Protrazione della locazione in caso di disdetta per urgente bisogno proprio (ammessa)
Meno il bisogno del locatore è urgente, maggiori saranno le possibilità del conduttore di ottenere una protrazione: infatti, il riconoscimento del presupposto dell’urgente bisogno proprio non comporta automaticamente il rigetto di una domanda di protrazione, che potrà invece essere concessa ove l’equità lo esiga, spettando al giudice ponderare gli opposti interessi delle parti.
Pretura della Giurisdizione di Mendrisio-sud in re O./ K. del 4 agosto 2006
Estratto dai considerandi
Ritenuto che:
A) Dal 1° dicembre 1972 i coniugi K. conducono in locazione un appartamento di quattro locali di uno stabile (doc. 3, punto 11b); il precedente locatore era il signor M., al quale dal 1990 è subentrata O. (doc. E).
B) Mediante modulo ufficiale, il 9 giugno 2005 O. ha separatamente comunicato ai coniugi K. la disdetta del contratto di locazione in essere per il 30 settembre 2005 indicando come motivi il fatto che “la società O. e relativo immobile di sua proprietà sono stati ceduti e uno degli azionisti intende utilizzare l’appartamento per uso personale” (doc. G).
C) Con scritto 14 giugno 2005 indirizzato all’ufficio di conciliazione in materia di locazione (in seguito UC) i coniugi K. hanno postulato l’annullamento della disdetta 9 maggio 2005 e la concessione di una prima proroga della locazione di quattro anni, domanda quest’ultima accolta integralmente dall’autorità di conciliazione con decisione 30 settembre 2005 (intimata il 5 ottobre 2005, doc. B); l’UC ha infatti concesso una prima protrazione fino al 30 settembre 2009, asserendo che “una rescissione contrattuale per la fine del mese di settembre 2005 avrebbe messo in serio disagio l’inquilino in considerazione dello stato di salute dello stesso e del lungo tempo trascorso nonché dell’avanzata età dello stesso” (doc. I).
D) Contro il predetto pronunciato si è tempestivamente aggravata con “ricorso” (rectius istanza) 3 novembre 2005 O., la quale ha adito questa Pretura, chiedendo che ai coniugi K. non venga concessa alcuna protrazione rispettivamente che la stessa venga ridotta rispetto a quella fissata dall’UC. Contestualmente a queste richieste, O. ha pure postulato che venga impartito agli inquilini l’ordine di riconsegnare i locali al termine della locazione, con la comminatoria dell’art. 292 CP. L’istante ha asserito di necessitare l’ente locato per uso personale, in quanto, a seguito del cambiamento dell’azionariato, “la società ha deciso di spostare per ragioni logistiche e organizzative la propria sede”; per mettere in atto questa operazione, inoltre, l’istante “intende procedere a breve ad importanti lavori di miglioria e di ristrutturazione”. O. ha evidenziato come i conduttori, una volta ricevuta la disdetta in questione, non si sarebbero minimamente adoperati nella ricerca di un ente sostitutivo ed ha poi sostenuto che l’attitudine degli inquilini – in asserita violazione dell’art. 257f CO per la creazione di un canile non autorizzato nonché per il comportamento con ospiti della casa e con i vicini – debba “essere attentamente ponderata per un’eventuale protrazione della locazione”.
E) Con risposta all’udienza 25 maggio 2005, i coniugi K. hanno avversato le richieste di controparte, considerando preliminarmente inammissibile la domanda di riconsegna dei locali. I convenuti hanno contestato l’asserito bisogno per uso personale da parte di O., evidenziando come in un primo tempo la locatrice avesse affermato di necessitare l’ente locato per uso personale di un’azionista, per poi rettificare la tesi in sede giudiziaria, con l’intenzione di insediare nei locali la sede della società. I conduttori hanno sottolineato come vivano nell’appartamento in questione da quasi 35 anni e vi siano “intimamente e profondamente legati”, rilevando inoltre che nella ponderazione dei contrapposti interessi debbano essere considerati anche la loro età, i problemi di salute del signor K. e l’irreperibilità di un ente analogo in zona. I coniugi K. hanno infine contestato le tesi di controparte circa l’assenza di ricerche di un ente sostitutivo, nonché le presunte violazioni del dovere di diligenza verso terzi, rammentando in questo contesto di non aver ricevuto alcuna diffida ai sensi dell’art. 257f cpv. 3 CO.
F) Con replica e duplica alla medesima udienza, così come con gli allegati conclusivi 11 e 12 luglio 2006, le parti si sono in buona sostanza riconfermate nelle loro antitetiche posizioni. O. ha in particolare ribadito la necessità di uso personale dell’immobile e le pesanti ripercussioni economiche dovute alla mancata liberazione dei locali, imputando poi ai conduttori un’assoluta inattività nella ricerca di una nuova sistemazione e la reiterata violazione del dovere di diligenza. Da parte loro, i coniugi K. hanno sollevato nuovamente l’incongruenza tra la motivazione indicata nella disdetta 9 giugno 2005 con la tesi di causa attorea, concludendo all’assenza di un serio bisogno.
Considerato che:
1. E’ pacificamente assodato che il contratto di locazione in essere tra le parti è stato validamente disdetto da O. il 9 giugno 2005 e per il 30 settembre 2005 (doc. G), avendo i coniugi K. omesso di riproporre in questa sede la loro domanda di annullamento della disdetta ai sensi dell’art. 271a cpv. 1 lett. a CO (doc. I e conclusioni 11.07.2006, pag. 5). Ne consegue che il presente pronunciato si potrà limitare all’esame in merito alla realizzazione o meno dei presupposti per la concessione della protrazione del contratto di locazione (art. 272 CO) ed, eventualmente, alla fissazione della sua durata.
1.1. Occorre precisare che le richieste di riconsegna dei locali, inserite da O. ai punti 3. e 4. dei petita (cfr. istanza 03.11.2005 e conclusioni 12.07.2006), debbano essere considerate premature: come rettamente rilevato dai convenuti, le stesse configurano di fatto un’istanza di sfratto. Ora, una tale domanda proposta al Giudice quando ancora sussiste – come nella fattispecie – il rapporto contrattuale di base, ossia quando il termine per la riconsegna del bene non è ancora decorso, deve essere dichiarata irricevibile mancando i presupposti sostanziali di cui all’art. 506 CPC dell’inesistenza di una causa valida per l’occupazione e della mancata riconsegna dell’ente locato (Rep. 1996 N. 80). Anche la richiesta di “annullamento” della decisione – e della proroga – dell’UC è proceduralmente inammissibile, poiché, per giurisprudenza invalsa, il ricorso all’autorità giudiziaria, dopo la pronuncia dell’UC, non va inteso quale procedura d’appello o di verifica di quel giudizio che di per sé decade con l’avvio del nuovo procedimento, ma quale azione giudiziaria a sé stante e indipendente (II CCA 08.03.2006 [12.2006.63]).
1.2. Una seconda considerazione preliminare concerne la motivazione della disdetta, sebbene – come detto – nella presente vertenza non sia più oggetto del contendere la validità o meno della disdetta ex art. 271 CO. Nella disdetta di cui al doc. G, la locatrice ha espressamente indicato quale motivo il fatto che uno dei nuovi azionisti di O. intendeva usare l’appartamento per uso personale. Nella procedura dinnanzi a questo Giudice è emerso che l’effettivo movente della disdetta era la liberazione dell’appartamento dei coniugi K. (il numero 4) non per l’occupazione dello stesso da parte di un’azionista – J.B. conduce infatti l’appartamento numero 2 (doc. S e istanza 03.11.2005, pag. 3) – bensì l’insediamento nei locali della sede e degli uffici di O. (cfr. istanza 03.11.2005, pag. 5). Ulteriore motivazione, espressa dall’azionista J.B. nel corso del suo interrogatorio formale, risiede nel fatto che – a suo dire – “il comportamento dei conduttori è intollerabile per gli eventuali clienti che si recheranno presso la palazzina”. Per costante prassi, la motivazione della disdetta deve essere data nel rispetto delle regole della buona fede; in particolare i motivi addotti, che sono di principio vincolanti, devono essere veritieri; è tuttavia possibile la loro completazione o precisazione (II CCA 06.12.2005 [12.2005.15] cons. 4.2). A mente di chi scrive, il cambiamento di motivazione operato dall’istante può sicuramente essere ammesso alla stregua di una “completazione o precisazione” dei motivi, ma tale mancanza di precisione non può comunque essere sottovalutata, nella successiva ponderazione degli interessi.
2. Alla procedura speciale in materia di locazione (art. 404 e segg. CPC) si applica la massima inquisitoria a carattere sociale, in virtù della quale il Giudice accerta d’ufficio i fatti e apprezza liberamente le prove e le parti sono tenute a presentare tutti i documenti utili per la valutazione del caso (art. 274d cpv. 3 CO; DTF 125 III 231; Hohl, Procédure civile, vol. I. Berna 2001, N. 857-860, pag. 165). La massima inquisitoria non dispensa però le parti dai propri obblighi processuali, segnatamente da quello di presentare tutti gli elementi di prova utili all’apprezzamento della situazione e neppure obbliga il Giudice a sostituirsi d’ufficio alla parte che rinuncia ad invocare fatti pertinenti o a chiedere accertamenti, né ad istruire d’ufficio la causa, ma solo a rendere attente le parti sull’obbligo di collaborare e a inviarle a completare le rispettive allegazioni qualora abbia motivo oggettivo di dubbio al riguardo (DTF 22.07.2004 [4C.201/2004] con rif.; Hohl, op. cit., N. 858 pag. 165). Per contro, il giudice resta vincolato alle domande delle parti, siccome l’art. 274d cpv. 3 CO non legittima il Giudice all’extrapetizione (DTF 122 III 20).
3. Ai sensi dell’art. 272 cpv. 1 CO il conduttore può esigere la protrazione della locazione se la fine produce per lui o per la sua famiglia effetti gravosi che nemmeno si giustificano tenendo conto degli interessi del locatore. L’autorità competente pondera gli interessi delle parti tenendo segnatamente conto della durata della locazione; della situazione personale, familiare ed economica delle parti e del loro comportamento; dell’eventuale fabbisogno del locatore come pure dell’urgenza di siffatto bisogno; della situazione sul mercato locale degli alloggi e dei locali commerciali (cpv. 2). Lo scopo della legislazione sulla protrazione del contratto di locazione risiede in sostanza nel concedere al locatario un termine più ampio e sufficiente per cercare una sistemazione conveniente senza tuttavia poterne esigere tutti i vantaggi (II CCA 14.09.2005 [12.2005.52] cons. 8.2.). Scopo della protrazione è anche quello di attenuare le conseguenze dello scioglimento del contratto per il conduttore, al quale viene lasciato più tempo per provvedere a necessario riorientamento. La protrazione deve essere concessa solo laddove si sia in presenza di “casi di rigore” (Härtegründe), quando il differimento della fine del contratto pare servire a limitarne gli effetti gravosi; essa non mira per contro a permettere al conduttore la continuazione della locazione il più a lungo possibile, in altre parole essa non può essere giustificata dai disagi inevitabilmente connessi alla fine del contratto (STF 26.06.2006 [4C.28/2006] cons. 3.2.; Schweizerischer Verband der Immobilien-Treuhänder [Svit] Schweizerisches Mietrecht Kommentar, 2. ed., Zurigo 1998, N. 14 e segg. ad art. 272). Atteso come le parti abbiano invocato diverse circostanze a sostegno delle loro antitetiche tesi, prima di effettuare la ponderazione degli interessi vera e propria, pare opportuno trattare separamente detti elementi, seguendo l’ordine posto dalla legge all’art. 272 cpv. 2 CO.
4. La durata della locazione (art. 272 cpv. 2 lett. b CO) non permette da sola di fondare un caso di rigore; la lunga durata della locazione può essere presa in considerazione, quanto questa crea un indizio per un particolare legame del conduttore col luogo o con il quartiere (Higi, Zürcher Kommentar, N. 146 ad art 272): se questo fatto debba essere qualificato come “caso di rigore” deve essere concretizzato e provato dal conduttore stesso e deve essere deciso dal giudice, apprezzando la situazione personale, familiare ed economica ai sensi dell’art. 272 cpv. 2 lett. c CO (Svit – Kommentar, N. 19 ad art. 272). In sintesi la durata della locazione rappresenta solo un elemento da considerare nell’ambito della complessa ponderazione degli interessi, che non svincola il Giudice dall’obbligo di apprezzare tutte le circostanze del caso concreto (cfr. idem, N. 20 ad art. 272). Nel caso a giudizio non può essere sminuito il fatto che i conduttori vivono nell’appartamento in questione ininterrottamente dal 1° dicembre 1972 (doc. 3): questo significa che i coniugi K. vivono in quell’appartamento da quando avevano 41 rispettivamente 27 anni, mentre ora ne hanno 75 rispettivamente 61 (doc. 4); li è nata nel 1980 ed è cresciuta la loro figlia (doc. 9). L’affermazione dell’istante secondo cui “i coniugi K. hanno sempre considerato l’immobile a loro locato come fosse di loro proprietà” (cfr. conclusioni 12.07.2006, pag. 9) è del resto un’implicita ammissione – in un’accezione differente a quella data dall’istante – del legame affettivo che vincola i convenuti, a giusta ragione, a quel luogo, dove vivono da ormai 35 anni. In questo contesto, occorre rammentare come il Tribunale d’appello prima ed il Tribunale federale in ultima istanza abbiano recentemente tutelato una decisione nella quale il Giudice di prime cure aveva statuito che dei conduttori, che occupavano un appartamento da 27 anni, “necessitavano di un certo periodo per abituarsi all’idea di dover traslocare” (II CCA 06.12.2005 [12.2005.15] cons. 5.3.; STF 26.06.2006 [4C.28/2006] cons. 3.3.).
5. Nel termine di “situazione personale” (art. 272 cpv. 2 lett. c CO) rientrano in particolare l’età e lo stato di salute del conduttore (Svit – Kommentar, N. 21 ad art. 272). In merito poi alle sue condizioni finanziarie, la valutazione deve essere effettuata al momento del giudizio sulla domanda di protrazione, e non su avvenimenti futuri, a meno che gli stessi siano prevedibili con certezza, come ad esempio un prossimo pensionamento (Svit, Kommentar, N. 26 ad art. 272). Quale ulteriore criterio posto dalla disposizione in questione vi è il “comportamento delle parti”: alfine di impedire la protrazione oppure di ridurla nella durata, il locatore può appellarsi a dei comportamenti contrari alle regole del conduttore, anche se gli stessi non adempiono i requisiti di una disdetta straordinaria ai sensi dell’art. 257f cpv. 3 e 4 né quelli dell’esclusione prevista dall’art. 272a cpv. 1 lett. b CO: nell’ambito di questo esame rientrano delle leggere ma ripetute violazioni del regolamento della casa oppure degli obblighi contrattuali da parte del conduttore, laddove questi, se assommati, raggiungano una certa gravità (Svit – Kommentar, N. 29 ad art. 272; Mp 2001 pag. 216). Per quanto concerne lo stato di salute dei conduttori, dall’istruttoria è emerso che il signor K. – di 75 anni appena compiuti (doc. 4) – è coronopatico e deve “astenersi da attività stressanti e situazioni che comportino sbalzi di umore importanti”; espressamente interpellato in merito, il suo medico di fiducia ha affermato che “un trasloco non sarebbe sicuramente nocivo alla sua salute” (doc. 5 e verbale d’udienza 22.02.2006, teste F., pag. 2). La situazione finanziaria dei coniugi K. – atteso come per prassi la pigione mensile non debba superare un terzo del reddito netto mensile – permetterebbe loro di sopportare un canone locatizio pari a quello corrisposto presso l’attuale locatrice, ovvero di fr. 1'100.-- (cfr. plico doc. 9); una tale situazione non è atta a precludere od a rendere particolarmente difficoltosa la ricerca di un ente simile a quello finora condotto.
6. Già in parte presso l’autorità di conciliazione nell’ottobre 2005 (doc. N e O) ed in seguito in questa sede, l’istante ha reiteratamente evidenziato il comportamento dei conduttori, lamentandosi del loro atteggiamento con gli ospiti della casa e con i vicini, nonché delle violazioni contrattuali inerenti la tenuta di un/dei cane/i. Preliminarmente questo Giudice, senza voler con questa osservazione presumere alcunché, non può non rilevare come le lamentele della parte locatrice nei confronti dei coniugi K. si siano concentrate – per frequenza ed intensità – in questi ultimi mesi, e meglio dopo la notifica della disdetta in disamina. In precedenza – come affermato dalla custode dell’immobile e dai convenuti ed implicitamente riconosciuto anche dall’istante – i rapporti tra gli inquilini della palazzina erano buoni senza particolari problemi (doc. F e R; verbale d’udienza 22.02.2006, teste C., pag. 5: “quando facevo la portinaia non ho ricevuto dei reclami in merito al signor K. da parte degli altri inquilini”).
6.1. Le tavole processuali hanno anzitutto evidenziato che il recinto per il cane a fianco dell’immobile esiste da almeno una trentina d’anni (verbale d’udienza 09.05.2006, teste P., pag. 1) e che un ampliamento dello stesso da parte del conduttore ha avuto luogo presumibilmente nella seconda metà degli anni novanta (verbale d’udienza 22.02.2006, teste C., pag. 5); la prima richiesta di smantellamento della struttura è avvenuta da parte della locatrice il 29 settembre 2005 (doc. M), a seguito dell’intervento da parte dell’autorità comunale, intervento peraltro richiesto dalla locatrice stessa (doc. Q e verbale d’udienza 22.02.2006, teste R., pag. 3). Il contratto di locazione in essere tra le parti indicava persino il “posto per il cane appositamente recintato” come oggetto della locazione (doc. E). Da quanto precede e fermo restando che un’eventuale notifica di costruzione avrebbe potuto essere inoltrata anche dalla locatrice stessa (art. 4 cpv. 1 LE e 9 RLE), l’esistenza della struttura ed il suo ampliamento non costituiscono a mente di chi scrive una “grave violazione degli obblighi contrattuali”, né invero crea particolari disagi agli abitanti della palazzina. La tolleranza del recinto – nelle sue diverse varianti – per un tempo relativamente importante fonda poi la presunzione, a mente di chi scrive, di un certo disinteresse della locatrice su quella porzione di proprietà, del resto inutilizzabile in altra maniera benché parte comune (verbale di sopralluogo 22.02.2006 e doc. L).
6.2. In merito alla quantità dei cani presenti nel recinto, con il contratto di locazione di cui al doc. E la locatrice ha implicitamente autorizzato i conduttori a tenere un solo cane nell’apposito recinto (doc. F). Dalle immagini fotografiche versate agli atti (doc. L e P) e delle risultanze istruttorie è emerso che in più di un’occasione i conduttori hanno ospitato nel suddetto recinto un numero di cani superiore a quello consentito dal contratto (cfr. verbale d’udienza 22.02.2006, testi R. e C., pag. 3 e 5; 09.05.2006, teste A., pag. 3); in particolare, in un imprecisato periodo nei primi anni novanta la struttura ha ospitato 13 animali, mentre di recente – settembre/ottobre 2005 – si è riscontrata la presenza di due cani adulti e di una cucciolata di una mezza dozzina di cagnolini. Fermo restando che la situazione appena descritta configura all’evidenza una violazione da parte del conduttore di una chiara norma contrattuale, giova comunque apportare alcune precisazioni circa l’intensità delle stesse e la sua influenza nei rapporti tra le parti.
6.3. In merito alla frequenza della violazione in disamina, dall’istruttoria sono emerse, sull’arco di 35 anni di rapporto contrattuale, tre occasioni in cui il recinto era occupato da più cani, ovvero nel marzo 1994, nell’ottobre 2001 (doc. V) e di recente nel settembre 2005 (doc. L, N e P). Nulla in proposito lascia intendere che la situazione in contrasto con il contratto fosse permanente, né che si trattasse di un vero e proprio allevamento come asserito dall’istante; del resto l’annuncio di cui al doc. P attesta unicamente il fatto della nascita al 23 agosto 2005 di 5 cuccioli e l’immediata volontà dei conduttori di trovar loro un’altra sistemazione. Non può inoltre essere sottovalutato il fatto che alle diffide della locatrice ha fatto sempre seguito il ristabilimento della situazione contrattuale (con un solo cane) da parte dei conduttori (verbale d’udienza 09.05.2006, teste A., pag. 3); questa circostanza non può non mitigare la violazione contrattuale del conduttore. Infine, a conferma che i disagi non hanno mai assunto livelli insopportabili, occorre evidenziare come le lamentele degli inquilini e dei vicini siano state relativamente ridotte, a fronte di immissioni – soprattutto sottoforma di cattivi odori – limitate ai periodi in cui erano presenti più cani e percepibili solo nel locale riservato alla lavanderia (verbale d’udienza 22.02.2006, teste C., pag. 5): la teste P., che risiede da 30 anni nella casa vicina all’immobile in questione (seppur non adiacente alla zona occupata dal recinto), ha del resto affermato che “i cani non hanno mai dato fastidio né con rumori né mediante odori” (verbale d’udienza 09.05.2006, pag. 1).
7. In merito al comportamento del signor K. – che l’azionista di maggioranza di O. ha considerato “intollerabile per gli eventuali clienti che si recheranno presso la palazzina” (verbale IF 12.06.2006, pag. 3) – occorre preliminarmente rilevare come gli atteggiamenti dei conduttori non abbiano mai trasceso i limiti ragionevolmente tollerabili ed abituali nelle diatribe tra inquilini. A tal proposito l’episodio che ha visto coinvolti i conduttori e l’ospite dei signori P., la signora G., non denota alcun comportamento particolarmente deprecabile, benché la reazione dei coniugi K. non appaia perfettamente adeguata; l’opposizione di un foglio manoscritto “P.F. NON parcheggiare qui” (doc. R) e le lamentele verbali della signora K. in merito alla presunta ostruzione dell’accesso (verbale d’udienza 22.02.2006, teste G., pag. 6) rientrano nelle possibili e frequenti discussioni tra vicini ed inquilini. Neppure deve essere sopravvalutato il significato di un cartello come quello di cui al doc. U, facilmente disponibile sul mercato ed oggettivamente inidoneo ad incutere un reale timore nei suoi lettori. Non può d’altro canto essere negato il carattere sanguigno, focoso e poco propenso al dialogo, ostentato in più di un’occasione dal conduttore, le cui reazioni – anche nel corso delle udienze – non appaiono sempre consone e proporzionate alle situazioni contingenti (doc. R; verbale 22.02.2006, testi R. e C., pag. 3 e 5; 09.05.2006, teste A., pag. 3).
8. In merito al bisogno del locatore (art. 272 cpv. 2 lett. d CO), la dottrina maggioritaria ed una consolidata prassi ritengono che lo stesso debba essere serio (non si deve trattare di un pretesto per sbarazzarsi del conduttore), concreto (deve fondarsi su fatti reali e dimostrati) ed attuale (Lachat/Micheli, Le nouveau droit du bail, pag. 341; Higi, op. cit., N. 195 ad art. 272 CO). Un tale bisogno è dato quando al locatore, per motivi economici o personali, non può essere ragionevolmente richiesto che rinunci all’utilizzo dell’ente locato (Svit – Kommentar, N. 51 ad art. 272).
8.1. Come condizione supplementare l’attuale diritto della locazione ha inserito l’urgenza del bisogno del locatore, la quale dovrà essere ammessa, laddove il locatore riesca a dimostrare, che necessita assolutamente l’ente locato ad un determinato momento (Svit – Kommentar, N. 51 ad art. 272). L’urgenza non deve essere compresa solo a livello temporale, bensì anche in ambito materiale (sachlich); bisogna in altre parole esigere che i motivi e le circostanze, che fanno apparire urgente il bisogno, secondo un giudizio oggettivo, siano di una certa importanza (Mra 2002 pag. 107). Meno il bisogno del locatore è urgente, maggiori saranno le possibilità del conduttore di ottenere una protrazione; infatti, contrariamente a quanto previsto dal vecchio diritto, il riconoscimento del presupposto dell’urgente bisogno non comporta automaticamente il rifiuto della protrazione, che potrà invece essere concessa laddove l’equità lo esiga (Lachat/Micheli, Le nouveau droit du bail, Losanna 1990, pag. 341). Al giudice spetta il compito di intraprendere un’ulteriore ponderazione degli interessi, nella quale l’urgenza del bisogno serve quale criterio per statuire la durata della protrazione (DTF 118 II 58).
8.2. Nella fattispecie il bisogno consisterebbe nell’intenzione di O. di intraprendere un’attività commerciale nella palazzina. Sulla “serietà” e la “concretezza” del bisogno, rinviando a quanto esposto ad 1.2., occorre formulare alcune osservazioni. E’ stato accertato che, a seguito del cambiamento nell’azionariato del marzo 2005, O. ha spostato la sua sede (doc. C); questa operazione ha avuto luogo solo in data 21 ottobre 2005, ovvero quattro mesi dopo la notifica della disdetta, nella quale – tra l’altro – si specificava che l’appartamento serviva ad uno degli azionisti per bisogno personale (doc. G). Inoltre, il 29 ottobre 2005, la locatrice ha fatto pubblicare un annuncio, cercando un conduttore per l’appartamento in questione (doc. 1), salvo poi comunicare ad un interessato che lo stesso era già stato affittato (verbale d’udienza 22.02.2006, teste C., pag. 1). La motivazione secondo cui l’annuncio serviva “per testare il mercato e per vedere dove si situavano le pigioni” non può essere accettata da chi scrive; l’inserimento dell’annuncio del canone di locazione e dell’acconto per le spese accessorie per complessivi fr. 1'750.-- (per altro ben superiore a quello corrisposto sia dai coniugi K. che da B., doc. E e S) priva l’annuncio della sua presunta ragione d’essere.
8.3. Occorre poi evidenziare come le asserite “pesanti ripercussioni economiche per la società” cagionate dalla mancanza di propri uffici, siano rimaste allo stadio di allegazioni di parte, senza che l’istante si sia adoperata nel sostanziare tale affermazione. Dal punto di vista “dell’attualità” e “dell’urgenza” del bisogno, benché la locatrice si sia attivata già nella primavera 2005 presso l’Ufficio tecnico comunale per sapere la procedura da seguire per il cambiamento di destinazione da appartamento in ufficio dell’ente locato (verbale d’udienza 22.02.2006, teste R., pag. 3 e verbale 09.05.2006, teste A., pag. 3), non è stato comprovato l’allestimento di preventivi, né tanto meno di progetti in merito e neppure è stata intrapresa la necessaria procedura di notifica innanzi all’autorità comunale. In questo contesto non possono essere considerate significative né l’iscrizione nel ruolo dei contribuenti di J.B. (doc. D) – la quale, vista la ridotta presenza dello stesso in loco, potrebbe essere avvenuta anche in applicazione dell’art. 2 cpv. 3 LT – né la recente sistemazione interna al piano cantina con creazione di un locale hobby (verbale d’udienza 22.02.2006, teste R., pag. 3).
9. Per quanto attiene alla situazione sul mercato locale degli alloggi (art. 272 cpv. 2 lett. e CO), elemento nel quale è evidentemente compresa l’analisi degli sforzi compiuti dal conduttore nella ricerca di un ente sostitutivo, occorre esaminare la questione da differenti punti di vista.
9.1. Bisogna in primo luogo prendere in considerazione solo le possibili soluzioni “equivalenti” (gleichwertige Lösungen) per il conduttore, cosicché in primo luogo si farà capo al medesimo luogo di residenza; non devono essere analizzati tutti i segmenti di mercato, bensì solo quelli nei quali il conduttore può trovare una soluzione ragionevole ed equivalente; infine deve essere tenuto conto del tempo di ricerca che è stato concesso al conduttore (Higi, op. cit., N. 201-212 ad art. 272 CO). Per costante giurisprudenza, il conduttore non può pretendere di ricercare la soluzione alternativa ideale ma, se del caso, deve adagiarsi a prendere in considerazione una soluzione anche solo transitoria (DdB 1989, N. 27; II CCA 28.07.1997 in re T. S.n.c./G.).
9.2. Di principio il conduttore, immediatamente dopo la ricezione della disdetta, deve farsi parte diligente ed intraprendere quanto in suo potere per ridurre gli effetti gravosi che gli deriverebbero dalla fine della locazione, segnatamente ricercando degli enti locati sostitutivi: nell’ambito di una prima proroga il Giudice non pone al proposito esigenze troppo rigorose (Mp 1991 pag. 6). Se il locatore comunica alla controparte la disdetta con largo anticipo, sono applicabili per analogia le disposizioni più restrittive per il secondo periodo di proroga (Rep. 1990, pag. 148, con comunicazione della disdetta con quasi due anni di anticipo). Gli sforzi profusi dal conduttore per procurarsi un alloggio sostitutivo costituiscono un indizio nel giudizio per la concessione o meno della protrazione, anche se di principio una prima protrazione non dovrebbe a priori essere esclusa per il solo motivo della carenza di sforzi nella ricerca di locali sostitutivi (II CCA 14.09.2005 [12.2005.52] cons. 8.2.2.). Occorre rammentare che, se il conduttore contesta la disdetta, egli è comunque tenuto a cercare seriamente un ente alternativo durante la relativa procedura (Svit, Kommentar, N. 35 ad art. 272).
9.3. Nel caso in esame, i conduttori hanno implicitamente ammesso di aver effettuato solo delle timide ricerche di un ente sostitutivo, operandole ben dopo la comunicazione della disdetta (verbale d’udienza 22.02.2006, teste C., pag. 1; doc. 1 e 6). D’altro canto, la disdetta è stata inviata il 9 giugno 2005, con effetto a decorrere dal 30 settembre 2005 (doc. G), senza alcun preavviso preliminare in aggiunta a quello contrattuale. Questa circostanza, ovvero la scarsità di ricerche di un ente sostitutivo da parte dei conduttori, non permette certo di propendere per l’esclusione automatica della protrazione (Ermani, La protrazione, pag. 7 e 8 – in: Raccolta di giurisprudenza in materia di locazione, Volume 5), soprattutto a fronte del poco tempo a disposizione per le ricerche (dal 9 giugno fino al 30 settembre), ma deve essere tenuta in debita considerazione nella ponderazione degli interessi per la decisione sul principio e sull’entità della protrazione.
9.4. In merito all’offerta locale di enti analoghi, questo Giudice ritiene che la regione del Mendrisiotto possa garantire un sufficiente ventaglio di alternative per i conduttori, e questo sia dal profilo economico (ponendo come soglia massima della pigione un importo attorno a fr. 1'100.--, cfr. ad. 5.) sia da quello delle peculiarità logistiche (ovvero la presenza di un giardino per il cane). A titolo esemplificativo e nel solo Comune, la lista prodotta dall’istante forniva almeno due possibilità plausibili di ente sostitutivo. Attualmente, una ricerca identica a quella proposta sub doc. 6 darebbe 33 possibilità di scelta nella regione del Mendrisiotto. L’accertata assenza di debite ricerche da parte dei conduttori non permette loro di sostanziare eventuali ulteriori problemi nel reperire un appartamento “ideale”, fermo restando che gli stessi avrebbero dovuto attivarsi anche durante la presente procedura, se non altro per trovare una soluzione anche solo transitoria.
10. Nel caso in rassegna l’istruttoria ha dimostrato come entrambe le parti abbiano degli interessi in gioco e come gli stessi non costituiscano dei pretesti per ottenre un secondo fine. A mente di chi scrive non sono però emerse delle circostanze eccezionali per cui si debba decretare delle misure estreme: in altre parole, l’interesse della locatrice non è risultato così preponderante nei confronti di quello dei conduttori, da giustificare l’esclusione della protrazione (cfr. ad 11.2.), né d’altro canto i conduttori hanno comprovato degli eventuali effetti particolarmente gravosi, causati dalla fine della locazione, tali da permettere la concessione di una lunga protrazione (cfr. ad 11.1.).
10.1. Nella fattispecie gioca a favore dei conduttori soprattutto la lunga durata della locazione (cfr. ad 4.), a maggior ragione se valutata unitamente alla loro situazione personale (cfr. ad 5.); si è infatti confrontati ad un contratto di locazione che dura da ormai quasi 35 anni e ad una famiglia, che si è formata e sviluppata nell’appartamento oggetto della presente vertenza, cosicché si può ragionevolmente ritenere che tra i conduttori ed il luogo – o meglio proprio la palazzina – si siano creati dei legami relativamente radicati. Questo elemento, come del resto precisato nella giurisprudenza federale e cantonale, non fonda comunque da solo un caso di rigore ed in assenza di ulteriori effetti gravosi la protrazione dovrebbe essere limitata. Ciò non di meno, proprio in considerazione del fatto che i coniugi K. hanno trascorso la metà della loro esistenza nell’appartamento in questione ed atteso come gli stessi non dispongono di mezzi finanziari illimitati, questo Giudice ritiene equo che venga loro concesso più tempo rispetto alla regola, affinché possano riorientarsi, farsi una ragione dell’imprescindibile separazione da questo luogo ed infine trovare una nuova sistemazione, se non ideale, quanto meno sostenibile per rapporto alla precedente.
10.2. Sull’altro piatto della bilancia, la parte locatrice ha potuto mettere un bisogno per uso personale che, anche se non proprio urgente a tutti gli effetti, si è dimostrato serio e concreto (cfr. ad. 8.): la volontà di spostare l’attività commerciale di O. nel luogo di probabile residenza comune dei suoi azionisti appare degno di protezione soprattutto nell’ottica del contenimento dei costi della stessa. L’asserita urgenza del bisogno – e di conseguenza la postulata riduzione ai minimi termini della durata della protrazione – è comunque temperata dalla lenta messa in opera da parte della locatrice delle necessarie procedure per il cambiamento di destinazione dell’ente locato. Quale elemento importante pro locatrice nella determinazione della protrazione questo Giudice ha individuato il comportamento dei conduttori; questo non tanto per gli atteggiamenti non sempre rispettosi degli ospiti e dei vicini (cfr. ad 7.) né per le violazioni contrattuali (cfr. ad 6.), quanto piuttosto per l’assenza di sforzi nella ricerca di un ente sostitutivo a fronte di un mercato degli alloggi nella zona, che non può certamente essere considerato sfavorevole (cfr. ad 9.).
11. Per l’art. 272b cpv. 1 CO la locazione di abitazioni può essere protratta per quattro anni al massimo; entro questo limite possono essere accordate una o due protrazioni. La prima protrazione deve essere concessa solo per una durata relativamente corta: la concessione di una protrazione non definitiva crea per il locatore una situazione di notevole insicurezza sulla questione a sapere quando potrà disporre dell’ente locato (Svit – Kommentar, N. 9 ad art. 272b). Anche la durata della protrazione dipende in primo luogo da una ponderazione dei contrastanti interessi delle parti. Dottrina e giurisprudenza riconoscono la possibilità di operare una protrazione definitiva solo in casi del tutto eccezionali, ovvero laddove si sia in presenza di motivi particolari, per i quali una seconda protrazione può essere già esclusa in occasione della prima: è il caso per esempio del conduttore che, dopo il termine di disdetta, prevede di poter locare un ente sostitutivo a breve (Svit – Kommentar, N. 4 ad art. 272b e giurisprudenza citata). Nella suddetta ponderazione degli interessi il Giudice deve ispirarsi allo scopo della protrazione, ovvero dare al conduttore il tempo per trovare una soluzione alternativa od almeno attenuare le conseguenze gravose risultanti dall’estinzione del contratto secondo le regole ordinarie (STF 08.09.2004 [4C.176/2004] cons. 3.1.). Gli sforzi per trovare dei nuovi locali sono un fattore che deve essere preso in considerazione anche quando si tratta di statuire sulla prima domanda di protrazione (DTF 28.10.2003 [4C.201/2003] cons. 3.3.).
12. Per tutti i motivi riassunti ad 10., a mente di chi scrive, il principio di una prima protrazione – non definitiva, come statuito dall’UC, in quanto non sussiste alcuna circostanza eccezionale atta ad escludere una seconda protrazione – deve essere ammesso. Ciò nonostante, soprattutto in ragione dell’assenza di sufficienti ricerche di un ente sostitutivo da parte dei convenuti, la durata di questa prima protrazione deve essere abbastanza limitata, cosicché da una parte venga salvaguardato il diritto del locatore ad avere una certezza di poter disporre a medio-breve termine dei locali per il suo (giustificato) uso personale, e dall’altra venga concesso ai conduttori un periodo di tempo adeguato per procedere con successo alle opportune ricerche, le quali – si presume – abbiano avuto luogo anche nel corso della presente procedura giudiziaria. In conclusione, anche in considerazione della summenzionata necessità di un certo periodo per abituarsi all’idea di dover traslocare (cfr. ad 4.), questo Giudice ritiene equo fissare la durata della prima protrazione al contratto di locazione, disdetto il 9 giugno per il 30 settembre 2005, in sedici mesi, vale a dire fino al 31 gennaio 2007.
13. In conclusione, l’istanza promossa in data 3 novembre 2005 da O. risulta parzialmente accolta nella sua formulazione “in via subordinata”.
13.1. Giusta l’art. 19bis cpv. 1 LTG, per le cause riguardanti le controversie in materia di locazione di locali d’abitazione e commerciali, la tassa di giustizia è quella prevista dall’art. 17. Se il valore litigioso non eccede la somma di fr. 30'000.--, la tassa di giustizia va da fr. 100.-- a fr. 200.-- (cfr. cpv. 2). Secondo l’art. 414 CPC il Giudice decide secondo il suo prudente criterio su tassa di giustizia e ripetibili (cpv. 1). Nelle controversie in materia di protrazione della locazione, tassa di giustizia e le ripetibili vengono calcolate sul valore complessivo dei canoni relativi alla durata della protrazione richiesta (cpv. 4).
13.2. Nella fattispecie, atteso come la richiesta dei convenuti fosse indirettamente volta alla “conferma” della decisione dell’UC che concedeva una protrazione della locazione di 48 mesi (doc. I), detto valore ammonta a fr. 50'000.-- circa (doc. E). Tenuto conto delle particolarità della presente procedura e con riferimento all’art. 17 LTG, la tassa di giustizia viene equitativamente fissata in fr. 750.--; unitamente alle spese, la stessa viene posta a carico di O. in ragione di 1/3, mentre i restanti 2/3 sono messi a carico dei coniugi K., i quali rifonderanno alla controparte, con vincolo di solidarietà l’importo di fr. 1'000.-- a titolo di ripetibili ridotte (art. 9, 11 e 15 TOA).