GDL 9/25: La nullità di una disdetta intimata ad un solo coniuge e riguardante un'abitazione familiare o coniugale presuppone che i coniugi risiedano nel bene locato e che fra loro non sia ancora intervenuta una decisione di divorzio o di separazione
Pretura della Giurisdizione di Mendrisio-Sud in re G. / B. del 22 dicembre 2003

25. Art. 271 e segg. CO

La nullità di una disdetta intimata ad un solo coniuge e riguardante un'abitazione familiare o coniugale presuppone che i coniugi risiedano nel bene locato e che fra loro non sia ancora intervenuta una decisione di divorzio o di separazione

Si può parlare di abitazione familiare, con conseguente applicazione dell'art. 266n CO, fintanto che sia esternamente riconoscibile che i coniugi dispongono di un centro comune della vita coniugale e familiare nel bene locato.

La riconoscibilità per i terzi dell'esistenza di un'abitazione familiare o coniugale può essere negata qualora soltanto un coniuge sottoscriva una corrispondenza destinata alla parte locatrice e sia già in corso una procedura di divorzio o separazione.

L'eventuale abuso della disdetta impartita a seguito di una separazione coniugale dev'essere provato dalla parte che sostiene tale contestazione.

Pretura della Giurisdizione di Mendrisio-Sud in re G. / B. del 22 dicembre 2003

Estratto dai considerandi

 

Ritenuto che:

 

A. In data 31 luglio 1985 fra C.G. e C.B. è entrato in essere un contratto di locazione concernente un appartamento di tre locali sito al secondo piano di Via O. a C. Tale contratto è stato sottoscritto con durata indeterminata, con possibilità di disdetta previo preavviso di tre mesi al 31 luglio di ogni anno. Mediante apposito modulo per la notifica di aumenti di pigione indirizzato a C. e I.G., la pigione è stata aggiornata con effetto al 1° agosto 1994 a quella che è la sua forma attuale, pari fr. 824.-- mensili, spese accessorie incluse (cfr. plico doc. A).

 

B. Mediante lettera raccomandata di data 25 aprile 2003 è stata notificata a I.G. nata A. la disdetta del contratto di locazione a far tempo dal 31 luglio 2003 (doc. C, 5 e 7). Tale scritto è stato ulteriormente recapitato a mano in data 30 aprile 2003 da parte di M.G.B, S.B. (entrambi in qualità di successivi comproprietari dello stabile oggetto della presente vertenza) e G.B. (in qualità di testimone) all'indirizzo della conduttrice, che si è però rifiutata di riceverlo (cfr. doc. 4 e B).

 

C. A seguito dell'istanza 9 maggio 2003 di I.G. nata A. per l'annullamento della disdetta e protrazione della locazione, l'Ufficio di conciliazione in materia di locazione di C. (di seguito UCML) ha deciso in data 3 luglio 2003 di considerare valida la disdetta per il 31 luglio 2003, ma comunque concedere una proroga di tre mesi alla locazione, ponendovi termine per il 31 ottobre 2003 (doc. B).

 

D. Contro suddetta decisione I.G. nata A. è insorta, postulando a questa Pretura, tramite istanza 6 agosto 2003, in primo luogo l'annullamento della disdetta 25 aprile 2003 ed in via subordinata la concessione di una proroga dello stesso fino al 31 luglio 2007. I.G. nata A. ha inoltre chiesto di essere ammessa al beneficio dell'assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio.

 

E. In sede di udienza di discussione 24 settembre 2003 parte attrice ha sollevato diverse eccezioni processuali e di merito, le quali sono state evase con decisione processuale 27 ottobre 2003 da codesta Pretura, rinviando per quanto concerne l'eccezione sulla nullità della disdetta alla sentenza di merito. In sede di dibattimento finale 3 dicembre 2003 le parti si sono riconfermate nelle proprie pretese avversando quelle di controparte.

 

Considerato che:

 

1. Preliminarmente si fa rilevare come il ricorso all'autorità giudiziaria a seguito di decisione dell'Ufficio di conciliazione non debba essere inteso quale procedura d'appello, di verifica della pronuncia dell'autorità di conciliazione, ma invece quale azione giudiziaria a sé stante, indipendente da quanto si è sviluppato - in funzione di discussioni e di prove - nella procedura avanti all'Ufficio. Secondo il Messaggio del CF la decisione dell'autorità di conciliazione determina il ruolo processuale successivo del locatore e del conduttore e quindi rappresenta una decisione preliminare, o meglio ancora una proposta di decisione che può essere accettata ed assume allora forza di cosa giudicata oppure, per non renderla tale, impone alla parte che non vi consente l'avvio di una procedura giudiziaria (Cocchi, Aspetti procedurali del nuovo diritto di locazione, pag. 79 e segg. - in:Jeanprêtre/Koller/Roncoroni/Cocchi, Il nuovo diritto di locazione, Bellinzona 1991). In considerazione di quanto appena esposto mal si comprende la richiesta da parte del patrocinatore di I.G. nata A. in merito alla concessione dell'effetto sospensivo all'istanza 6 agosto 2003. Essendo stata avviata la procedura giudiziaria entro il termine di 30 giorni prescritto dall'art. 274f cpv. 1 CO, la decisione dell'UCML di C. non solo non è passata in giudicato, ma neanche può essere ritenuta come una vera propria sentenza; essa è rimasta a livello di semplice proposta rifiutata mediante l'istanza 6 agosto 2003, la quale implicitamente crea l'effetto sospensivo.

 

2. E' pacifico ed incontestato che in data 31 luglio 1985 i fratelli B. rappresentati da C.B., da una parte e C.G. dall'altra, hanno concluso un contratto di locazione ai sensi degli artt. 253 e segg. CO, avente per oggetto un appartamento al secondo piano di Via O. a C. (doc. A). La locazione era di durata determinata di un anno, con possibilità di riconduzione tacita per un ulteriore anno in assenza di disdetta con un preavviso di 3 mesi.

 

3. Il contratto è stato disdetto da parte del locatore innanzitutto mediante l'invio per raccomandata del formulario ufficiale in data 25 aprile 2003 (doc. 5-7), poi predisponendo - a titolo cautelativo - la consegna della raccomandata a mano in data 30 aprile 2003, come documentato dal doc. 4. Oltre al momento della notifica, l'istante contesta anche la legittimazione della signora E.C. - firmataria del modulo di disdetta - a rappresentare la comunione ereditaria.

 

3.1 Giusta l'art. 266l CO la disdetta per locali d'abitazione e commerciali deve essere data per scritto (cpv. 1) e mediante un modulo approvato dal Cantone (cpv. 2). Secondo la teoria della ricezione (Empfangstheorie) una disdetta è da considerarsi come notificata quando viene trasmessa direttamente alla parte che la deve ricevere oppure quando entra nella sua sfera di competenza, altrimenti detto nella sua bucalettere (Svit [ed.]. Schweizerisches Mietrecht - Kommentar, Zurigo 1998, n. 5 ad Vorb. zu artt. 266-266o OR).

 

3.2 Come rettamente ritenuto dall'UCML di C., i convenuti hanno reso più che verosimile la circostanza secondo la quale I.G. nata A. si sarebbe rifiutata di prendere in consegna la raccomandata contenente la disdetta. Tale azione, oltre che censurabile per il suo scopo, rappresenta un manifesto abuso di diritto ai sensi dell'art. 2 cpv. 2 CC, volto unicamente a far slittare di un anno la validità della disdetta, non meritando dunque alcuna protezione da parte di questo Giudice. Inoltre la problematica sul momento della notifica della disdetta inviata per posta (e ritirata il 3 maggio 2003, cfr. doc. 6) è senza dubbio superata - anche facendo astrazione dell'abuso di diritto - dalla consegna a mano avvenuta il 30 aprile 2003.

 

3.3 Ex art. 32 cpv. 1 CO - al marginale "rappresentanza" - quando il contratto sia stipulato a nome di una terza persona che lo stipulante è autorizzato a rappresentare, non è il rappresentante, ma il rappresentato che diventa creditore o debitore. Ove il contratto sia stato conchiuso in qualità di rappresentante da chi non vi era autorizzato, il rappresentato diventa creditore o debitore solo quando ratifichi il contratto. Indipendentemente dalla questione a sapere se la signora E.C. fosse autorizzata al momento della sottoscrizione del doc. C - fatto più che verosimile, visto che diversi documenti convergono in quella direzione (doc. D, 3 e 9) - la dichiarazione dei componenti della comunione ereditaria di cui al doc. 1 può fugare tutti i restanti (pochi) dubbi, rappresentando un'implicita ratifica dell'operato della signora E.C.

 

3.4 Di conseguenza, la disdetta 25 aprile 2003, sottoscritta da una persona perfettamente legittimata, è da considerarsi pervenuta - nonché ricevuta - il 30 aprile 2003 alla signora I.G. nata A. (doc. 4 e 5), potendo quindi regolarmente espletare i suoi effetti e segnatamente la fine del rapporto di locazione per il 31 luglio 2003.

 

4. I.G. nata A. in sede di udienza di discussione 24 settembre 2003 ha contestato la validità della disdetta asserendo come la stessa non sia stata notificata anche al marito, C.G.

 

4.1 A tal proposito l'art. 266n CO prescrive che, se la cosa locata è adibita ad abitazione familiare, la disdetta data dal locatore debba essere notificata separatamente al conduttore ed al suo coniuge. La conseguenza per il mancato ossequio di questa formalità è la nullità della disdetta (cfr. art. 266o CO). Scopo di suddette norme è di garantire anche al coniuge del conduttore i diritti derivanti dall'art. 273a CO, segnatamente la contestazione della disdetta e/o la richiesta di protrazione (Svit - Kommentar, n. 23 ad artt. 266-266o); questo presuppone che entrambi i coniugi abbiano una partecipazione, e di conseguenza un interesse, nel contratto di locazione: in questo ambito le norme del diritto della locazione - improntate sul pensiero di protezione contenuto nel diritto della famiglia (cfr. art. 169 CC) - restringono la capacità di disposizione dei coniugi solo laddove l'esistenza dell'abitazione familiare potrebbe essere minacciata da una disdetta (Higi, n. 131 ad Vorb. zu art. 253-274g - in: Gauch/Schmid, Kommentar zum Schweizerischen Zivilgesetzbuch, Obligationenrecht, Vol. V2b, Zurigo 1995). Per questo motivo la dottrina nega l'esistenza di un'abitazione familiare o coniugale, e meglio dell'applicazione dell'art. 266n CO, laddove uno dei coniugi non risiede più nell'ente locato in seguito a divorzio o separazione ("keine Familienwohung liegt dann vor, wenn eine Ehe zwar noch besteht, aber faktische oder (rechtskräftige) gerichtlich festgestellte Trennung der Ehegatten besteht", Higi, op. cit., n. 15 ad artt. 266m-266n). In sintesi si può parlare di abitazione familiare - con conseguente applicazione dell'art. 266n CO - fintanto che sia esternamente riconoscibile che i coniugi dispongono di un centro comune della vita coniugale e familiare (Higi, op. cit., n. 15 ad artt. 253-274g).

 

4.2 Nel caso in rassegna è incontestato che il firmatario del contratto 31 luglio 1985 fosse il signor C.G. (doc. A); emerge altresì chiaramente, per stessa ammissione dell'istante come già nel 1985 I.G. nata A. abitasse nell'appartamento di Via O. a C. (cfr. istanza 6 agosto 2003, pto. 1; doc. D). Si può quindi a giusta ragione ritenere che anche I.G. sia sempre stata conduttrice dell'appartamento, grazie all'applicazione dell'art. 112 CO (Tercier, Les contrats spéciaux, Zurigo 1988, n. 1039). La riconoscibilità per i terzi (in particolare per i locatori) di questa situazione è confortata dal modulo ufficiale per la notificazione di aumenti di pigione datato 4 ottobre 1993, indirizzato ad entrambi i coniugi (doc. A), e successivamente - in tempi più recenti - dalla lettera di protesta 22 maggio 2003 degli inquilini dello stabile, nella quale viene considerata come unica conduttrice (cfr. incarto richiamato dall'UCML di C.). A comprova di quanto detto, per stessa ammissione di parte istante (cfr. istanza 6 agosto 2003, punti 1 e 4) quello che prima era l'appartamento coniugale dei signori G. risulta da tempo occupato unicamente da I.G. nata A., a seguito della separazione dal marito.

 

4.3 Nella fattispecie, alla luce delle considerazioni esposte supra ad 4.1., dal momento della separazione dal marito (l'epoca della quale può essere ricondotta a fine 2002/inizio 2003), non è più possibile considerare l'appartamento in questione come abitazione coniugale, cosicché i locatori non erano sottoposti all'obbligo di notifica separata della disdetta ai due coniugi, stabilito dall'art. 266n CO. Di conseguenza la disdetta intimata dai locatori ad I.G. nata A. in data 25/30 aprile 2003 è da ritenersi assolutamente valida ed il punto 1a) del petitum dell'istanza 6 agosto 2003 è già sin d'ora da respingere.

 

5 I.G. nata A. chiede, in via subordinata all'annullamento della disdetta ex art. 271 CO, anche le sia concessa una proroga del contratto di locazione - disdetta per il 31 luglio 2003 - sino al 31 luglio 2007. Di principio, una protrazione del contratto di locazione può venir concessa unicamente in presenza di una disdetta valida e regolare. Una volta accertata - come nella fattispecie - la validità della disdetta il Giudice può chinarsi su eventuali effetti gravosi che tale disdetta causa alla conduttrice.

 

5.1 Giusta la clausola generale dell'art. 271 cpv. 1 CO la disdetta può essere contestata se contraria alle regole della buona fede ed in particolare, se data dal locatore in presenza di una delle situazioni descritte alle lett. a-f dell'art. 271a cpv. 1 CO. Altrimenti detto una disdetta è da considerarsi lecita, laddove essa non tragga origine da uno dei motivi contenuti all'art. 271a CO né sia contraria al principio della buona fede (Svit - Kommentar, n. 25 ad art. 271). L'onere della prova circa l'abusività della disdetta incombe al suo destinatario, fermo restando che il mittente deve fornire gli elementi in suo possesso, necessari a valutarne la fondatezza (idem, n. 38 ad art. 271).

 

5.1.1 L'istante ha contestato la disdetta 25 aprile 2003, in quanto - a suo dire - troverebbe origine nei "mutamenti subentrati nella situazione personale dell'inquilina" in mancanza di "seri motivi che giustificherebbero l'allontanamento della signora I.G. nata A. dalla propria abitazione" (cfr. istanza 6 agosto 2003, punto 4), invocando quale disposizione applicabile l'art. 271a cpv. 1 lett. f CO, secondo cui la disdetta può essere contestata se data dal locatore per mutamenti della situazione familiare del conduttore che non comportano svantaggi essenziali per il locatore.

 

5.1.2 Nella fattispecie appare evidente come l'asserita abusività della disdetta sia da considerare priva di fondamento: come riferito in sede d'udienza 24 settembre 2003, la disdetta - ordinaria - notificata dai locatori in data 30 aprile 2003 era piuttosto causata dal fatto che "la signora I.G. nata A., ha avuto discussioni con la maggior parte degli inquilini del palazzo", circostanza del resto confermata dalle risultanze istruttorie (doc. 8 e 9, nonché verbale 20 maggio 2003 presso il Giudice di pace di B.). Mai si è accennato al fatto che la disdetta sarebbe stata la conseguenza della separazione dal marito oppure della malattia dell'inquilina; del resto tali circostanze ed un presunto legame con la disdetta non sono stati minimamente sostanziati dall'istante. Fanno altresì completamente difetto delle prove o quantomeno degli indizi, atti a consolidare l'opinione di parte istante secondo cui la disdetta sarebbe "manifestamente sproporzionata, ingiustificata e dettata dalla malafede" (cfr. istanza 6 agosto 2003, punto 6).

 

5.1.3 Non ravvedendo questo Giudice gli estremi per constatare l'abusività della disdetta ai sensi degli artt. 271 e segg. CO, la stessa deve essere considerata - anche sotto questo profilo - valida.