GDL 9/09: La presenza di muffa nel bene locato costituisce un difetto e giustifica una riduzione di pigione (conferma della giurisprudenza)
II Camera civile in re G. / I. SA del 5 novembre 2003

9. Art. 259 e segg. CO

La presenza di muffa nel bene locato costituisce un difetto e giustifica una riduzione di pigione (conferma della giurisprudenza)

La riduzione di pigione del 9.9 % per la presenza di umidità e di muffa localizzate solo in alcuni locali di un bene locato poco arieggiato dagli inquilini risulta giustificata.

Il Giudice non è vincolato dall'opinione dei Periti e si pronuncia secondo la propria convinzione, esaminando se la perizia giudiziaria ha tenuto conto dei fatti e degli argomenti a favore e contro le rispettive tesi, sempre che le conclusioni peritali siano logiche e convincenti.

Una perizia privata non ha di principio valore maggiore di una qualsiasi altra affermazione di parte, con la conseguenza che la sua efficacia probatoria risulta pressoché nulla specialmente nel caso in cui è stata esperita una perizia giudiziaria.

II Camera civile in re G. / I. SA del 5 novembre 2003

Estratto dai considerandi

 

1.        I signori F. e E. G. conducono in locazione a far tempo dal 1° novembre 1994 l'appartamento di 3 1/2 locali, interno 12, sito al secondo ed ultimo piano dello stabile denominato "Residenza L." a C. di proprietà della società I. AG e acquistato successivamente dall'immobiliare V. SA. Il contratto di locazione (doc. B), di durata indeterminata e disdicibile la prima volta per il 31 ottobre 1995, prevedeva una pigione di fr. 1'050.--, poi aumentata a fr. 1'110.-- e nuovamente ridotta a fr. 1'050.-- (recte: fr. 1'010.--) dal 1° ottobre 1998 (doc. 1).

 

2.        Con lettera 18 agosto 1998 (doc. D) i conduttori si sono lamentati presso il signor H., rappresentante di I. AG, per la presenza, tra l'altro, di umidità e di macchie di muffa nell'ente locato. Preso atto che i lavori di tinteggio prontamente messi in opera tra il settembre e l'ottobre 1998 non avevano permesso di ovviare in modo definitivo al problema, che si era in effetti ripresentato, con scritto 5 marzo 1999 (doc. E) essi lo hanno nuovamente sollecitato a intervenire e, il 9 settembre 1999 (doc. F), hanno chiesto allo Studio fiduciario F.L. SA, amministratore dell'immobile, una riduzione della pigione di fr. 150.-- mensili con effetto retroattivo al 1° ottobre 1998, facendo altresì presente che in assenza di qualsiasi riscontro entro 10 giorni, avrebbero provveduto a depositare la pigione presso l'Ufficio di conciliazione di M. (in seguito: UC), ciò che essi hanno fatto relativamente alle pigioni, al canone per 2 posteggi e alle spese accessorie dei mesi da ottobre 1999 a marzo 2000, per complessivi fr. 7'590.-- (doc. N). L'UC, chiamato a pronunciarsi sulla questione, ha ritenuto infondata la richiesta di riduzione della pigione ed ha di conseguenza ordinato la liberazione a favore della locatrice delle pigioni depositate (doc. A). Da qui la presente vertenza.

 

3.        Con l'istanza-ricorso in rassegna i conduttori hanno adito il Pretore postulando nuovamente la riduzione della pigione, l'assegnazione alla nuova proprietaria di un termine per provvedere all'eliminazione dei difetti e la devoluzione a loro favore di parte delle somme depositate presso l'UC. Essi ritengono in sostanza che l'umidità e la muffa riscontrate erano la conseguenza di difetti di costruzione dell'immobile, che la controparte era tenuta a riparare; fino ad avvenuta riparazione s'imponeva dunque la riduzione della pigione.

 

4.        Nel corso dell'udienza di discussione la convenuta si è opposta all'istanza, adducendo che gli inconvenienti notificati dalla controparte, oltretutto di lieve entità e come tali non atti a giustificare una domanda di riduzione della pigione, erano in realtà dovuti all'insufficiente aerazione dell'ente locato da parte degli istanti. Essa per altro ne era stata informata solo nel settembre 1999, ritenuto che il signor H., che aveva ricevuto le precedenti comunicazioni degli istanti, non era abilitato a rappresentare l'amministrazione.

5.        Il Pretore, con la sentenza qui impugnata, ha innanzitutto accertato che la questione a sapere se il signor H. potesse o meno rappresentare la convenuta poteva tutto sommato rimanere indecisa, essendo gli istanti comunque protetti nella loro buona fede, sicché si poteva senz'altro ritenere che la presenza di umidità e muffa era già stata validamente notificata nell'agosto 1998. A suo giudizio, la perizia giudiziaria dell'ing. M. aveva permesso di stabilire che alla base dei fenomeni riscontrati vi era una concomitanza di fattori ascrivibili da una parte alla convenuta, quali l'ubicazione molto "delicata" sia dell'appartamento sia dello stabile, la non corretta esecuzione del dettaglio di appoggio parete-soletta, l'anomalia riscontrata in alto alla parete nord-est come pure i serramenti sprovvisti di taglio termico, e dall'altra agli istanti, segnatamente l'insufficiente aerazione dei locali. Atteso però che nelle particolari circostanze quest'ultimo aspetto non doveva pesare più di tanto nella valutazione delle cause del difetto, il giudice di prime cure ha ritenuto giustificata la domanda di riduzione della pigione, ammettendola, in considerazione della concolpa comunque imputabile agli istanti, in misura del 10 %, ovvero per fr. 100.-- mensili. La riduzione è stata concessa dal 1° gennaio 1999 poiché i lavori di tinteggio eseguiti nel frattempo avevano permesso di ovviare temporaneamente ai disagi, che si erano però ripresentati in seguito. Le somme depositate presso l'UC sono state pertanto liberate in ragione di fr. 4'500.-- (pari a fr. 100.-- per i mesi da gennaio 1999 a settembre 2002, 45 mesi) a favore degli istanti e per la rimanenza a favore della convenuta.

 

6.        Con l'appello che qui ci occupa, la convenuta chiede di riformare il giudizio pretorile nel senso di respingere l'istanza. Essa rimprovera anzitutto il giudice di prime cure di aver acriticamente fatto proprie le conclusioni del perito giudiziario, invece di fondarsi sulle perizie dell'ing. T. e del perito comunale di C., che al contrario individuavano nella mancata aerazione dei locali l'unica causa dei difetti. La perizia giudiziaria si era in ogni caso rivelata poco chiara e imprecisa in punto alle cause dei difetti, mentre il Pretore a sua volta aveva arbitrariamente relativizzato l'importanza di aerare correttamene i locali: a suo parere, entrambe le circostanze imponevano di giudicare a sfavore degli istanti, gravati dell'onere della prova. Ad ogni buon conto i disagi evidenziati da questi ultimi, che non compromettevano l'abitabilità dell'appartamento e che oltretutto erano limitati ad alcuni locali, non giustificavano una riduzione della pigione, tanto meno in ragione del 10 %, ritenuto che in ogni caso la stessa poteva semmai essere ammessa solo a far tempo dal settembre 1999 o tutt'al più dal marzo 1999.

 

7.        Delle osservazioni con cui gli istanti postulano la reiezione del gravame si dirà, se necessario, nei prossimi considerandi.

 

8.        In base all'art. 259d CO, se un difetto pregiudica o diminuisce l'idoneità della cosa all'uso cui è destinata, il conduttore può pretendere una riduzione proporzionale del corrispettivo a partire dal momento in cui il locatore ha avuto conoscenza del difetto fino all'eliminazione del medesimo (Lachat/Micheli, Le nouveau droit du bail, 2. ed., Losanna 1992, p. 121; Zihlmann, Das Mietrecht, 2. ed., Zurigo 1995, p. 76; II CCA 26 gennaio 1995 in e O./M.).

 

Scopo della normativa è di far si che il conduttore abbia a versare al locatore una pigione adeguata al fatto che l'ente locato presenta un difetto che ne impedisce o comunque ne pregiudica un uso ottimale: la riduzione del corrispettivo viene effettuata secondo i criteri sviluppati dalla dottrina e dalla giurisprudenza in margine all'azione estimatoria del contratto di compravendita (Svit, Schweizerisches Mietrecht, 2. ed., N. 17 ad art. 259d CO; Züst, Die Mängelrechte des Mieters von Wohn- und Geschäftsräumen, Berna-Stoccarda-Vienna 1992, p. 187 e segg.; II CCA 23 aprile 1996 in re T. lc./S. SA, 23 agosto 1996 in re C./G.). L'onere della prova circa l'esistenza di un difetto e l'adempimento degli ulteriori presupposti per una riduzione del canone di locazione incombe al conduttore (Higi, Zürcher Kommentar, N. 20 ad art. 259d CO; Svit, op. cit., N. 26 ad art. 259d CO; II CCA 15 gennaio 1997 in re R. SA/D. AG, 25 aprile 1997 in re D./P. e lc., 7 dicembre 2001 in re S./l. SA).

 

9.        La convenuta rimprovera innanzitutto al Pretore, per la prima volta in questa sede e dunque irritualmente (art. 321 cpv. 1 lett. b CPC), di essersi sostanzialmente basato sulle conclusioni rese dal perito giudiziario e di aver omesso di considerare, nonostante fosse applicabile la massima ufficiale, i referti dell'ing. T. e del perito comunale, che invece giungevano a un risultato diverso.

 

Una perizia privata non ha per principio valore maggiore di una qualsiasi altra affermazione di parte, di modo che la sua efficacia probatoria è pressoché nulla (Cocchi/Trezzini, CPC-TI, Lugano 2000, m. 21 e 24 ad art. 90, ove il rigore della giurisprudenza è stato però in parte stemperato), specialmente nel caso in cui è stata esperita una perizia giudiziaria (II CCA 7 marzo 1994 in re A./L., 14 marzo 1994 in re F. SA/M., 3 febbraio 1995 in re M./F.). In tal caso, infatti, il rilievo di eventuali discrepanze o contraddizioni tra le conclusioni del perito giudiziario e quelle del perito di parte non è sufficiente a fondare legittimi dubbi circa l'attendibilità della perizia giudiziaria, visto che la perizia può andare soggetta alla critica soggettiva di quella parte che intende erigere la propria opinione a canone di scienza e di verità (Cocchi/Trezzini, op. cit., m. 46 ad art. 90; sentenze II CCA citate). Occorre piuttosto che sia provata, alla luce degli argomenti portati dai periti di parte, l'inconcludenza di determinate affermazioni della perizia giudiziaria, la loro contraddittorietà con determinati elementi di fatto o con principi fondamentali di una determinata scienza o arte (sentenza II CCA citate).

 

In questa sede la convenuta si è limitata ad evidenziare la mancanza di chiarezza e di precisione della perizia giudiziaria. Essa non ha però specificato per quale motivo quest'ultima sarebbe inconcludente o contraddittoria e nemmeno in base a quali considerazioni la perizia di parte dell'ing. T. (doc. 4) sarebbe stata preferibile a quella o anche solo all'altra, pure di parte, allestita per conto degli istanti dall'arch. R., che al contrario giungeva alla conclusione che gli inconvenienti riscontrati fossero dovuti a difetti di esecuzione lungo tutto il perimetro esterno dello stabile laddove erano stati fissati gli elementi di cornicione prefabbricati (doc. R, cfr. pure le ulteriori perizie della ditta C. SA e del signor V., doc. P e Q). Stando così le cose, la censura con cui si chiede di disattendere la perizia giudiziaria e di far capo unicamente alla perizia di parte dell'ing. T. deve senz'altro essere respinta.

 

10.     La convenuta ritiene inoltre che la mancanza di chiarezza e di precisione della perizia giudiziaria in punto alle cause dei difetti imponeva di giudicare a sfavore degli istanti, gravati dell'onere della prova.

 

L'art. 253 CPC stabilisce che il Giudice non è vincolato dall'opinione dei periti e che egli si pronuncia secondo la propria convinzione, come del resto previsto dall'art. 90 CPC. In presenza di una perizia giudiziaria il Giudice deve esaminare se il perito ha tenuto conto dei fatti e degli argomenti a favore e contro le rispettive testi e -ritenuto che il Giudice non è esperto della materia specifica- se le conclusioni a cui questi è giunto sono logiche e convincenti, cioè prive di punti oscuri, lacune o contraddizioni (Cocchi/Trezzini, op. cit., m. 6 ad art. 253). Ciò nondimeno, il Giudice che decide di aderire alle conclusioni del perito non è tenuto a darne una motivazione particolareggiata nella sentenza (Cocchi/Trezzini, op. cit., m. 3 ad art. 253). Se per contro egli intende distanziarsi dalle conclusioni del perito egli, onde non eccedere il proprio potere d'apprezzamento, deve motivare in modo corretto e rigoroso le ragioni che lo hanno condotto a dissentire dall'opinione dell'esperto, non bastando in proposito l'adduzione di mere congetture o di considerazioni soggettive (Cocchi/Trezzini, op. cit., ibidem). Nel caso di specie, come già accennato, il perito giudiziario è giunto alla conclusione che la presenza di umidità e di muffa nell'appartamento degli istanti fosse dovuta, oltre all'insufficiente aerazione dei locali, indicata quale causa esclusiva dal perito di parte ing. T. (doc. 4) -mentre il perito comunale si è in realtà limitato ad evidenziare l'alta umidità presente nei locali (doc. I)-, a una concomitanza di fattori: l'ubicazione molto "delicata" sia dell'appartamento, che per 2 mesi all'anno non era irradiato dalla luce solare, sia dello stabile, rivolto a nord, ciò che implicava la persistenza di temperature basse nei mesi invernali; la non corretta esecuzione del dettaglio di appoggio parete-soletta, dimostrata dalla minor temperatura di ca. 2-3° evidenziata in quella particolare zona; l'anomalia riscontrata in alto alla parete nord-est, appurata in occasione dall'esame eseguito con la camera a raggi infrarossi, e infine i serramenti sprovvisti di taglio termico, che comportavano una notevole perdita di calore in prossimità delle finestre. In tali circostanze non si può assolutamente condividere il rimprovero della convenuta secondo cui le conclusioni peritali sarebbero poco chiare, lacunose, contraddittorie o prive di riscontri, ciò che permetterebbe di scostarsi dall'avviso del perito e dunque di concludere a sfavore degli istanti, gravati dell'onere della prova. Il fatto che il perito giudiziario non sia stato in grado di rispondere a tutte le domande poste dalla convenuta in sede di complemento peritale non è in ogni caso tale da compromettere l'attendibilità del suo referto, del tutto logico e convincente: la mancata risposta alla domanda con cui gli era stato chiesto di indicare l'esatta causa dei difetti di costruzione riscontrati era in effetti dovuta al fatto che la convenuta non gli aveva messo a disposizione i piani esecutivi rispettivamente quelli di dettaglio; a sua volta il fatto che egli non sia stato in grado, verosimilmente per impossibilità tecnica, di rispondere ad altre domande segnatamente la suddivisione in termini percentuali dei singoli fattori all'origine degli inconvenienti e la formulazione di un parere certo in merito all'esito che avrebbe avuto la corretta ventilazione, non indebolisce la sua conclusione -ma semmai la rafforza- secondo cui i problemi riscontrati si lasciavano ricondurre alla concomitanza di quei fattori e non solo all'insufficiente aerazione dei locali.

 

11.     Censurato è pure il fatto che il Pretore abbia in concreto relativizzato l'esigenza di aerare correttamente i locali, quando invece il perito aveva sottolineato l'importanza di questo aspetto. Il giudizio di prime cure, ancorché esposto in maniera impropria, può tutto sommato essere condiviso: se in effetti alcune delle considerazioni addotte dal Pretore per concludere che "l'insufficiente aerazione non debba pesare più di quel tanto nella valutazione delle cause del difetto in questione" potevano apparire discutibili -si pensi a quella secondo cui l'esigenza di aerare 3 volte al giorno, oltre a non corrispondere a un uso diffuso, non era ragionevolmente esigibile da persone che lavoravano a casa nella pausa del mezzogiorno- andava però anche tenuto conto del fatto, non contestato in questa sede dalla convenuta, che il perito giudiziario, allorché aveva ravvisato nell'insufficiente arieggiamento da parte degli istanti una delle cause degli inconvenienti, aveva ritenuto che al mattino la ventilazione dei locali non era avvenuta, affermazione che si è però rivelata infondata e che dunque imponeva di relativizzare, se non proprio la rilevanza dell'insufficiente aerazione, quanto meno la colpa degli istanti per quella carenza, risultata in definitiva più lieve di quanto invece ipotizzato dall'esperto.

 

Accertato con ciò che gli inconvenienti riscontrati si lasciavano ricondurre a una concomitanza di fattori, tutti di uguale importanza (cfr. complemento peritale, risposta all'ultima domanda degli istanti), e che per quello imputabile agli istanti la loro responsabilità andava parzialmente ridimensionata rispetto a quanto ritenuto dal perito, è in definitiva a ragione che il primo giudice ha attribuito la maggior parte della responsabilità alla convenuta, ritenuto che agli istanti è stata nondimeno riconosciuta una certa concolpa ai sensi dell'art. 44 CO per la questione dell'insufficiente aerazione.

 

12.     La convenuta non può essere seguita nemmeno laddove ritiene che gli inconvenienti patiti dagli istanti, che comunque non compromettevano l'abitabilità dell'appartamento e che oltretutto erano limitati ad alcuni locali (soggiorno, camera da letto e bagno), non giustificavano una riduzione della pigione, tanto meno in ragione del 10 %.

Per quanto riguarda la prima questione, la giurisprudenza ha in effetti già avuto modo di stabilire che la presenza di macchie di muffa e di umidità nell'ente locato costituiva senz'altro un difetto ai sensi dell'art.259a e segg. CO, nella misura in cui da un lato impediva un normale utilizzo dell'ente locato e dall'altro creava importanti disagi all'inquilino (DTF 97 II 58 e segg.; II CCA 10 febbraio 1994 in re E./R., 3 febbraio 1995 in re M./F.; CCC 1° ottobre 1997 in re P./D.; Gmür, Die Rechte des Mieters, Zurigo 1973, p. 28). Quanto invece all'ammontare della riduzione della pigione, una percentuale del 10 % è già stata riconosciuta da questa Camera in un caso del tutto analogo a quello che qui ci occupa, in cui la presenza di umidità e di muffa era localizzata solo in alcuni locali e agli inquilini era stata attribuita una certa concolpa per aver parzialmente disatteso l'obbligo di arieggiare l'ente locato (II CCA 23 aprile 1996 in re T./S. SA): la riduzione concessa dal Pretore, di fr. 100.-- mensili, corrispondente a una percentuale del 9.9 %, può dunque essere confermata.