GDL 11/32 : Disdetta impartita per ottenere un aumento lecito di pigione (ammessa) - Pretura della giurisdizione di Locarno-Campagna in re C. / G. del 26 aprile 2006

32. Art. 271 CO

Disdetta impartita per ottenere un aumento lecito di pigione (ammessa)

L’intenzione di ricavare un maggiore introito dal bene locato, nel rispetto dei principi della buonafede, può legittimare l’invio di una disdetta ordinaria, che non risulta abusiva nei limiti in cui il maggior reddito non costituisca un rendimento eccessivo del bene locato (STF 120 II 105).

Pretura della giurisdizione di Locarno-Campagna in re C. / G. del 26 aprile 2006

Estratto dai considerandi

In fatto:

 

A) Con contratto del 27 agosto 2001, la convenuta ha dato in locazione agli istanti una casa unifamiliare di 4 locali di complessivi 140 mq.

La pigione è stata fissata in fr. 1'980.-- mensili. Il contratto di locazione avrebbe potuto essere disdetto con un preavviso di tre mesi alle scadenze del 30 aprile, rispettivamente del 31 ottobre di ogni anno, la prima volta tuttavia per il 31 maggio 2005.

Le parti hanno inoltre precisato nel contratto che il canone di locazione iniziale era stato fissato sulla base di un tasso d’interesse ipotecario del 3.875 %, valido per la locatrice fino al 31.12.2001. Pertanto, alla clausola N. 24.3, hanno stipulato che “a partire dal 01.01.2002, l’affitto potrà essere adattato agli attuali tassi e condizioni ipotecarie” (cfr. contratto di locazione, in doc. rich. I, incarto N. 45/2002 dell’Ufficio di conciliazione in materia di locazione di Locarno).

 

B) L’8 aprile 2002, la locatrice ha notificato su modulo ufficiale ai conduttori l’aumento della pigione in considerazione dell’aumento del tasso ipotecario. Quest’ultimi hanno contestato l’aumento davanti all’ufficio di conciliazione, siccome notificato senza rispettare la prima scadenza di disdetta. All’udienza del 16 maggio 2002, la locatrice ha dato atto dell’intempestività dell’adeguamento e ha ritirato l’aumento (doc. rich. I, incarto N. 45/2002 dell’ufficio di conciliazione in materia di locazione di Locarno).

Il 25 agosto 2004 la convenuta ha notificato la disdetta con effetto al 31 maggio 2005. Con istanza dell’11 aprile 2005, i conduttori si sono rivolti all’ufficio di conciliazione che, con decisione del 24 maggio 2005, ha dichiarato nulla tale disdetta, siccome la locatrice non è stata in grado di provare di averla data mediante modulo ufficiale, come prescritto dall’art. 266o CO. Di passata, l’ufficio di conciliazione ha pure ricordato l’accordo del 16 maggio 2002 sottoscritto dalle parti nella precedente procedura, precisando che la disdetta avrebbe dovuto in tutti i casi essere annullata poiché data prima dello scadere del periodo di protezione di tre anni sancito dall’art. 271a lett. e CO (doc. rich. I, incarti N. 46/2005 e 50/2005 dell’Ufficio di conciliazione in materia di locazione di Locarno).

 

C) Il 15 luglio 2005, la locatrice ha notificato singolarmente ad entrambi i conduttori una nuova disdetta del rapporto di locazione, con effetto a decorrere dal 31 ottobre 2005.

Con decisione del 29 settembre 2005, l’Ufficio di conciliazione in materia di locazione di Locarno ha riconosciuto la validità della disdetta. Dalla prima contestazione davanti all’ufficio erano trascorsi più di tre anni, mentre nell’ultima procedura di disdetta era stata dichiarata nulla, per cui un nuovo periodo di protezione di tre anni non sarebbe cominciato a decorrere.

Per il resto l’ufficio di conciliazione ha ammesso parzialmente la domanda di protrazione formulata dagli istanti, concedendo loro un anno supplementare per liberare i locali rispetto alla normale scadenza, ovvero fino al 31 ottobre 2006 (doc. rich. I, incarto N. 95/2005 dell’Ufficio di conciliazione in materia di locazione di Locarno).

 

D) Con questa causa, i conduttori pretendono che la disdetta sia dichiarata nulla (recte che sia annullata), siccome sarebbe stata data in dispregio al principio della buona fede. Da un lato, sostengono che la precedente disdetta del 25 agosto 2004, che è stata riconosciuta nulla dall’Ufficio di conciliazione per la mancata notifica tramite il formulario ufficiale, era pure annullabile poiché notificata prima dello scadere del triennio di protezione dell’art. 271a lett. e CO. Di conseguenza, giacché quella disdetta non rispettava neppure i requisiti materiali per la sua validità, dalla decisione dell’ufficio di conciliazione sarebbe cominciato a decorrere un nuovo periodo di protezione giusta l’art. 271a lett. e CO.

Dall’altro lato ricordano che, sempre durante la precedente procedura di conciliazione, la convenuta ha insistito davanti all’ufficio di conciliazione di aver notificato la disdetta tramite formulari ufficiali, che ha pure prodotto in copia. L’ufficio di conciliazione ha invece fatto propria la tesi dei conduttori, ovvero ha giudicato che, visto il peso di soli 13 gr. della raccomandata, non poteva contenere una lettera e due formulari ufficiali. Da qui il giudizio di nullità di quella disdetta e l’opinione sostenuta dagli istanti in questa causa, che chiedono di annullare la disdetta che ci occupa poiché l’atteggiamento assunto dalla proprietaria durante la precedente procedura di contestazione davanti all’ufficio di conciliazione dovrebbe essere considerato senz’altro contrario alla buona fede.

Per il resto, a sostegno di una disdetta contraria alle regole della buona fede, rilevano come la convenuta non abbia mai indicato i motivi della rescissione del contratto di locazione.

Qualora dovesse essere confermata la decisione dell’ufficio di conciliazione in merito alla validità della disdetta, gli istanti si lamentano del periodo di protrazione di un anno accordato dall’autorità di conciliazione siccome, vista la penuria di alloggi nel Locarnese e in particolare nelle Terre di Pedemente, sarebbe troppo breve. In via subordinata concludono di conseguenza per un periodo di protrazione di quattro anni.

 

E) La locatrice ha chiesto di confermare la decisione dell’Ufficio di conciliazione. Nega che la disdetta sia stata data per ritorsione e che il suo comportamento possa essere considerato contrario alla buona fede, ritenuto che al più tardi dopo la precedente procedura davanti all’ufficio di conciliazione gli inquilini sapevano della sua intenzione di porre fine al rapporto di locazione.

Per il resto ritiene che la protrazione di un anno concessa dall’Ufficio di conciliazione sia adeguatamente lunga per permettere ai conduttori di trovare una nuova sistemazione.

Delle ulteriori argomentazioni delle parti si dirà, per quanto necessario, nei prossimi considerandi.

 

In diritto:

 

1. Occorre preliminarmente osservare che questo Pretore non ha assistito alla sola udienza a cui hanno partecipato le parti, presieduta dal segretario assessore.

Pur riconoscendo che solo il Giudice che ha assistito alla discussione della causa può deliberare sulla stessa (Cocchi/Trezzini, CPC-TI, art. 1 CPC, m. 51 e art. 327 CPC, m. 24), va rilevato che questo Pretore ha dato la facoltà alle parti di esprimersi davanti a lui, invitandole al dibattimento finale con ordinanza da lui sottoscritta.

Analogamente al caso contemplato dall’art. 74 cpv. 2 LOG che tratta dell’avvicendamento del Pretore dopo la discussione finale, questo Giudice ha così offerto ad istanti e convenuta la possibilità di esprimersi in sua presenza.

Essi hanno però rinunciato esplicitamente a comparire al dibattimento finale con scritti del 21 febbraio, rispettivamente 1° marzo 2006.

Accertata la rinuncia delle parti ad un’udienza alla presenza di questo Pretore come era stato loro garantito, non vi è più alcun motivo che gli impedisca di pronunciarsi sulla causa e di emanare in suo nome questa sentenza (Cocchi/Trezzini, CPC-TI, ibidem; rep. 1981, pag. 198).

 

2. Secondo l’art. 271 cpv. 1 CO, la disdetta può essere contestata se contraria alle regole della buona fede.

In particolare, giusta l’art. 271a cpv. 1 lett. CO, la disdetta può essere contestata se data dal locatore nei tre anni successivi alla fine di un procedimento di conciliazione o giudiziario in relazione con la locazione e nel corso del quale il locatore è risultato ampiamente soccombente, oppure se ha ritirato o sensibilmente ridotto le sue pretese o conclusioni, così come nel caso in cui avesse rinunciato ad adire il giudice o quando ha concluso una transazione con il conduttore o si è comunque accordato con lui.

L’art. 271 CO costituisce la regola generale ed è un caso di applicazione dell’art. 2 cpv. 2 CC. Possono così essere annullate le disdette date in assenza di qualsiasi interesse degno di protezione, oppure che rispecchiano un atteggiamento sleale, o ancora che risultano sproporzionate rispetto agli interessi in gioco così come quelle i cui motivi risultano essere semplicemente un pretesto (Weber, Commentario basilese, art. 271-271a CO, N. 3; Commentario Svit, art. 271 CO, N. 21; Lachat, Le bail à loyer, pag. 470 e riferimenti citati; Sem. Jud. 2003 I 262, consid. 2.2). Tuttavia, diversamente da quanto prescritto dall’art. 2 cpv. 2 CC, per essere annullabile giusta l’art. 271 CO, la disdetta non deve necessariamente costituire un abuso di diritto manifesto (DTF 120 II 31, consid. 4a; DTF 120 II 105, consid. 3a; Commentario Svit, art. 271 CO, N. 20).

L’art. 271a CO elenca e concretizza invece, in maniera non esaustiva, alcuni possibili casi che legittimano la contestazione della disdetta (Commentario Svit, art. 271 CO, N. 10 e art. 271a CO, N. 2). In particolare l’art. 271a cpv. 1 lett. e CO fornisce una cosiddetta “protezione temporale” (“sperrfrist”), ponendo la presunzione secondo cui una disdetta, data entro il termine triennale citato, costituisce una disdetta rappresaglia (Higi, Commentario zurighese, art. 271a CO, N. 266).

La protezione dell’art. 271a cpv. 1 lett. e CO non trova tuttavia applicazione in caso di disdette nulle, ovvero nel caso in cui il locatore si limiti a ripetere una precedente disdetta nulla. Di conseguenza, una disdetta nulla per motivi di forma, può senz’altro essere ripetuta senza che la nuova disdetta debba rispettare il periodo di protezione dell’art. 271a cpv. 1 lett. e CO (Commentario Svit, art. 266l-266o CO, N. 27; Lachat, op. cit., pag. 481 e 482; DTF 119 II 147, consid. 4b).

 

3. Gli istanti sostengono che la disdetta del 25 agosto 2004, anche se dichiarata nulla dall’Ufficio di conciliazione poiché non era stata notificata tramite il formulario ufficiale, avrebbe comunque dovuto essere annullata, giacché data prima dello scadere del periodo di protezione di tre anni che era cominciato a decorrere in seguito ad un’ancora precedente procedura di conciliazione.

Per questo motivo, ritengono che con la decisione di nullità della disdetta del 24 maggio 2005 sia cominciato a decorrere un nuovo termine di protezione e che la disdetta che qui ci occupa, ovvero quella del 15 luglio 2005, debba essere annullata ex art. 271a cpv. 1 lett. e CO.

Come già evidenziato sopra e come ritenuto anche dall’ufficio di conciliazione, per il fatto che la disdetta del 25 agosto 2004 era nulla, la convenuta poteva ripetere la disdetta senza incappare nel periodo di protezione di tre anni dell’art. 271a cpv. 1 lett. e CO.

Inoltre, le disdette annullabili sono in principio valide e possono essere invalidate unicamente se il conduttore si rivolge nel termine di 30 giorni dalla notifica della disdetta all’ufficio di conciliazione, conformemente all’art. 273 cpv. 1 CO (Commentario Svit, art. 273 CO, N. 5; Lachat, Commentario romando, art. 271 CO, N. 2). Nel nostro caso, la disdetta del 25 agosto 2004 è stata portata davanti all’Ufficio di conciliazione solo con istanza dell’11 aprile 2005, dunque ben oltre il termine perentorio di 30 giorni per contestarne il carattere abusivo. Ne discende che l’eventuale contestazione di quella disdetta per intempestività è tardiva, ovvero deve in tutti i casi essere ritenuto che i conduttori avessero rinunciato a far valere questo motivo di annullabilità, a cui non possono ora appellarsi per giustificare l’abusività della disdetta del 15 luglio 2005.

 

4. Anche l’altra opinione dei conduttori, secondo cui la disdetta sarebbe da annullare in considerazione dell’atteggiamento assunto dalla proprietaria nella precedente procedura di conciliazione, non può essere seguita.

Per annullare una disdetta ex art. 271 CO è la disdetta stessa che deve risultare contraria alla buona fede, mentre l’atteggiamento che una parte assume in una procedura di contestazione non permette di considerare che la disdetta sia stata data in malafede.

Ciò si giustifica in particolare nel caso che ci occupa, ritenuto che, anche se la convenuta aveva sostenuto di aver spedito la disdetta del 25 agosto 2004 tramite formulari ufficiali e l’ufficio di conciliazione ha ritenuto il contrario in considerazione del peso della busta, ciò significa unicamente che la convenuta non è stata in grado di provare che la notifica fosse effettivamente avvenuta secondo le formalità imperativamente richieste per la validità della disdetta.

 

5. Gli istanti rilevano come la convenuta non abbia mai esplicitato i motivi che l’hanno indotta a disdire il contratto di locazione. Questa circostanza sarebbe a loro dire sufficiente per considerare la disdetta contraria alla buona fede contrattuale.

La motivazione della disdetta non è una condizione della sua validità (Commentario Svit, art. 266l-266o CO, N. 8; Higi, op. cit., art. 266-266o CO, N. 122 e art. 271 CO, N. 113; Lachat, op. cit., pag. 468).

Tuttavia, giusta l’art. 271 cpv. 2 CO, la parte che dà la disdetta deve motivarla a richiesta dell’altra. Tale norma persegue infatti lo scopo di permettere al destinatario della disdetta di valutare con cognizione di causa se contestarla oppure no, così come di valutare se chiedere un’eventuale protrazione (Lachat, op. cit., pag. 468; Higi, op. cit., art. 271 CO, N. 111).

Secondo la dottrina e la giurisprudenza, la mancanza di motivazione di una disdetta, se richiesta, può costituire un serio indizio a favore del suo carattere abusivo (Lachat, op. cit., pag. 469; Higi, op. cit., art. 271 CO, N. 155 e segg.; Commentario Svit, art. 271 CO, N. 53; Weber, op. cit., art. 271-271a CO, N. 32; RtiD I-2005 N. 92c, pag. 834).

 

6. Nel nostro caso, la locatrice ha esplicitamente ammesso di aver inviato la disdetta senza un motivo preciso (doc. rich. I, incarto N. 95/2005 dell’Ufficio di conciliazione in materia di locazione di Locarno, verbale dell’8 settembre 2005, pag. 1). I conduttori non hanno invece indicato quale fosse secondo loro il motivo all’origine della disdetta.

Stante ai procedimenti davanti all’ufficio di conciliazione, il motivo della disdetta potrebbe eventualmente essere ricercato nella volontà della convenuta di poter aumentare la pigione al prossimo conduttore. Infatti, la prima procedura di conciliazione era stata intentata dagli istanti che non erano disposti ad accettare un aumento del canone di locazione (inc. rich. I, incarto N. 45/2002 dell’Ufficio di conciliazione in materia di locazione di Locarno).

Il Tribunale federale, ancora sotto l’egida del diritto previdente, ha ritenuto abusiva una disdetta data dopo una richiesta di aumento della pigione. In quel caso, l’abusività della disdetta era stata ammessa siccome i conduttori erano stati in grado di fornire la prova che il proprietario non intendeva proseguire il rapporto contrattuale perché li considerava pericolosi, vista la precedente contestazione dell’aumento della pigione (DTF 113 II 490).

Nel nostro caso, gli istanti non hanno fornito nessun elemento – e in verità neppure hanno sostenuto – che la convenuta abbia disdetto il contratto di locazione poiché li riteneva pericolosi in considerazione della precedente procedura, nella quale aveva rinunciato all’aumento della pigione.

Di conseguenza, anche qualora il motivo della disdetta del 15 luglio 2005 fosse stato quello di ricavare un maggior introito dalla casa unifamiliare, va rilevato che tale motivo rientra in quelli che, nel rispetto della buona fede, possono essere invocati dal locatore per giustificare la disdetta, ovvero non è abusiva la disdetta data per ottenere un aumento della pigione in occasione del cambiamento del conduttore, sempre che il locatore non cerchi di ottenere un rendimento eccessivo (DTF 120 II 105, consid. 3b).

Siccome gli istanti non pretendono neppure che la convenuta voglia ottenere un rendimento spropositato dall’abitazione che attualmente occupano, la disdetta non può essere considerata abusiva giusta l’art. 271a CO, né annullabile ex art. 271 CO.

 

7. Anche in presenza di una disdetta valida, il conduttore può pretendere la protrazione della locazione, purché la fine della medesima produca per lui o per la sua famiglia effetti gravosi che nemmeno si giustificano tenendo conto degli interessi del locatore (art. 272 cpv. 1 CO).

Ratio legis della disposizione è la volontà di lenire al conduttore gli effetti della disdetta o della fine del contratto, ma ciò unicamente laddove egli sia duramente colpito e alla condizione che le conseguenze vengano ridotte dalla protrazione concessagli, grazie alla maggiore probabilità di trovare un oggetto sostitutivo (Higi, op. cit., art. 272 CO, N. 19).

Infatti, lo scopo perseguito dall’art. 272 CO è quello di rimediare al rigore dei termini di disdetta e concedere al conduttore un termine più ampio e sufficiente per cercare una sistemazione conveniente, senza tuttavia poterne esigere tutti i vantaggi (Commentario Svit, art. 272 CO, N. 12 e segg.). E’ un effetto gravoso della disdetta qualunque circostanza particolare che rende impossibile, o quantomeno difficile, la ricerca di locali di rimpiazzo nel tempo disponibile fino al termine del contratto di locazione (DTF 118 II 50; Lachat, op. cit., pag. 498; Sem. Jud. 1989, N. 125). Sono tuttavia da prendere in considerazine solo gli effetti gravosi che la protrazione permette di evitare o diminuire sensibilmente. Il periodo supplementare di occupazione dei locali concesso al conduttore deve permettergli di migliorare notevolmente la sua situazione, senza che l’istituto della protrazione gli conferisca il diritto di approfondire il più a lungo possibile di condizioni particolarmente vantaggiose (DTF 102 II 254; DTF 105 II 197).

 

8. Nel nostro caso gli istanti chiedono che gli sia concesso un periodo di protrazione di quattro anni, invocando la penuria di alloggi nella regione.

La convenuta ha chiesto di confermare la decisione dell’ufficio di conciliazione, con la quale agli istanti è stata accordata una protrazione unica e definitiva di un anno.

La situazione del mercato locale non è che un criterio di valutazione tra altri (Lachat, op. cit., pag. 505; Higi, op. cit., art. 272 CO, N. 200). Altro criterio importante nell’apprezzamento globale delle circostanze, è lo sforzo profuso dal conduttore per trovare un altro alloggio. Anche se in principio tale criterio è più decisivo nell’ambito di una seconda richiesta di protrazione, potrà comunque essere considerato per valutare una prima domanda di protrazione, soprattutto se il conduttore ha avuto a disposizione un periodo relativamente lungo tra la notifica della disdetta e il termine per il quale è stata data. Infatti, il conduttore che riceve una disdetta non ha il diritto di restare inattivo (Lachat, op. cit., pag. 505, con riferimento a DTF 102 II 256; 105 II 199; 110 II 254 e 116 II 448).

Da un lato, gli istanti hanno prodotto una serie di annunci di abitazioni (doc. 3), ciò che lascia intendere che fossero disposti a spostarsi a qualche chilometro, e ciò nonostante C. abbia sostenuto di dover trovare un alloggio nelle vicinanze per questioni lavorative, pur omettendo di precisare la sua occupazione. Si può pertanto ritenere che la ricerca di una sistemazione analoga potesse essere pretesa dai conduttori anche al di fuori del comune di abitazione, ritenuto altresì che l’istante M.S., nello scritto del 3 novembre 2005 all’immobiliare (doc. 3), ha esplicitamente ammesso di cercare una sistemazione anche nelle prossimità delle Terre di Pedemonte.

Inoltre, da questi stessi annunci, che riguardano sistemazioni analoghe a quella occupata, risulta la possibilità concreta per gli istanti di trovare un alloggio sostitutivo simile per dimensioni e prezzo a quello locato attualmente. Indifferenti al proposito le considerazioni scritte di fianco agli annunci dagli istanti, che ritengono tali alloggi o vecchi, o in “posizione non idonea”, oppure inidonei per “problemi riscaldamento” o perché ubicati “sulla strada principale”. Tali circostanze, che non sarebbero ad ogni modo atte per ammettere un rifiuto degli istanti di lasciare l’attuale abitazione, non sono state da essi minimamente suffragate da qualsiasi elemento di prova.

Dall’altro lato, come sostenuto dalla locatrice, i conduttori erano al corrente della sua intenzione di recedere dal contratto almeno dal 25 agosto 2004, data della precedente disdetta.

La protrazione di un anno accordata dall’ufficio di conciliazione e riconosciuta anche dalla convenuta, risulta dunque sicuramente sufficiente per permettere ai conduttori di trovare una nuova sistemazione.

La decisione dell’Ufficio di conciliazione in materia di locazione di Locarno del 29 settembe 2005 merita dunque conferma.

 

9. Giusta l’art. 414 cpv. 4 CPC, nelle controversie in materia di protrazione superiore di tre anni rispetto a quanto accordato loro dall’ufficio di conciliazione e altresì riconosciuto in questa causa dalla convenuta, il valore di causa può essere fissato in fr. 71'280.-- (fr. 23'760.-- pigione annuale x 3 anni).