accessorie, a fr. 190'000.-- ed ha pregato la locataria di volerlo versare entro trenta giorni osservando che, in caso contrario, avrebbe disdetto la locazione. La locatrice ha nuovamente contestato il conteggio degli arretrati, con lettera 4 maggio 2001 nella quale richiama il precedente scritto del 23 marzo 2001.
Il 13 giugno 2001 AO ha notificato, su modulo ufficiale, a AP la disdetta dal contratto di locazione a decorrere dal 31 luglio 2001.
3. Con istanza 6 luglio 2001 AP ha adito l’ufficio di conciliazione in materia di locazione contestando la validità della disdetta e preannunciando il deposito, effettivamente poi avvenuto, della somma di fr. 87'500.--, riconosciuta dovuta ma tenuta in sospeso per le inadempienze contrattuali di controparte.
Con istanza 3 agosto 2001 AO ha chiesto lo sfratto della locatrice dai locali occupati, non avendoli essa riconsegnati alla scadenza del termine di disdetta.
Congiunte le due procedure, ai sensi dell’art. 274g cpv. 1 CO, avanti al Pretore, competente per lo sfratto, AP ha precisato, trovando contestazione completa nella controparte, le sue eccezioni. Ha argomentato che il Pretore non era competente a decidere sulla contestazione della disdetta poiché il contratto di locazione conteneva una clausola arbitrale e che, in ogni caso, la disdetta era inefficace perché non vi era mora, da parte sua, al momento della disdetta. Il credito per pigioni fatto valere non era certo e nei suoi confronti era stata posta in compensazione una pretesa maggiore per inadempienza contrattuale che, in sé, precludeva già ogni diritto di controparte ad ottenere la controprestazione contrattuale e, inoltre, la disdetta era contraria alle regole della buona fede.
4. Il Pretore, con decisione 7 settembre 2004, ha respinto l’istanza di contestazione della disdetta ed accolto quella di sfratto. AP ha presentato tempestivo appello riproponendo le sue eccezioni e contestazioni delle quali, così come delle osservazioni all’appello di AO, si dirà nei considerandi di diritto che seguono.
5. L’eccezione di incompetenza del giudice nell’esame e decisione della contestazione della disdetta perché le parti l’avrebbero deferita ad un giudizio arbitrale, così pattuendo l’art. 16 del contratto di locazione (doc. 2), è stata respinta dal Pretore poiché AP ha adito l’ufficio di conciliazione, senza riserva alcuna, rinunciando per atti concludenti alla via arbitrale. Il giudizio del primo giudice è senz’altro corretto. Infatti se, nell’ambito di una locazione commerciale, si sceglie la procedura arbitrale, come permette a contrario l’art. 274c CO, le parti rinunciano all’intervento dell’autorità di conciliazione e dell’autorità giudiziaria cumulativamente (TF 4 gennaio 1996 4C.225/1995 e Cocchi, ufficio di conciliazione e qualche questione inconciliabile nella procedura per le controversie in materia di locazione in II Ticino e diritto, CFPG Studi e monografie N. 2, 1997, pag. 287, in particolare pag. 290). Non si impone per nulla, come pretende l’appellante, che, prima di adire il tribunale arbitrale, si debba coinvolgere l’ufficio di conciliazione in materia di locazione. Ne segue che, inoltrando l’istanza di conciliazione senza nessun accenno alla prevista procedura arbitrale, la locataria ha rinunciato per atti concludenti a prevalersi della clausola arbitrale, mettendosi nella stessa situazione della parte che chiamata in giudizio avanti il giudice statale entra nel merito del litigio e non può più, allora, sollevare l’eccezione di proroga della giurisdizione avanti ad un tribunale arbitrale (Jolidon, Commentaire du concordat suisse sur l’arbitrage, pag. 146 N. 913; JdT 1996 III 156).
6. Per l’art. 275d cpv. 1 CO quando il locatario è in ritardo nel pagamento della pigione o delle spese accessorie scadute, il locatore può fissargli per scritto un termine di pagamento e significarli che, in difetto di pagamento nel termine, provvederà a disdire il contratto di locazione. Il termine per il pagamento è di trenta giorni almeno nelle locazioni commerciali. L’art. 257d cpv. 2 CO dispone che, mancando il versamento nel termine fissato, le locazioni commerciali possono essere disdette con un termine di trenta giorni per la fine di un mese.
Per principio il locatario, in ritardo nel pagamento della pigione, è in mora, il che giustifica l’adozione della procedura prevista dall’art. 257d CO (Higi, Zürcher Kommentar, ad art. 257d N. 12; DTF 119 II 232 consid. 3). Ciò non è però il caso quando il locatore è lui stesso in mora (art. 82 e 91 CO) o quando il locatario ha invocato tempestivamente la compensazione (art. 124 cpv. 1 CO; DTF 119 II 241 consid. 6b/bb).
L’appellante ritiene di non poter essere considerato in mora, al momento dell’invio della comminatoria, nel pagamento della pigione e delle spese accessorie perché vi è confusione riguardo al credito vantato da controparte, alla sua causale ed al suo fondamento, perché non ha mai riconosciuto di essere debitrice verso la locatrice avendo anche opposto tempestiva dichiarazione di compensazione, perché ha sollevato valida eccezione non adimpleti contractus e perché, in ogni caso, la disdetta è contraria alle regole della buona fede.
6.1. La pretesa confusione circa il credito di pigione dovuto non è altro che una
divergenza tra le parti riguardante il pagamento delle spese accessorie che la locatrice
ritiene compresa, per fr. 2'500.-- mensili nella pgione di
fr. 27'500.--, concordata avanti all’ufficio di conciliazione, mentre la locatrice
intende questo importo quale pur corrispettivo della locazione cui vanno aggiunte
le spese accessorie. Ne è prova il conteggio degli arretrati dell’8 marzo 2001 (doc.
6) con le correzioni apportate da AP che concludono, pur sempre, con l’esistenza
di un arretrato per fr. 87'500.--. Anche se esiste un litigio attorno all’entità
della pigione in sofferenza e, magari, quella indicata nella massa in mora non è
corretta, la locatrice è ugualmente autorizzata a procedere secondo l’art. 257d
CO poiché le divergenze saranno oggetto del successivo procedimento giudiziario
(MRA 2000, 245). Anche il fatto che la conduttrice non abbia mai riconosciuto
di dovere quell’importo perché oppone proprie pretese in compensazione non incide
sulla validità iniziale della messa in mora e della procedura di cui all’art. 257d
CO perché, se il credito posto in compensazione si rivelasse inferiore a quello
della pigione non pagata, la disdetta per mora sarebbe ugualmente valida (Svit,
Kommentar II ad art. 257d N. 22). Alla conduttrice era comunque chiaro di avere
un arretrato sulle pigioni che ha, persino, potuto anche quantificare (doc. 6).
6.2. Non torna conto esaminare se la conduttrice, con la lettera del 4 maggio 2001 (doc. 4), che richiamava quella del 23 marzo 2001 (doc. 3), abbia espresso in modo non equivoco, e quindi validamente (SJ 2000, 78) la sua intenzione di compensare l’arretrato per pigione, poiché il credito in compensazione sarebbe comunque inferiore al corrispettivo non pagato. Infatti, pur ammettendo, senza approfondire la questione, che la conduttrice abbia un credito di fr. 2'000.--mensili per danni dovuti alla mancata messa a disposizione di un magazzino, la pretesa potrebbe essere considerata solo per il periodo successivo al gennaio 2000 dal momento che, avanti all’ufficio di conciliazione, le parti hanno liquidato ogni e qualsiasi pretesa di dare ed avere fino al 31 dicembre 1999 (doc. F). La compensazione, sempre che il titolo per la quale è fatta valere sia legittimo, potrebbe quindi operare per fr. 28'000.-- (fr. 2'000.-- per 14 mesi da gennaio 2000 ad aprile 2001), rimanendo pur sempre una mora riconosciuta, tenuto conto delle correzioni della conduttrice, di quasi fr. 60'000.--.
6.3. Nemmeno l’eccezione “non adimpleti contractus”, riferita alla mancata messa a disposizione di un magazzino previsto nel contratto, può trovare miglior sorte.
E’ vero che la conduttrice può rifiutare validamente il pagamento della pigione invocando l’art. 82 CO se la locatrice si trova in mora nella consegna della cosa locata, così da impedire una regolare presa di possesso (Svit, Kommentar II ad art. 258 N. 28). Trattandosi di un’eccezione, che, se fondata, permetterebbe alla conduttrice di trattenere il corrispettivo, nel caso di una diffida di pagamento di cui all’art. 257d CO – analogamente al caso dell’eccezione di compensazione – la stessa, per essere tempestiva, dovrà essere invocata prima della scadenza del termine perentorio di trenta giorni assegnato per il pagamento, pena la sua perenzione (II CCA 7 settembre 1994 I. SA c. T. SA, consid. 4.1.; per analogia con DTF 119 II 248).
Ora non appare che la conduttrice abbia sollevato tale eccezione nei suoi scritti (doc. 3 e 4) in opposizione alle messe in mora, tanto è vero che parla di risarcimento per il magazzino non disponibile. Ma anche se fosse ravvisabile l’invocazione di una tale eccezione nell’espressione “messa disposizione del magazzino, inadempienza contrattuale dal 1994”, contenuta nello scritto del 4 maggio 2001 (doc. 4), le premesse per far capo all’art. 82 CO non sono date poiché l’ente locato è stato regolarmente utilizzato ed il mancato uso del magazzino non avrebbe giustificato il mancato pagamento dell’intera pigione ma semmai solo di una parte di essa, come ammesso dalla stessa conduttrice che ha indicato e preteso al proposito fr. 2'000.-- mensili.
6.4. AP adduce, inoltre, che la disdetta è contraria alle regole della buona fede (art. 271 cpv. 1 CO). Questa norma è applicabile, a titolo eccezionale ed in forza di circostanze particolari, anche quando la rescissione della locazione avviene per mora del locatario (DTF 120 II 31).
Quale prima circostanza contraria alla buona fede, l’appellante indica il fatto che non poteva essere ritenuta in mora dimenticando che, se non fosse stata in mora, la questione non andava risolta per l’illiceità per abuso della disdetta ma per inefficacia della stessa, non essendo presenti i presupposti dell’art. 257d CO, e che, come ai considerandi che precedono, la sua mora è, in ogni caso, stata accertata.
Nemmeno la pretesa ignoranza riguardante l’ammontare effettivo della pigione e delle spese accessorie può ravvisare mala fede nel disdire la locazione poiché, in verità, l’ammontare della pigione era noto siccome chiaramente specificato nell’accordo avanti all’ufficio di conciliazione e divergendo le parti nel sapere se le spese accessorie erano comprese nella pigione. Ed anche le altre circostanze invocate a conferma della contrarietà alla buona fede della disdetta – e meglio l’aver firmato la AP un nuovo contratto di locazione propostole dalla locatrice che poi non l’ha sottoscritto, l’essere sorte nuove problematiche riguardanti i posteggi e l’intenzione di ridurre la pigione per la mancata messa a disposizione del magazzino – sono assolutamente inconferenti perché risalgono al maggio 2000 (doc. 10 e deposizione) e non hanno quindi attinenza diretta ed immediata con la procedura di disdetta per mora, di un anno dopo, giustificata dagli importanti arretrati di pigione che la locatrice andava accumulando.
Ed ancora non può essere ritenuto abusivo il prevalersi della disdetta, come vorrebbe AP, perché essa, in definitiva, ha depositato, all’ufficio di conciliazione, l’importo ammesso come arretrato di fr. 87'500.--, con alcune settimane di ritardo. E’ riconosciuto che la disdetta per mora può essere abusiva se la pigione arretrata viene versata poco tempo dopo la scadenza del termine di pagamento quando, però, il locatario ha sempre precedentemente pagato puntualmente il canone di locazione (MRA 2004, 91). Nel caso di specie, all’infuori di qualsiasi altra considerazione, non si può che constatare che il deposito presso l’ufficio di conciliazione è avvenuto il 2 agosto 2001 e quindi molto, non poco, tempo dopo la scadenza del termine di pagamento individuale a fine maggio (la messa in mora è del 26 aprile 2001, doc. B), molto tempo dopo la disdetta del 13 giugno 2001 (doc. C) e solo poco tempo dopo, il che non è determinante, il momento della fine del rapporto di locazione.
7. L’appello, infondato in ogni suo punto, va di conseguenza respinto e la decisione di sfratto del Pretore confermata. Le spese e le ripetibili seguono l’integrale soccombenza di AP.