GDL 9/01:
Interpretazione di una clausola sulla pigione minima garantita: criteri d'interpretazione
II Camera civile in re T. / T. SA del 1° ottobre 2003>
1. Art. 253 CO
Interpretazione di una clausola sulla pigione minima garantita: criteri d'interpretazione
Il contenuto di un accordo va determinato indagando su quale sia stata la vera e concorde volontà dei contraenti (art. 18 cpv. 1 CO).
La presunta volontà delle parti va accertata interpretando le dichiarazioni di volontà secondo il principio dell'affidamento.
Il principio in dubio contra stipulatorem entra in considerazione soltanto quando nessun altro metodo interpretativo permette di chiarire il contenuto del contratto.
Nella fattispecie, l'interpretazione delle dichiarazioni di volontà secondo il principio dell'affidamento permettono di interpretare la clausola contrattuale nel senso che le parti hanno concordato una pigione minima garantita.
II Camera civile in re T. / T. SA del 1° ottobre 2003
Estratto dai considerandi
In fatto e in diritto:
1. Dopo aver stipulato un analogo accordo per i centri XY di M. e V. (doc. E e H), il locatore, il 1° marzo 1999, ha concesso in locazione alla società T. SA il locale commerciale contrassegnato con il n. 103 al livello 1, con una superficie di 114.67 mq, presso il centro di R. (doc. A). L'art. 5 del contratto, concettualmente identico per i 3 enti locati, disciplina nel modo seguente la questione della pigione e delle spese accessorie: "il locatario corrisponde al locatore una pigione pari al 10 % escl. IVA 7.5 % sulla cifra d'affari netta annua ottenuta nell'anno in corso. E' espressamente convenuto tra le parti che il locatario dovrà realizzare nel locale a lui locato, una cifra d'affari (al netto d'IVA) minima netta annua di fr. 4'000.-- (quattromila) al metro quadrato. In difetto di tale rendimento minimo per un periodo di 4 (quattro) mesi consecutivi (trascorsi tre mesi dall'apertura) il locatore potrà, se lo desidera, dare applicazione, in qualunque momento, alla risoluzione del contratto con preavviso di trenta giorni tramite lettera raccomandata. La pigione sopra indicata non comprende le spese accessorie (art. 8) nonché i contributi al budget pubblicitario (art. 28a). Tra le parti è ben presto sorta una contestazione in merito all'interpretazione di questa clausola.
2. Ritenendo che la conduttrice fosse in ritardo con il pagamento delle pigioni e delle spese accessorie relative al secondo trimestre 2000, il locatore, dopo aver ottenuto l'erezione di un inventario (doc. B), ha fatto spiccare nei suoi confronti il PE n. 13801 dell'UEF di R. per complessivi fr. 14'620.40 più interessi e fr. 774.-- per spese di ritenzione e esecutive (doc. C), cui l'escussa ha interposto opposizione. L'istanza di rigetto in via provvisoria dell'opposizione è stata ammessa solo limitatamente alla somma di fr. 3'700.60 più accessori (doc. D). Da qui la presente causa.
3. Dopo aver adito infruttuosamente l'Ufficio di conciliazione in materia di locazione, il locatore, con l'istanza in rassegna, ha chiesto la condanna di T. SA al pagamento del credito residuo di fr. 10'919.80 nonché il rigetto in via definitiva dell'opposizione interposta al PE. Egli ha in sostanza addotto che, diversamente da quanto ritenuto -oltretutto in una semplice procedura sommaria- dal primo giudice, la clausola di cui all'art. 5 non andava intesa nel senso che la pigione dovuta dalla convenuta corrispondeva al 10 % della cifra d'affari da lei conseguita, ma al contrario che le parti, fermo restando quel parametro, avevano in ogni caso concordato una pigione minima. Pure a torto il Giudice del rigetto aveva infine ritenuto infondate le pretese relative alle spese accessorie per la sua mora nell'esecuzione delle prestazioni di pubblicità.
La convenuta si è opposta all'istanza, sottolineando che l'intera problematica era già stata esaminata e dibattuta a suo tempo davanti al primo giudice, che per altro si era pronunciato con una sentenza cresciuta in giudicato, per cui l'interpretazione da dare alla clausola in questione poteva senz'altro essere dedotta da quel giudizio.
4. Con la sentenza
qui impugnata, il Pretore, richiamati i principi che reggono l'interpretazione dei
contratti, ha innanzitutto ritenuto che la clausola litigiosa avrebbe potuto essere
interpretata contra stipulatorem, ovvero a sfavore dell'istante, solo nel
caso in cui nessun altro metodo interpretativo fosse stato in grado di chiarirne
il senso. Nel caso di specie le prove agli atti permettevano tuttavia di confermare
l'esistenza dell'accordo sull'affitto minimo garantito: i doc. O e P, che riassumevano
il contenuto degli accordi preliminari relativi ai centri commerciali di M. e V.,
menzionavano espressamente la dicitura "affitto minimo garantito", per
cui si poteva senz'altro ritenere, anche perché la formulazione dei contratti era
sostanzialmente identica per i 3 oggetti, che anche per R. dovesse valere quel medesimo
principio; tale constatazione corroborava per altro quanto affermato dal teste G.,
responsabile del centro commerciale, il quale aveva dichiarato di aver spiegato
alla convenuta gli estremi del metodo di calcolo del canone di locazione per i 3
centri, con il previsto affitto minimo garantito; abbondanzialmente, a conferma
del fatto che quello era proprio il senso da attribuire alla clausola, la convenuta
aveva in precedenza già provveduto a saldare alcune fatture calcolate per l'appunto
secondo le modalità dell'affitto minimo garantito. Atteso che le pigioni
(fr. 11'467.--) e le spese accessorie (fr. 1'146.70 per le spese condominiali e
fr. 2'006.70 per le spese pubblicitarie) erano state calcolate correttamente, il
giudice di prime cure ha di conseguenza accolto l'istanza, tranne per quanto riguardava
la decorrenza degli interessi moratori e l'ammontare del credito oggetto del rigetto
dell'opposizione.
5. Con l'appello che qui ci occupa, avversato dall'istante, la convenuta chiede di riformare la sentenza pretorile nel senso di respingere integralmente l'istanza. A suo giudizio, l'istruttoria di causa non aveva permesso di smentire l'interpretazione della clausola fornita dal Tribunale di prima istanza non solo sulla base del principio in dubio contra stipulatorem, ma anche in forza del tenore letterale e di un'interpretazione teleologica: innanzitutto i doc. O e P erano irrilevanti, in quanto non era stato provato in che veste l'ing. P. e il signor F. avrebbero potuto vincolare la società con quei documenti, che per altro riguardavano i centri di M. e V.; il fatto che essa avesse ricevuto dall'istante alcune fatture che prevedevano una pigione calcolata sull'affitto minimo garantito, per altro allestite dalla controparte, era pure irrilevante, in quanto essa aveva comunque sempre contestato, sin dalla fase precontrattuale, quella interpretazione. Non corrispondeva infine al vero che le spese accessorie fossero state calcolate correttamente, tanto più che, come già risultava dall'analisi effettuata dal Tribunale di prima istanza di D., l'istante non aveva provato, documenti alla mano, di aver investito le somme ricevute dai conduttori per la pubblicità.
6. La prima censura d'appello ha per oggetto l'interpretazione da dare alla clausola di cui all'art. 5 del contratto di locazione. Si tratta in sostanza di stabilire se, nel caso in cui la convenuta non avesse raggiunto una determinata cifra d'affari, all'istante fosse comunque garantito un affitto minimo.
6.1 In base ai criteri abituali d'interpretazione, il contenuto di un determinato accordo viene stabilito in primo luogo mediante l'interpretazione soggettiva, ovvero sulla base della vera e concorde volontà dei contraenti (art. 18 cpv. 1 CO); solamente quando non esistono accertamenti di fatto sulla reale concordanza della loro volontà rispettivamente se il Giudice constata che una parte non ha compreso la volontà dell'altra, la loro presunta volontà viene accertata con un'interpretazione oggettiva / normativa, interpretando le dichiarazioni secondo il principio dell'affidamento, ovvero secondo il senso che ogni contraente poteva e doveva ragionevolmente attribuire alle dichiarazioni di volontà dell'altro nella situazione concreta (DTF 127 III 444 consid. 1b, 126 III 59 consid. 5b, 126 III 375 consid. 2e/aa, 123 III 165 consid. 3a; IICCA 9 maggio 2003 inc. n. 10.1997.35).
6.2 Nel caso di specie, come vedremo, le argomentazioni addotte dalla convenuta nel gravame non sono tali da smentire il giudizio reso dal Pretore sulla base di un'interpretazione soggettiva, per cui, già per questo motivo, è esclusa un'interpretazione sulla base del principio dell'affidamento o addirittura secondo il principio in dubio contra stipulatorem (che, come giustamente stabilito dal primo giudice, entra in considerazione solo quando nessun altro metodo interpretativo permette di chiarire il senso del contratto, (DTF 122 III 118 consid. 2d, 118 II 342 consid. 1a), come quella adottata dal Tribunale di prima istanza di D., oltretutto nell'ambito di una semplice procedura sommaria di rigetto dell'opposizione, che come tale non esplica l'effetto di cosa giudicata (Cocchi/Trezzini, CPC-TI, Lugano 2000, m. 34 ad art. 20 LALEF).
La convenuta non ha innanzitutto contestato in questa sede l'assunto pretorile secondo cui il teste G. avrebbe dichiarato di aver dettagliatamente spiegato alla convenuta il concetto di pigione con un affitto minimo garantito, circostanza questa che da sola permette di concludere che la clausola andava effettivamente interpretata come preteso dall'istante.
Oltremodo significativo è inoltre il fatto che la convenuta, con lettere 27 marzo, 8 giugno e 11 settembre 2000, prodotte da lei stessa sub act. 14/2, 14/9 e 14/10 nella procedura di rigetto dell'opposizione, qui richiamata, abbia formulato alla controparte la proposta di ridurre il canone di locazione dei 3 enti locati al 10 % delle cifre d'affari effettivamente realizzate.
Non è in ogni caso vero che le altre prove addotte dal Pretore a sostegno di questa argomentazione sarebbero in realtà irrilevanti. Quanto ai doc. O e P, va innanzitutto osservato che è solo in questa sede e dunque irritualmente (art. 321 cpv. 1 lett. b CPC, disposizione applicabile anche nelle procedure in materia di locazione, cfr. Cocchi/Trezzini, op. cit. m. 5 ad art. 321) che la convenuta ne ha contestato la rilevanza per il fatto che non sarebbe stato provato in che veste gli ing. P. e F., che secondo il teste G. sarebbero comunque stati i suoi interlocutori nella fase delle trattative preliminari (cfr. pure il tenore del doc. R), avrebbero potuto vincolarla; pacifico che i documenti in questione si riferiscano alle trattative relative ai centri di M. e V., la loro rilevanza è in ogni caso data dal fatto che queste ultime sono poi state concretizzate con la sottoscrizione dei doc. E e H, il cui art. 5 -come già accennato- era concettualmente identico, salvo per l'ammontare della cifra d'affari da conseguirsi, a quello sottoscritto successivamente per il centro R., che dunque dev'essere inteso nello stesso modo, tanto più che il teste G. ha espressamente confermato che anche il contratto di locazione di cui al doc. A era stato allestito in funzione dei doc. O e P. Quanto all'esistenza di tutta una serie di fatture emesse dall'istante e calcolate sulla base del concetto di affitto minimo garantito, si osserva che il Pretore, contrariamente a quanto ritenuto dalla convenuta, non si è limitato ad annotarne l'esistenza, circostanza questa sì che avrebbe potuto essere considerata irrilevante, ma ha altresì precisato, senza invero che la convenuta abbia avuto da obiettare in questa sede, che le stesse erano state in un primo momento onorate dalla convenuta, ciò che costituiva un serio indizio del fatto che esse riportassero correttamente il contenuto degli accordi intervenuti. Nulla prova infine che la convenuta, nonostante quanto da lei dichiarato nell'appello, abbia già preteso nella fase negoziale che la clausola dovesse essere intesa in tal senso.
7. Omissis.
8. Ne discende la reiezione del gravame, del tutto infondato.
La tassa di giustizia, le spese e le ripetibili seguono la soccombenza (art. 148 CPC).