La ripetizione di una disdetta non sottostà alla protezione triennale
La disdetta notificata dopo che una prima disdetta aveva perso la sua efficacia – il contratto essendosi rinnovato per atti concludenti – non può essere considerata quale una nuova disdetta, bensì configura la ripetizione di quella precedente, la parte locatrice avendo semplicemente rinnovato l’intenzione di disdire il rapporto locativo. Ciò posto non è applicabile il divieto triennale di cui all’art. 271a cpv. 1 lett. e CO.
Nella specie nel contesto della concessione di una protrazione devesi in particolare tenere conto del fatto che il conduttore ormai da cinque anni è a conoscenza delle intenzioni della locatrice e che pertanto ha avuto il tempo necessario per reperire un ente sostitutivo e organizzare il trasloco.
Pretura del Distretto di Lugano, Sezione 4 in re R. / T. del 23 febbraio 2006 (Sentenza confermata dalla Seconda Camera civile del Tribunale d’appello e dalla I Corte civile del Tribunale federale)
Estratto dai considerandi
1. Il 15 luglio 1981 R., in veste di locatrice, e T., quale conduttore, sottoscrivevano un contratto di locazione avente per oggetto un immobile, composto da 7 locali oltre alla cucina, sala da bagno, doppio servizio, più altri 5 locali adibiti a studio. La pigione annua era pari a fr. 18'500.--, pagabili in rate semestrali anticipate di fr. 9'250.--, oltre ad un acconto per spese accessorie di fr. 3'000.-- annui. La scadenza del contratto era stata fissata per il 29 settembre 1986, salvo rinnovo per un ulteriore anno in caso di mancata disdetta di una delle parti, data con preavviso di sei mesi (doc C, Inc. SF.2002.3). A seguito del trapasso della proprietà, avvenuto in data 11 aprile 1985, la signora V.R. subentrava a R. (Doc. A, Inc. SF.2002.3) e al decesso del conduttore subentravano gli eredi T.
2.a) Con modulo ufficiale, in data 25 marzo 1994, i membri della CE notificavano alla locatrice la disdetta per l’ente locato, con effetto a decorrere dal 29 marzo 1995 (doc. D, Inc. SF.2002.3). In seguito il signor G.T., inizialmente a nome della CE e di poi a titolo personale, chiedeva ed otteneva varie proroghe del contratto di locazione (doc. E, F, G, H, I, L, Inc. SF.2002.3). Con modulo ufficiale, il 1° dicembre 2000, la locatrice notificava agli eredi T. la disdetta della locazione per l’ente locato con effetto a decorrere dal 30 settembre 2001 (doc. M, Inc. SF.2002.3). Rifiutata una nuova richiesta di proroga formulata dal signor T. il 27 settembre 2001 (doc. O, P, Inc. SF.2002.3), la locatrice con istanza 3 gennaio 2002 postulava lo sfratto degli eredi T. (Inc. SF.2002.3).
2.b) Con decisione 24 luglio 2002 di questa Pretura l’istanza di sfratto 3 gennaio 2002 nei confronti della CE T. è stata respinta per carenza di legittimazione passiva, mentre l’istanza di sfratto nei confronti di T. è stata accolta (doc. D – Ufficio di conciliazione “in seguito: UC”, Inc. DI.04.791). Con decisione 11 aprile 2003 la seconda Camera civile del Tribunale d’appello, in accoglimento dell’appello 2 agosto 2002 di T., ha riformato il giudizio pretoriale respingendo l’istanza di sfratto nei confronti della CE T. per carenza di legittimazione passiva, così come l’istanza di sfratto nei confronti di T. (doc. UC, Inc. DI.04.791). In particolare la predetta Camera ha rilevato che il conduttore T. non era stato in grado di dimostrare le proprie allegazioni quo al carattere famigliare dell’ente locato, per il che la locatrice non era obbligata a notificare la disdetta ad entrambi i coniugi T. Infine ha concluso che tra le parti era venuto in essere un nuovo contratto di locazione per atti concludenti a tempo indeterminato e che pertanto l’istanza di sfratto non poteva essere protetta.
3. Con modulo ufficiale 12 marzo 2004 la locatrice ha notificato a T. e alla moglie, separatamente, la disdetta della locazione per l’ente locato con effetto dal 29 settembre 2004 (Doc. A e B – UC, Inc. DI.04.791). Il 13 aprile 2004 i coniugi T. hanno istato il competente ufficio di conciliazione chiedendo preliminarmente di accertare la carenza di legittimazione passiva di T., essendo esclusa in veste contrattuale a favore della medesima ed il suo coinvolgimento con la disdetta non potendo far sorgere un rapporto di locazione, e postulando in via principale l’annullamento delle disdette e subordinatamente una prima protrazione della locazione fino al 30 settembre 2006 alle medesime condizioni locative (Doc. UC, Inc. DI.04.791). Con decisione 28 giugno 2004 il competente ufficio di conciliazione, rilevata la carenza di legittimazione passiva di M.T., ha accertato la validità della disdetta 12 marzo 2004 notificata a G.T., accordandogli nel contempo una proroga unica e definitiva della locazione sino al 31 marzo 2005 (cfr. decisione 28 giugno 2004, doc. UC, Inc. DI.04.791).
4. Con istanza 13 luglio 2004 la locatrice ha adito questa Pretura, convenendo entrambi i coniugi T., postulando in via cautelare l’autorizzazione ad eseguire nell’ente locato (al PT e al 1° piano) le opere di risanamento delle tubature e degli stucchi. Nel merito ha chiesto di accertare la validità della disdetta del 12 marzo 2004, nonché l’integrale reiezione della domanda di protrazione della locazione.
In primis ha rilevato che la signora T. sarebbe stata convenuta a titolo esclusivamente cautelativo, segnatamente alfine di evitare che la controparte sollevasse delle eccezioni. La medesima potrebbe quindi essere dimessa dalla lite, qualora ambedue i coniugi T. dichiarassero che oggetto della locazione non è la residenza famigliare degli stessi.
Quanto alla disdetta, la stessa sarebbe stata notificata poiché lo stabile necessiterebbe urgentemente di lavori di risanamento (doc. 8-10 e 15-19 – UC, Inc. DI.2004.791), prova ne sia il fatto che anche il contratto in essere con l’altra inquilina sarebbe stato disdetto. La locatrice sarebbe inoltre intenzionata a trasferirsi nell’ente locato, così da permettere l’esecuzione dei lavori nell’appartamento da lei occupato finora: esigenze tecniche imporrebbero infatti di iniziare i lavori dal basso verso l’alto. Vorrebbe altresì rientrare in possesso dell’appartamento ai piani inferiori a causa dei problemi di salute del di lei marito (doc. 21 – UC, Inc. DI.2004.791), il quale deambulerebbe con difficoltà e sarebbe pertanto facilitato da tale trasferimento, non disponendo l’immobile di un ascensore. L’appartamento lasciato libero dall’altra inquilina verrebbe invece occupato dalla figlia della proprietaria, quale propria residenza e per ampliare gli spazi ove svolge la sua professione (doc. 22 – UC, Inc. DI.2004.791).
Si oppone alla richiesta di protrazione della locazione osservando che l’Ufficio di conciliazione nemmeno avrebbe verificato la sussistenza dei presupposti di legge, limitandosi ad accordare la protrazione con il dispositivo (doc. A – UC, Inc. DI.04.791). A suo dire tale domanda inoltre non sarebbe neppure stata motivata, essendo stata unicamente indicata la durata della stessa. Concretamente non potrebbe essere invocato alcun effetto gravoso, l’ente locato essendo peraltro utilizzato quale deposito-archivio-ripostiglio e non quale abitazione-ufficio come stabilito contrattualmente. Ciò che da un lato escluderebbe di per sé la possibilità di concedere una protrazione e dall’altro faciliterebbe il reperimento di nuovi spazi da adibire a tale scopo. Il signor T. infatti svolgerebbe la propria attività negli uffici della S. SA, per il che, avuto riguardo alla necessità di procedere ai lavori di risanamento dell’immobile, nessuna protrazione potrebbe essere concessa.
5. Con istanza 29 luglio 2004 il signor T. ha adito a sua volta questa Pretura postulando in via principale l’annullamento della disdetta 12 marzo 2004 ed in via subordinata una prima protrazione della locazione sino al 30 settembre 2006 alle stesse condizioni locative.
Preliminarmente ha rilevato come egli agisca da solo ritenuto come sia il Tribunale d’appello con sentenza dell’11 aprile 2003 che l’ufficio di conciliazione con decisione del 28 giugno 2004 abbiano accertato la carenza di legittimazione passiva della di lui moglie.
A suo dire la disdetta in esame andrebbe annullata poiché inoltrata nel periodo triennale di divieto ex art. 271a cpv. 1 lett. e CO, essendo trascorsi solo 11 mesi dalla predetta decisione del Tribunale d’appello che aveva visto soccombere la parte locatrice.
Quanto ai motivi invocati osserva che la locatrice si sarebbe limitata ad indicare genericamente la necessità di dover eseguire dei lavori, senza indicare tempi, metodi e finanziamento di tali interventi. Occupando già un altro appartamento la proprietaria non abbisognerebbe inoltre dei locali utilizzati dal conduttore. T. postula in via subordinata che gli venga accordata una prima protrazione fino al 30 settembre 2006, ritenuto che la sua famiglia avrebbe occupato i locali per oltre 65 anni e considerato altresì che trattandosi di locali adibiti ad abitazione e ufficio la locazione potrebbe essere protratta sino a 6 anni.
6.a) In sede di discussione la locatrice ha contestato l’istanza di T. adducendo essenzialmente che la disdetta sarebbe valida a tutti gli effetti e contestando la protrazione della locazione accordata dall’ufficio di conciliazione. A suo dire la sentenza del Tribunale d’appello sarebbe di natura meramente esecutiva e non avrebbe dato avvio al periodo triennale di divieto della disdetta. La seconda istanza avrebbe accertato la validità di quella disdetta, la quale avrebbe in seguito perso efficacia a causa dell’agire tardivo della locatrice. La sentenza avrebbe quindi chiarito i rapporti contrattuali tra le parti, ma unicamente a fronte dell’eccezione di nullità della disdetta sollevata da T. e pertanto non avrebbe carattere di decisione di merito.
6.b) La parte conduttrice dal canto suo si è opposta all’istanza della locatrice riconfermandosi sostanzialmente nella propria e ribadendo la richiesta di annullamento della disdetta. Essa ha contestato la necessità di intervenire urgentemente nell’immobile in rassegna e quanto alla richiesta di protrazione ha osservato di non disporre di una superficie analoga e di dover far capo alle offerte sul mercato alfine di trovare un’altra abitazione-studio, ritenuto che mai l’ente locato sarebbe stato adibito a magazzino-deposito-ripostiglio come viceversa sostenuto dalla locatrice.
Con la replica, la duplica e le conclusioni finali, le parti si sono di poi riconfermate nelle rispettive ed antitetiche allegazioni e domande con argomentazioni che, per quanto qui di rilievo, verranno riprese nei considerandi che seguono. In particolare con le conclusioni la parte locatrice, a fronte delle risultanze degli interrogatori formali dei coniugi T., ha dichiarato di dimettere dalla lite la moglie, mentre la parte conduttrice ha rilevato di non opporsi allo stralcio della sua partecipazione al presente giudizio.
6.c) Con decreto cautelare 18 marzo 2005 di questa Pretura (Inc. DI.2004.790) è stata integralmente respinta l’istanza cautelare formulata dalla parte locatrice.
7. Per quanto attiene alla posizione della moglie è appena il caso di rilevare che la stessa è già stata definita con la sentenza 11 aprile 2003 della seconda Camera civile del Tribunale d’appello. La predetta Camera ha infatti evidenziato che T. non è stato in grado di dimostrare il carattere famigliare dell’ente locato, motivo per cui la locatrice non era obbligata a notificare la disdetta separatamente ad entrambi i coniugi. Nella specie la situazione non si è modificata, ritenuto che i coniugi T. risiedono tuttora (v. IF coniugi T. del 20 dicembre 2004, Ad 5). Ne consegue che l’istanza nei confronti della signora T. andrebbe di per sé respinta per carenza di legittimazione passiva, difettando la medesima della qualità di conduttrice nel contratto in esame. Sennonché la parte locatrice ha dichiarato, con le conclusioni, di dimetterla dalla lite e la parte conduttrice non si è opposta allo stralcio della sua partecipazione nella vertenza. Per il che la signora T. va dimessa dalla lite senza ulteriori formalità, riservato il giudizio sull’attribuzione degli oneri processuali e delle ripetibili.
8.a) Ai sensi dell’art. 271a cpv. 1 lett. e CO la disdetta è annullabile se data nei tre anni che seguono la fine di un procedimento di conciliazione o giudiziario in relazione con la locazione, nel quale il locatore è risultato ampiamente soccombente, ha ritirato o ridotto le proprie pretese, ha rinunciato ad adire il giudice o ha concluso una transazione con il conduttore rispettivamente si è accordato con il medesimo. Il conduttore può prevalersi dell’art. 271a cpv. 1 lett. e CO senza dover dimostrare il legame di causalità tra la procedura terminata e la disdetta. La disdetta è ritenuta abusiva se data entro tre anni dalla fine del processo. Questa presunzione può essere rovesciata nei casi menzionati all’art. 271a cpv. 3 CO. La lista delle eccezioni indicate all’art. 271a cpv. 3 CO è di principio esaustiva. Tuttavia dottrina e giurisprudenza ammettono da parte del locatore la ripetizione della disdetta nulla o inefficace (nel caso in cui la nullità o l’inefficacia non sono state pronunciate per motivi formali) anche se data nei tre anni seguenti la fine di una procedura di contestazione. In quel caso la ripetizione della disdetta non sottostà all’art. 271a cpv. 1 lett. e CO e va considerata valida (Lachat, Le bail à loyer, pag. 482; Higi, Zürcher Kommentar, N. 232 segg. ad art. 271a CO).
8.b) Nel caso di specie risulta evidente che la disdetta in esame è stata notificata prima della scadenza dei tre anni seguenti la conclusione della procedura di sfratto che coincide con la crescita in giudicato della sentenza della seconda Camera civile del Tribunale d’appello di data 11 aprile 2003. Non è però applicabile la norma di cui all’art. 271a cpv. 1 lett. e CO, ritenuto che la disdetta del 12 marzo 2004 è stata inviata per ripetere quella notificata il 1° dicembre 2000. Come rilevato dalla predetta autorità, la locatrice, per atti concludenti, aveva rinunciato agli effetti della prima disdetta consentendo che si instaurasse un nuovo regime contrattuale, con la conseguente perenzione del diritto allo sfratto. Il merito della domanda è tuttavia rimasto invariato. La disdetta precedente non è quindi stata dichiarata abusiva o quant’altro, bensì è stato unicamente accertato che la locatrice non poteva postulare lo sfratto del conduttore sulla base di quella disdetta, avendo la stessa, nel frattempo, perso la sua efficacia. Non è pertanto possibile ritenere che si tratti di una disdetta nuova totalmente indipendente dalla prima, bensì della ripetizione di quella precedente, la locatrice avendo semplicemente rinnovato l’intenzione di disdire il contratto di locazione. Non rileva pertanto nella specie la tesi del conduttore secondo cui con la cennata sentenza del Tribunale d’appello sarebbero stati stabiliti chiaramente i diritti e gli obblighi delle parti nell’ambito del rapporto di locazione e che quindi a far tempo da quella data interverrebbe il divieto triennale di disdetta. Dagli atti risulta infatti inequivocabilmente che si ha a che fare con una disdetta indissolubilmente legata a quella precedente.
9. Per l’art. 266a cpv. 1 CO nelle locazioni a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può dare la disdetta osservando i termini legali di preavviso e le scadenze di disdetta, sempreché non sia stato pattuito un termine di preavviso più lungo o un’altra scadenza di disdetta. Giusta il cpv. 2 della medesima norma, se il termine di preavviso o la scadenza di disdetta non è osservato, la disdetta produce effetto per la scadenza successiva di disdetta. Nella locazione di locali d’abitazione il termine di preavviso è di tre mesi (art. 266c CO), mentre nella locazione di locali commerciali ciascuna delle parti può dare la disdetta con preavviso di sei mesi (art. 266d CO); si tratta di un preavviso legale minimo relativamente imperativo. Ciò significa che le parti, contrattualmente, possono prolungare tale termine di preavviso che tuttavia non può essere validamente abbreviato (Lachat, op. cit., pag. 424).
Nella specie la disdetta 12 marzo 2004 è stata notificata a T. per il 29 settembre 2004 (doc. A – UC) nel rispetto del termine di preavviso di sei mesi stabilito nel contratto di locazione già sottoscritto fra A.R. e il signor C.T. (doc. C, Inc. SF 2002.3), per il che si deve ritenere che anche sotto questo aspetto la disdetta in esame è valida a tutti gli effetti. Non si pon mente infatti di entrare nel merito della questione di sapere se l’ente locato, inizialmente adibito ad abitazione-studio, sia da considerare quale abitazione o quale locale commerciale – come parrebbe sostenere il conduttore nel richiedere l’applicazione del termine di protrazione di sei anni e che, a mente di questo Giudice, andrebbe tuttavia verosimilmente risolta nel primo senso – avendo la locatrice, come detto, inviato la disdetta con un preavviso di sei mesi ossequiando pertanto anche il termine di preavviso per le locazioni commerciali.
10.a) Accertata la validità della disdetta occorre ora verificare se sono adempiuti i presupposti per accordare una protrazione della locazione come richiesto dal conduttore.
L’istituto della protrazione ha per scopo di concedere al conduttore la possibilità pratica di rimediare a determinati effetti gravosi, ossia a circostanze che si manifestano in modo negativo su di lui a fronte dell’esigenza di trovare, prima della fine del contratto o nel termine di preavviso, una soluzione alternativa alla locazione che sta per concludersi (Higi, op. cit., ad art. 272 CO, N. 83; II CCA 29 ottobre 1999 in re P./T.). Le conseguenze negative usuali connesse ad ogni trasloco che la protrazione ritarda semplicemente nel tempo senza tuttavia sopprimere, non sono da considerare effetti gravosi ai sensi di tale norma: lo sono piuttosto quelle circostanze che rendono impossibili o perlomeno difficile per il conduttore o la sua famiglia la ricerca di un oggetto sostitutivo confacente entro il periodo di tempo disponibile fino alla scadenza della locazione, ritenuto che il conduttore immediatamente dopo la ricezione della disdetta deve intraprendere tutto quanto è in suo potere per ridurre tali effetti (Svit, Kommentar, ad art. 272 CO, N. 8 e segg.). Il Giudice pondera gli interessi delle parti tenendo conto, in particolare, della loro situazione personale, familiare ed economica e dell’eventuale fabbisogno proprio del locatore (art. 272 cpv. 2 CO). Gli sforzi profusi dal conduttore per procurarsi un alloggio sostitutivo costituiscono un indizio nel giudizio per la concessione o meno della protrazione. Una prima protrazione non può essere comunque esclusa a priori a motivo della carenza degli sforzi profusi nella ricerca dell’alloggio sostitutivo (Lachat, op. cit., pag. 497 segg.).
10.b) Nella valutazione della situazione personale, famigliare e finanziaria delle parti (art. 272 cpv. 2 lett. c), gli interessi prettamente economici del locatore non possono in alcun modo prevalere sull’interesse del conduttore alla concessione di una proroga. Parimenti, gli interessi del locatore che ha commesso l’errore di rilocare i locali a terze persone prima dello spirare del termine entro il quale il conduttore avrebbe potuto richiedere la protrazione non sono preponderanti (Lachat, op. cit., pag. 500 segg.). Il fabbisogno del locatore (art. 272 cpv. 2 lett. d CO), anche se urgente, non impone necessariamente l’esclusione di una proroga della locazione. Secondo le circostanze e se l’equità lo esige, il giudice può accordare una protrazione del contratto anche se il locatore dimostra di aver bisogno dei locali per sé o per i suoi parenti stretti. Tale fabbisogno deve essere motivato, concreto e attuale: segnatamente non deve essere un pretesto alfine di liberarsi del conduttore, deve basarsi su dei fatti e non deve essere futuro ed ipotetico. Il fabbisogno del locatore è urgente laddove, avuto riguardo all’insieme delle circostanze, non si può ragionevolmente imporre al locatore di attendere troppo a lungo per riottenere i locali (Lachat, op. cit., pag. 502 segg.; Higi, op. cit., ad art. 272 CO, N. 189 segg.).
11.a) Nella specie la locatrice ha motivato la disdetta sostenendo che l’intero immobile necessiterebbe di globali e radicali interventi di risanamento (doc. 6 – UC), motivo per cui la stessa avrebbe pure disdetto il rapporto locativo con l’altro inquilino (doc. 7 – UC). Inoltre, a causa di difficoltà di deambulazione del marito, necessiterebbe dei locali al piano terreno e al primo piano dell’immobile. L’istruttoria ha effettivamente evidenziato la necessità di eseguire determinati interventi nell’immobile in questione. In particolare in occasione del sopralluogo esperito da questo Giudice è stato possibile accertare che gli stucchi dell’atrio e del salotto sono rovinati, così come gli stipiti della porta finestra della sala da pranzo. Sono stati altresì riscontrati dei rigonfiamenti del pavimento. Nell’appartamento occupato dalla locatrice si è potuto accertare che erano stati eseguiti dei lavori: la moquette era strappata e le pareti non erano intonacate. Sulla terrazza era pure visibile un pluviale di plastica. In generale tutti i locali dell’ente locato da T. apparivano vetusti (v. verbale sopralluogo del 15 novembre 2004). Da parte sua, l’idraulico che già si è occupato dell’esecuzione di diversi lavori nello stabile in questione, ha confermato l’esistenza di problemi legati alle tubature che a suo dire andrebbero sostituite. In particolare egli ha segnalato la necessità di sostituire la colonna verticale della condotta di evacuazione delle acque luride (v. verbale audizione testimoniale dell’idraulico del 31 gennaio 2005). Agli atti vi sono inoltre tutta una serie di preventivi (muratore, carpentiere, pittore, ecc. – v. plico UC) relativi agli interventi prospettati nell’immobile, così come una perizia del 26 novembre 2003 allestita per conto dell’assicurazioni dall’arch. M. che dà atto dell’esistenza di infiltrazioni d’acqua nella muratura (doc. 11 – UC). Nel suo rapporto sulla situazione dello stabile A. T. rilevava dal canto suo che “la parte più importante e migliore della casa si trova in queste condizioni, senza nessuna manutenzione conservativa, da anni” (doc. 20 – UC).
Se da un lato è quindi innegabile che l’immobile in questione necessiti di interventi di risanamento – ciò che del resto è del tutto normale trattandosi di uno stabile di vecchia data - dall’altro, non è tuttavia possibile ritenere che gli stessi siano talmente urgenti da escludere ogni e qualsiasi protrazione della locazione, le carenze evidenziate essendo presenti da diverso tempo. Lo stesso dicasi per l’appartamento della locatrice, non potendosi ritenere l’impellenza di doversi trasferire nell’ente locato, così da permettere l’esecuzione dei lavori in quello sito al secondo piano. Da ultimo l’istruttoria nemmeno ha dimostrato che il marito della locatrice necessiterebbe di un’abitazione al piano terreno, il certificato medico agli atti non suffragando alcunché in tal senso (doc. 21 – UC).
11.b) Dal canto suo il conduttore ha postulato una prima protrazione della locazione sino al 30 settembre 2006 in considerazione della lunga durata della locazione – trattandosi di un rapporto che perdura da oltre 60 anni - dell’ampiezza del bene locato adibito ad abitazione/studio professionale, ciò che comporterebbe non poche difficoltà nello spostamento, e dell’attività ivi esercitata che a suo dire giustificherebbe pure l’applicazione del periodo massimo di protrazione di sei anni.
Nella specie alla luce delle risultanze istruttorie, escluso il carattere famigliare dell’ente locato risiedendo T. dal 1967 unitamente alla di lui moglie, si deve ritenere che il conduttore utilizza l’ente locato unicamente quale studio e recapito professionale. Egli dispone inoltre di un segretariato presso gli uffici della S. SA, per il che occorre considerare che la cancelleria del proprio studio di architettura è gia dislocata (v. verbale di udienza del 20 dicembre 2004, IF T.). Se da un lato concretamente la concessione di una protrazione non può essere esclusa proprio per i motivi invocati dal conduttore medesimo – il fatto che non si sia concretamente attivato nella ricerca di un ente sostitutivo limitandosi a leggere gli annunci sui quotidiani, non potendo a priori del tutto escludere una proroga del contratto – dall’altro occorre tuttavia considerare che egli era da tempo a conoscenza delle intenzioni della locatrice. A tale proposito basti ricordare che la prima istanza di sfratto risale ormai al lontano 2001: da almeno 5 anni T. è pertanto a conoscenza del fatto che prima o poi avrebbe dovuto lasciare l’ente locato e pertanto ha avuto il tempo necessario per reperire dei locali confacenti alle sue esigenze e per organizzare il trasloco. Non da ultimo rilevasi che la disdetta in questione è stata notificata con un preavviso di sei mesi e che nelle more della presente procedura egli ha comunque beneficiato di fatto di una protrazione della locazione. Tutto ciò considerato, concretamente si giustifica di accordare al conduttore una protrazione della locazione, che deve però essere unica e definitiva, fino al 30 aprile 2006, così da permettergli di eventualmente reperire un nuovo ufficio. Ciò che non dovrebbe essere oltremodo difficoltoso, visto che il segretariato è già ubicato altrove e che si tratta quindi di trasferire l’archivio dello studio, che potrà quindi essere provvisoriamente depositato. Ne discende che gli interessi del conduttore sono stati ampiamente considerati, disponendo egli ancora di sufficiente tempo per trovare una nuova sistemazione e per effettuare il trasloco.