GDL 9/27: Facoltà di contestare la disdetta anche dopo il termine di trenta giorni?
II camera civile del Tribunale di appello in re G. / F. del 24 aprile 2003

27. Artt. 271, 271a e 273 CO

Facoltà di contestare la disdetta anche dopo il termine di trenta giorni?

Il termine di trenta giorni per la contestazione della disdetta ex art. 273 CO ha carattere perentorio e non può essere né prolungato, né interrotto, né sospeso.

In caso di mancato rispetto di questo termine, decade definitivamente la facoltà di contestare la disdetta ex art. 271 e 271a CO, senza possibilità di sollevare eccezioni nell'ambito di un'azione di sfratto intrapresa dal locatore.

Il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della disdetta.

Una parte minoritaria della dottrina ammette tuttavia la facoltà di impugnare la disdetta anche posteriormente allorché una parte abbia indotto l'altra dolosamente a desistere dall'adire l'Ufficio di conciliazione oppure nel caso venga scoperto successivamente una crassa violazione del principio della buona fede (art. 2 cpv. 2 CC); in tal caso potrebbe essere concesso un nuovo termine di dieci giorni in applicazione per analogia dell'art. 35 OG.

Nella concreta fattispecie è stata lasciata aperta la questione dell'ammissibilità di una contestazione successiva giacché la parte non ha adito l'Ufficio di conciliazione e si è limitata a far valere eccezioni nella procedura di sfratto in merito ad una presunta abusività della disdetta.

II camera civile del Tribunale di appello in re G. / F. del 24 aprile 2003

Estratto dai considerandi

 

Ritenuto in fatto:

 

A. Il 29 gennaio 1991 i signori M. e F., in veste di conduttori e il signor G., quale locatore, sottoscrivevano un contratto di locazione avente per oggetto un capannone industriale e le superfici esterne, siti sui mappali N. X e Z Lodrino-Prosito. Il contratto veniva a scadenza il 31 dicembre 1996, ritenuto che "ove nessuna delle parti contraenti disdicesse il contratto con tre mesi di preavviso e con lettera raccomandata, esso si rinnoverà per un altro anno e così di seguito, fermo stante il diritto per entrambe le parti di disdirlo tre mesi prima di ogni scadenza annuale" (doc. A, pto. 3, pag. 4; inc. rich. n. DI.2002.00076).

 

B. Il 24 gennaio 2002, su modulo ufficiale, il locatore notificava ai conduttori la disdetta del contratto di locazione con effetto a decorrere dal 31 luglio 2002 (doc. B; inc. rich. n. DI.2002.00076). La disdetta non veniva contestata davanti all'Ufficio di conciliazione in materia di locazione.

 

Con istanza 9 settembre 2002 il locatore postulava lo sfratto del signor F. (nel frattempo, il signor M. aveva lasciato l'ente locato).

 

Con decreto 30 dicembre 2002, il Pretore respingeva l'istanza adducendo che il contratto poteva essere disdetto soltanto al successivo termine utile di disdetta, ossia entro il 30 settembre 2002, con effetto al 31 dicembre 2002.

 

C. Non essendo stato riconsegnato l'ente locato entro il 31 dicembre 2002, il 2 gennaio 2003 il locatore presentava una nuova richiesta di sfratto, basandosi sullo stesso complesso di fatti e sulla stessa disdetta del 24 gennaio 2002 (doc. B inc. n. DI.2002.0076).

 

All'udienza di discussione, il convenuto si è opposto all'istanza, sostenendo che il locatore avrebbe assunto un comportamento contraddittorio, motivando dapprima la disdetta con l'esigenza di vendere l'ente locato, per poi rifiutarsi, una volta scaduto il termine per contestarla davanti all'Ufficio di conciliazione, di vendere la proprietà a terze persone che sarebbero state disposte a subentrare al signor G. nel contratto di locazione con lo stesso convenuto. L'istante avrebbe addirittura rifiutato un potenziale acquirente poiché quest'ultimo avrebbe mantenuto il rapporto contrattuale con il convenuto. Quindi, a mente del conduttore, la motivazione iniziale della disdetta celava in realtà la volontà dell'istante di liberarsi del convenuto e pertanto la disdetta sarebbe stata contraria alla buona fede. Inoltre, l'atteggiamento dell'istante avrebbe indotto il locatore a sospendere la ricerca di locali sostitutivi: quindi, in caso di accoglimento dell'istanza, l'istante postulava la concessione di un lasso di tempo di almeno tre mesi per reperire degli adeguati locali sostitutivi.

 

D. Con decisione 27 gennaio 2003 il Pretore ha ordinato lo sfratto del signor F. dall'ente locato, entro 30 giorni dall'intimazione del decreto, siccome il rapporto di locazione era cessato il 31 dicembre 2002, data per la quale la disdetta 24 gennaio 2002 esplicava i propri effetti, in applicazione dell'art. 266a cpv. 2 CO. Trattandosi di una disdetta valida, il conduttore avrebbe dovuto invocare la lesione dei disposti sulla protezione delle disdette (art. 271 segg. CO) davanti all'Ufficio di conciliazione in materia di locazione, cosa che invece egli non ha fatto. Di conseguenza, la questione non poteva più essere verificata in sede di sfratto, poiché la contestazione della disdetta nella procedura di sfratto senza precedente contestazione davanti all'autorità di conciliazione nel termine di 30 giorni (art. 273 CO) sarebbe possibile solo per le disdette nulle o inefficaci. Il Pretore ha quindi respinto anche la domanda di prova formulata dal convenuto, volta a ottenere l'audizione di due testimoni che avrebbero riferito in merito all'asserita abusività della disdetta.

 

Abbondanzialmente, analizzando nel merito la censura del convenuto, il Pretore è giunto alla conclusione che la disdetta data con l'intenzione di vendere l'ente locato a terzi non è contraria alle regole della buona fede, che al locatore non era mai stato chiesto formalmente di motivare la disdetta e che "tutt'altro che scontata" sarebbe la tesi secondo cui la disdetta data nell'intenzione di vendere a terzi per "liberarsi" del conduttore sia da assumere automaticamente sotto l'art. 271 CO.

 

E. Con appello 10 febbraio 2003, corredato di una richiesta di effetto sospensivo, il convenuto ha chiesto l'annullamento del decreto di sfratto e l'assunzione di due deposizioni testimoniali ex. art. 322 lett. b CPC. Secondo l'appellante, la disdetta inviata al conduttore si sarebbe rivelata come abusiva ai sensi dell'art. 271 cpv. 1 CO solo dopo la scadenza del termine di contestazione di trenta giorni sancito dall'art. 273 CO. Le prove testimoniali richieste dal convenuto nella procedura di sfratto avrebbero concretizzato questa circostanza. Proprio il comportamento dello stesso locatore avrebbe indotto il conduttore a rinunciare alla contestazione della disdetta. Secondo l'appellante, signor G., avrebbe inizialmente motivato la disdetta con l'intenzione di vendere l'ente locato a terzi, ma poi, trascorso il termine di contestazione della disdetta davanti all'Ufficio di conciliazione, egli si sarebbe rifiutato di alienare la proprietà a due potenziali interessati poiché questi avrebbero assicurato la loro intenzione di mantenere in vigore il rapporto di locazione con F.. Di conseguenza, i motivi inizialmente addotti a giustificazione della disdetta si rivelavano pretestuosi e l'unico scopo del locatore sarebbe stato quello di liberarsi del conduttore.

 

Delle osservazioni della parte appellata si dirà, per quanto necessario, nei successivi considerandi della decisione.

 

Considerato in diritto:

 

1. E' pacifico che in base al contratto di locazione stipulato tra le parti, la disdetta 24 gennaio 2002 formulata dal signor G. nei confronti del signor F. esplicava i propri effetti a decorrere dal 31 dicembre 2002, siccome tale contratto prevedeva una possibilità di disdetta con un preavviso di tre mesi prima di ogni scadenza annuale (doc. A, pto. 3, pag. 4; inc. rich. n. DI.2002.00076).

 

L'appellante sostiene però che la disdetta intimata dal locatore deve essere annullata poiché contraria alle regole della buona fede: infatti essa sarebbe stata pronunciata al fine di liberarsi del conduttore. D'altro canto, l'appellante ammette di non aver contestato la disdetta davanti all'Ufficio di conciliazione in materia di locazione entro il termine di 30 giorni dal ricevimento della disdetta, in quanto egli avrebbe scoperto le effettive intenzioni di G. soltanto successivamente, "nelle more della prima procedura di sfratto". Le censure mosse dal conduttore dovrebbero quindi essere verificate anche dal Giudice adito nella procedura di sfratto.

 

2. L'art. 271 CO prevede che la disdetta può essere contestata se contraria alle regole della buona fede. La parte che dà la disdetta deve motivarla a richiesta dell'altra; l'art. 271a CO elenca in maniera non esaustiva dei motivi di contestazione della disdetta. La parte che intende contestare la disdetta deve presentare la richiesta all'autorità di conciliazione entro 30 giorni dal ricevimento della disdetta (art. 273 CO).

 

2.1 La giurisprudenza ha avuto modo di specificare che unicamente le disdette valide - ma annullabili ai sensi degli artt. 271 e 271a CO - ricadono sotto le disposizioni specifiche sulla protezione delle disdette (art. 271 segg. CO; DTF 122 III 95, 121 III 156 e 119 II 147; Higi, Zürcher Kommentar, Zurigo 1996, n. 47 ad art. 273 CO; Corboz, La nullité du congé dans le nouveau droit du bail, CdB 2/94, pag. 52 segg.).

 

Al contrario, le disdette nulle - che non rispettano i disposti di cui agli artt. 266l-266n CO - o inefficaci - vale a dire che non ossequiano le esigenze legali o contrattuali per il loro esercizio (v. per es. art. 266a cpv. 2 CO, art. 266g CO, art. 257f cpv. 3 CO) - non devono essere necessariamente impugnate davanti all'autorità di conciliazione entro il termine di trenta giorni dalla loro ricezione, ma possono essere validamente contestate nella procedura di sfratto (DTF 122 III 92 e 121 III 156; Higi, op. cit., n. 64 ad art. 273 CO; Cocchi autorità competenti, aspetti procedurali e sfratto, in: Diritto della locazione, ed CFPG, n. 23, Lugano 2000, pag. 94 segg.; Cocchi/Trezzini, CPC-TI, Lugano 2000, n. 1041 e 1042 ad art. 507 CPC; Corboz, op. cit., pag. 36 s. e 57; II CCA 8.10.1998 inc. n. 12.98.00061).

 

2.2 Gli artt. 271 e 271a CO presuppongono che la disdetta sia valida. Essa potrà però essere annullata entro un preciso termine e in presenza di un determinato motivo di annullamento, segnatamente se risulta contraria alle regole della buona fede.

 

L'annullamento di una disdetta valida presuppone un comportamento attivo del conduttore, il quale deve obbligatoriamente formulare le proprie contestazioni davanti all'Ufficio di conciliazione entro il termine di trenta giorni dall'intimazione della disdetta (art. 273 CO). Questo termine decorre dalla notifica della disdetta (Svit Kommentar, 2. ed. Zurigo 1998, n. 11 ad art. 273 CO; Higi, op. cit., n. 39 e 47 ad art. 273 CO).

 

In questi casi, il conduttore non è legittimato a formulare i motivi di contestazione in via di eccezione nell'ambito di un'azione intrapresa dal locatore, in particolare in una procedura di sfratto (DTF 121 III 156; Cocchi op. cit., pag. 94 ss.; Higi, op. cit., n. 37 ad art. 271 CO; Corboz, op. cit., pag. 37 s.).

 

Infatti, la legge concede la possibilità di annullare la disdetta entro precisi limiti e a determinate condizioni: se tali presupposti non sono rispettati la disdetta rimane valida.

 

In particolare, per quanto qui interessa, il conduttore deve rispettare il termine di 30 giorni stabilito dall'art. 273 cpv. 1 CO per contestare la disdetta davanti all'autorità di conciliazione.

 

Si tratta di un termine perentorio di diritto federale che non può essere né prolungato, né interrotto, né sospeso (Corboz, op. cit., pag. 38; Svit Kommentar, n. 10 ad art. 273 CO; Higi, op. cit., n. 55 ad art. 273 CO; Weber/Zihlmann, Kommentar zum Schweizerischen Privatrecht, Obligationenrecht I, Basilea 1996, n. 3 ad art.273 CO). Ne discende che in caso di mancato rispetto di questo termine, il diritto di contestare la disdetta ai sensi degli artt. 271 e 271a CO decade definitivamente, senza possibilità di addurre contestazioni in altre sedi (Svit Kommentar n. 10 ad art. 273 CO; Higi, op. cit., n. 63 ad art. 273 CO).

 

2.3 Come esposto nel precedente considerando, il termine di 30 giorni previsto dall'art. 273 CO ha carattere perentorio. Lo scopo di questa norma consiste nell'apportare definitiva chiarezza, nell'interesse della sicurezza del diritto, in merito alla validità della disdetta e allo stato dei rapporti contrattuali tra le parti (Higi, op. cit., n. 12 e 42 s. ad art. 273 CO; Corboz, op. cit., pag. 58 s.). Il termine decorre dal momento della ricezione della disdetta e non dalla scoperta di eventuali motivi di annullamento della stessa (Svit Kommentar, n. 11 ad art. 273 CO; Higi, op. cit., n. 39 e 47 ad art. 273 CO; Corboz, op. cit., pag. 58).

 

Dottrina e giurisprudenza sono univoci nel ritenere che dubbi riguardo alla validità della disdetta, ancorché sorti successivamente, non possono più essere sollevati quando il suddetto termine è trascorso inutilizzato, siccome la protezione offerta dalla legge decade e subentra il principio della sicurezza del diritto (Higi, op. cit., n. 43 e 104 ad art. 273 CO; Corboz, op. cit., pag. 58 s.).

 

Una parte minoritaria della dottrina è dell'opinione che in casi eccezionali e a condizioni ben precise, potrebbe essere concesso un nuovo termine di 10 giorni (applicazione per analogia dell'art. 35 OG) per adire l'autorità di conciliazione, segnatamente quando la parte che ha dato la disdetta ha dolosamente fatto desistere l'altra parte dall'impugnare la disdetta davanti all'Ufficio di conciliazione oppure nel caso la lesione del principio della buona fede venga scoperta solo successivamente; il comportamento della parte che ha dato la disdetta deve però essere stato crassamente scorrretto (Higi, op. cit., n. 104 ad art. 271 CO). In questi particolari casi, l'azione di contestazione della disdetta davanti all'Ufficio di conciliazione in materia di locazione deve avvenire immediatamente dopo la scoperta dei motivi di disdetta, rispettivamente dopo l'eliminazione dell'impedimento doloso. Solo in questi casi eccezionali la sicurezza del diritto può essere relativizzata dal divieto dell'abuso di diritto ex art. 2 cpv. 2 CC (Higi, op. cit., n. 105 ad art. 271 CO).

 

3. In concreto, l'appellante ha ammesso di avere rinunciato "all'impugnazione della disdetta nei termini e nelle forme previste dall'art. 273 CO proprio perché conscio del fatto che, di principio, la motivazione allora addotta dal locatore era in sé legittima e poiché non disponeva, almeno a tale momento, di alcun elemento che potesse indurlo a dubitare della sua veridicità" (appello 10 febbraio 2003, pto. 3, pag. 8).

 

In un momento non meglio precisato, "nelle more della prima procedura di sfratto" (v. appello 10.2.2003, pto. IVBd, pag. 5), F. sostiene di aver scoperto le effettive intenzioni del locatore. A mente dell'appellante, l'appellato avrebbe dapprima motivato la disdetta con la volontà di vendere l'ente locato, ma poi si sarebbe rifiutato di alienare la sua proprietà ad acquirenti che si sarebbero detti disposti a continuare il rapporto locativo con F..

 

Alla luce dei precedenti considerandi, sempre che sia ammessa la possibilità di una contestazione straordinaria tardiva, si deve concludere che il conduttore avrebbe dovuto avviare l'azione di contestazione della disdetta immediatamente dopo la scoperta degli asseriti motivi di contestazione. F. ha invece asserito che la disdetta era contraria alle regole della buona fede unicamente in data 23 gennaio 2003, in occasione dell'udienza di discussione nell'ambito della seconda procedura di sfratto (nella prima procedura di sfratto del 9 settembre 2002, inc. n. DI. 2002.00074, il conduttore aveva unicamente affermato che la disdetta era inefficace poiché non rispettava i termini stabiliti nel contratto). Le censure sollevate dal conduttore sono quindi palesemente intempestive. Il conduttore non era legittimato a formulare nell'ambito della procedura sommaria di sfratto eccezioni quo ad una presunta abusività della disdetta. Infatti non avendo il conduttore impugnato la disdetta entro il termine utile stabilito dalla legge e non avendo neppure fatto capo a motivi eccezionali per adire - anche trascorso il termine ex art. 273 CO - la autorità di conciliazione, la facoltà di contestare la disdetta ex artt. 271 e 271a CO è decaduta definitivamente.

 

Ne consegue la reiezione del gravame. La tassa di giustizia, le spese e le ripetibili seguono la soccombenza dell'istante.