Riconduzione tacita del bene locato dopo disdetta (ammessa)
La giurisprudenza stabilisce che una ragionevole attesa del locatore nel richiedere lo sfratto del conduttore è di principio ammissibile, ma che se essa si protrae oltre il lecito, oppure se vi sono comportamenti del locatore passibili di ingenerare una situazione di insicurezza circa le sue reali intenzioni, si dovrà ritenere che egli abbia rinunciato agli effetti della propria disdetta e meglio che abbia consentito all’instaurazione di un nuovo regime contrattuale, con la conseguenza della perenzione del diritto allo sfratto.
Tribunale di appello del Cantone Ticino in re AP. / AO. del 9 settembre 2005
Estratto dai considerandi
1. Nel dicembre 1992 AG ha dato in locazione a AO alcuni locali, a scopo commerciale per vendita di prodotti food e non food, così come 8-10 posti auto di uno stabile, con una pigione annua di fr. 18'000.--, pagabile in rate mensili di fr. 1'500.--, e per una durata indeterminata con possibilità di disdetta, con preavviso di 6 mesi, la prima volta al 31 dicembre 2003.
AP ha acquistato da AG questo stabile ed è stato iscritto, quale proprietario a Registro fondiario, il 31 marzo 2004 e il 16 aprile 2004 ha notificato, con formulario ufficiale, alla AO la disdetta della locazione per il 31 dicembre 2004.
2. AP ha chiesto, con istanza 3 marzo 2005, lo sfratto di AO non avendo quest’ultimo sgomberato l’ente locato.
AO si è opposta alla domanda di sfratto argomentando che, dopo la disdetta del 16 aprile 2004, è stato tacitamente concluso tra le parti un nuovo contratto di locazione e che altrettanto è desumibile dal ritardo, rispetto alla pretesa scadenza contrattuale, con il quale il proprietario ha domandato lo sfratto e dopo aver incassato, senza nessuna riserva, le pigioni per i mesi di gennaio, febbraio e marzo 2005.
3. Il Segretario assessore, con la sentenza impugnata, ha respinto la domanda di sfratto ritenendo verosimile che le parti abbiano concordato un nuovo contratto di locazione dal momento che dall’aprile 2004 la locataria ha pagato una pigione mensile diversa e superiore a quella di cui alla locazione pattuita con la precedente proprietaria dello stabile e che il comportamento del locatore indica che egli ha rinunciato agli effetti della disdetta.
L’istante, con l’appello che ci occupa, chiede la riforma del primo giudizio mentre la convenuta vi si oppone. Delle argomentazioni delle parti si dirà nei considerandi che seguono.
4. Oggetto del contendere è sapere se il locatore, con il suo atteggiamento prima e dopo la scadenza del contratto, come alla sua disdetta del 16 aprile 2004, abbia rinunciato agli effetti della stessa e ciò abbia potuto essere recepito, in buona fede, dalla locataria.
La domanda di sfratto va introdotta dopo la scadenza del termine che ha posto fine alla locazione e non può essere procrastinata, nel tempo, a piacimento del locatore. A seconda delle circostanze, il fatto di tollerare la presenza del conduttore nel bene locato anche dopo la fine del contratto può far nascere, tacitamente e per atti concludenti, un nuovo contratto di locazione di durata indeterminata e di contenuto simile al precedente (Cocchi, Autorità competenti, aspetti procedurali e sfratto, in: Diritto della locazione, giurisprudenza recente e tendenze dottrinali, tomo CFPG N. 23, Lugano 2000, pag. 99; Cocchi/Trezzini, CPC-TI, ad art. 506 m. 13; Lachat, Le bail à loyer, Losanna 1997, pag. 118 segg.).
La giurisprudenza di questa Camera ha già avuto modo di stabilire che una ragionevole attesa del locatore nel richiedere lo sfratto è di principio ammissibile, ma che se essa si protrae oltre il lecito, oppure se vi sono comportamenti nel locatore passibili di ingenerare una situazione di insicurezza circa le sue reali intenzioni, si dovrà ritenere che egli abbia rinunciato agli effetti della propria disdetta, e meglio che abbia consentito a che si instauri un nuovo regime contrattuale, con la conseguenza della perenzione del diritto allo sfratto (Cocchi/Trezzini, CPC-TI, ad art. 506 m. 19; Cocchi/Trezzini, CPC-TI App. ad art. 506 m. 30 e 31).
Il giudice deve valutare tutte le circostanze del caso concreto per stabilire se si ravvedono gli estremi dell’esistenza di una riconduzione tacita del contratto per atti concludenti.
Oltre al lasso di tempo trascorso dalla cessazione del rapporto contrattuale fino alla richiesta di sfratto, è necessario valutare altre circostanze, segnatamente il fatto che il conduttore abbia versato la pigione e che il locatore l’abbia accettata senza formulare riserve (Lachat, op. cit., pag. 118 segg. e 399), rispettivamente come si sono comportate le parti anche prima della scadenza contrattuale. Non esiste, però, spazio per la venuta in essere di un nuovo tacito contratto quando il locatore, dopo la scadenza, esprime in modo inconfutabile di non essere interessato alla conclusione di un nuovo contratto (DTF 119 II 147 consid. 5; TF 4C.198.2004).
5. Quest’ultima ipotesi non si è assolutamente verificata in concreto poiché il locatore, immediatamente dopo il 31 dicembre 2004, nulla ha intrapreso per allontanare la locataria e nulla le ha significato per esprimerle la sua ferma opposizione a non consentire con una continuazione del rapporto di locazione. Solo il 16 febbraio 2005 comunica alla controparte di vedersi “costretto allo sfratto per lunedì 28 febbraio 2005” riallacciandosi alla disdetta del 16 aprile 2004 e invocando anche “miei impegni contrattuale successivamente presi” (doc. F), avendo però nel frattempo ricevuto e incassato, senza alcuna riserva, le pigioni di gennaio e febbraio 2005 (plico fotocopie, doc. 7).
Certo che il mese e mezzo trascorso tra la fine della locazione, come alla disdetta contrattuale, ed il momento in cui il locatore ha chiesto alla conduttrice di lasciare l’ente locato non può ancora, da solo, essere decisivo per presumere il rinnovo del contratto (periodo che in una sentenza del Tribunale federale è individuato in almeno due mesi: cfr. Raccolta di giurisprudenza in materia di locazione, vol. III 1995/1997, pag. 79) ma altre circostanze del caso concreto, sommate al ritardo nel chiedere la consegna dei locali ed all’accettazione del pagamento della pigione senza formulare riserve, permettono, a questa Camera, di maturare il convincimento che il comportamento del locatore ha ingenerato nella conduttrice la convinzione che la locazione sarebbe continuata.
Al proposito bisogna situarsi al momento in cui, nell’aprile 2004, il locatore ha dato la disdetta ed ha sensibilmente aumentato, più che raddoppiato, il canone di locazione mensile, da fr. 1'700.-- a fr. 4'800.--, senza del resto far uso del modulo prescritto dalla legge e all’infuori dei termini di legge (art. 269d CO). E’ vero che l’aumento è stato consensuale ma torna assai strano che, come vorrebbe l’appellante, lo stesso sia precedente alla disdetta poiché è inverosimile che un conduttore sia d’accordo di farsi più che raddoppiare la pigione e, ricevuta un paio di giorni dopo la disdetta del contratto, non dica assolutamente nulla – contestando la disdetta o contestando l’aumento o ancora, almeno, chiedendo una proroga della locazione – e accetti di pagare quell’aumento molto importante per occupare, in definitiva, l’ente locato per ancora soli nove mesi. Ma, altrettanto inverosimile, è il successivo atteggiamento della conduttrice che, nell’ottobre/novembre 2004, un paio di mesi prima della fine della locazione, fa installare un forno a legna con tutti gli annessi e connessi con un investimento di oltre fr. 20'000.-- (cfr. plico fatture, doc. 8). Se ne deduce che effettivamente, tra le parti, vi deve essere stato un accordo che superava la disdetta e la conferma sta nell’atteggiamento del proprietario che, scaduto secondo quella disdetta il contratto, non si muove e, anzi, accetta, senza nessuna contraria osservazione, il pagamento della pigione, nell’importo aumentato, anche per i mesi successivi. Tale convinzione è ancora rafforzata, sempre che ce ne fosse necessità, dal richiamo del locatore “ai miei impegni contrattuali successivamente presi” di cui alla lettera del 16 febbraio 2005 (doc. F) che non sono spiegati ma che possono bene riferirsi a qualcosa intervenuto dopo la disdetta per continuare nella locazione tanto è vero che l’appellante si vede “costretto” a notificare lo sfratto per la fine di febbraio.
6. L’istanza di sfratto non può così essere protetta e l’appello respinto.
Poiché l’istanza di sfratto viene respinta e la relativa procedura giudiziaria terminata non può evidentemente essere considerata la richiesta dell’appellante intesa alla sospensione della procedura di sfratto, in attesa dell’esito della domanda all’ufficio di conciliazione con la quale la conduttrice ha chiesto l’accertamento dell’esistenza del rapporto di locazione, domanda che appare, del resto, superata da questa pronuncia.
Tasse, spese e ripetibili seguono la soccombenza dell’appellante.