La disdetta straordinaria per motivi gravi (art. 266g CO)
a cura del lic. iur. Davide Cerutti, Losanna

 

1. Introduzione

 

Con il presente contributo vorrei illustrare la tematica della disdetta straordinaria per motivi gravi (wichtige Gründe, justes motifs)1).

Lo scopo ricercato – forse un po’ troppo ambizioso – è la presentazione dei casi giurisprudenziali più significativi degli ultimi dieci anni all’incirca2) che hanno avuto per oggetto l’interpretazione e l’esegesi dell’art. 266g CO3).

 

Le sentenze sono state classificate in quattro categorie: generalità, casi in cui un motivo grave è stato ritenuto, situazioni che non hanno permesso l’applicazione dell’art. 266g CO e infine un breve sorvolo della situazione dei coinquilini in rapporto alla suddetta disposizione.

 

Tuttavia, prima di entrare nel vivo della disamina casistica è opportuno presentare brevemente alcuni punti prettamente teorici e dogmatici della disdetta sopraccitata.

 

2. Cenni iniziali

 

Tutti i contratti di durata (Dauerverträge, contrats de durée)4) forniscono alle parti la possibilità di essere disdetti qualora sopraggiungessero dei motivi gravi: locazione (art. 266g CO); affitto (art. 297 CO); lavoro (art. 337 CO, norma inderogabile tanto a svantaggio del datore di lavoro quanto del lavoratore, cf. art. 361 CO); tirocinio (art. 346 CO); agenzia (art. 418r CO) e vitalizio (art. 527 CO)5).

 

In materia di locazione, il CO conosce quattro casi di disdetta straordinaria: motivi gravi (art. 266g CO); fallimento del conduttore (art. 266h CO); morte del conduttore (art. 266i CO) e per le cose mobili (art. 266k CO).

Queste quattro risoluzioni contrattuali sono da affiancare dogmaticamente agli altri casi di rescissione straordinaria6), cioè: il mancato pagamento delle pigioni (art. 257d CO); la violazione del dovere di diligenza (art. 257f CO); l’inadempimento o esecuzione difettosa (art. 258 e 259b lit. a CO) e l’impossibilità dell’adempimento (art. 119 cpv. 2 CO)7).

 

3. L’articolo 266g CO

 

La regolamentazione prevista da questa disposizione è paritaria8), si applica cioè sia al locatore che al conduttore. Essa, inoltre, vale per tutti i tipi di locazione, sia essa di durata determinata o indeterminata9) e per tutti i beni, mobili o immobili10).

L’art. 266g CO costituisce un caso particolare della clausula rebus sic stantibus11). I partecipanti a un contratto stabiliscono i loro propri interessi fondandosi su presupposti ritenuti stabili, affidabili, non su circostanze cangianti, mutevoli12). Ciononostante alcuni rischi sono inerenti e immanenti ad ogni vincolo contrattuale13). Il principio della fedeltà contrattuale – pacta sunt servanda – che governa tutto il nostro codice delle obbligazioni14) prevede che i contraenti tengano fede agli impegni presi nonostante i possibili cambiamenti che potrebbero sopraggiungere15).

Però può accadere che i mutamenti siano di una rilevanza tale da alterare radicalmente i presupposti contrattuali16), il naturale ed equilibrato rapporto tra prestazione e controprestazione verrebbe meno e il divario tra di esse diventerebbe incommensurabile17) in modo che l’esigenza che le parti mantengano i propri obblighi creerebbe delle flagranti ingiustizie18) non tollerabili dall’ordinamento giuridico.

 

Per venire in soccorso ai contraenti, il Tribunale federale, in mancanza di una base legale adatta, ha forgiato la teoria dell’imprevisione19).

Alcuni contratti hanno regole proprie20), se il CO non prevede niente la dottrina indica cinque soluzioni21): l’interpretazione del contratto, il ricorso all’art. 24 cpv. 1 cifra 4 CO (errore su un elemento necessario del contratto), all’art. 119 CO (impossibilità), più in generale all’art. 2 CC e infine al potere creatore del giudice22).

 

Questa breve – ma forse tediosa – digressione non è però scevra di interesse poiché la modifica del diritto locativo ha influito anche sulla possibile invocazione della clausula. Infatti, come già enunciato, l’art. 266g CO è un caso di applicazione del suddetto istituto, pertanto nel caso in cui le condizioni dovessero mutare a tal punto che le prestazioni che devono fornire le due parti non fossero più equilibrate, la clausula non potrebbe venir invocata, ma ci si dovrebbe affidare all’art. 266g CO23).

 

L’articolo 266g CO è imperativo24), le parti cioè non possono derogarvi. Esse sono però libere di inserire nel loro contratto alcuni motivi gravi che permettano una disdetta straordinaria senza che siano motivi gravi ai sensi della disposizione legale25).

 

La disdetta fondata su questo articolo è sussidiaria alle altre straordinarie, considerate come leges speciales26). Se sono dati i presupposti di un’altra disdetta, sarà quest’ultima che si applicherà. Se ci si appiglia erroneamente all’art. 266g CO, non è più possibile correggere il tiro in seguito invocando un’altra norma27). La dottrina è divisa quanto a sapere come reagire se solo alcune condizioni delle altre disdette sono date: l’art. 266g CO si applicherà solo se elementi supplementari dimostrano che la continuazione del rapporto locativo è incomportabile28)?

 

I motivi invocati devono esistere al momento in cui si fanno valere, devono essere duraturi e non prevedibili alla conclusione del contratto29) e devono rendere oggettivamente intollerabile il prosieguo del contratto30), senza tuttavia escludere un’ottica soggettiva: devono apparire tali ad una persona media31).

 

Nonostante la formulazione del testo legale, “motivi gravi”, un solo motivo grave è sufficiente a fondare la disdetta e a renderla efficace32).

 

Qualora ci si avvalesse delle facoltà offerte da questo articolo si potrà dare la disdetta per una scadenza qualsiasi, il 15 di un mese per esempio, ma rispettando i termini legali33). Si potrà allora disdire il 15 giugno per il 15 settembre.

 

I motivi gravi, per concludere, permettono una resiliazione del contratto locativo anche durante i tre anni che seguono una procedura di conciliazione o giudiziaria (art. 271a cpv. 1 lit. e CO)34).

 

Dopo quest’infarinatura dottrinal-nozionistica, possiamo tuffarci nella giurisprudenza che ha interpretato l’art. 266g CO.

 

 

4. Analisi della giurisprudenza

 

4.1 Generalità

 

DTF 122 III 262, 5 giugno 1996, JdT 1997 I 13: i motivi gravi derivano da circostanze eccezionali, sconosciute e imprevedibili alla conclusione del contratto e che in più costituiscono un carattere grave e non imputabile al conduttore o al locatore. La gravità si misura paragonando la situazione attuale con quella esistente alla conclusione del contratto.

Cf. anche: TB VD, 27 ottobre 1993, CdB 1994 p. 109; TA TI, 4 ottobre 1996, DB 9 (1997) n° 9 p. 15.

TF, 24 ottobre 1994, DB 7 (1995) n° 8 p. 9: un avvenimento è imprevedibile non perché non ci siano motivi concreti che si realizzi, ma perché l’una o l’altra parte esclude assolutamente che possa verificarsi in futuro.

 

TF, 24 ottobre 1994, Rep. 127 (1994) n° 42 p. 336, CdB 1995 p. 65: la continuazione del rapporto locativo appare talmente insostenibile e grave da non poter essere giustificata nemmeno dalla presa in considerazione degli interessi del contraente. Il tutto deve essere interpretato secondo il caso concreto, la norma giuridica del caso, l’equità, il principio pacta sunt servanda, la sicurezza del diritto e l’interesse dell’altro al mantenimento del contratto.

 

TF, 22 luglio 1999, DB 12 (2000) n° 8 p. 17, MRA 2000 p. 230: la possibilità di denunciare il contratto per motivi gravi è sussidiaria alle altre norme di risoluzione.

 

TF, 3 ottobre 1995, mp 1996 p. 10, CdB 1996 p. 39: la disdetta per motivi gravi deve essere materialmente fondata, ciononostante i motivi che ne stanno alla base possono essere comunicati in seguito, anche pendente lite, alla condizione che suddetti motivi esistessero al momento della dichiarazione di disdetta, cioè i motivi gravi non devono figurare espressamente nella lettera di disdetta. Tuttavia tale manifestazione di volontà deve indicare che si tratta di una disdetta per motivi gravi, altrimenti sarà interpretata secondo il principio della fiducia (Vertrauensprinzip, principe de confiance)35).

Confermato da TF, 29 marzo 1996, DB 8 (1996) n° 12 p. 15; TF, 22 luglio 1999, MRA 2000 p. 230; TF, 24 gennaio 2001, 4C.16/2000; TF, 3 marzo 2003, 4C. 324/2002.

 

TF, 23 ottobre 1995, Rep. 128 (1995) n° 2 p. 8136): la disdetta straordinaria invocante motivi gravi che non si verificano in seguito, non diventa valida per il solo fatto di non essere stata contestata nel termine di 30 giorni davanti all’ufficio di conciliazione come prescrive l’art. 273 cpv. 1 CO. Tale disdetta è da considerarsi come disdetta nulla. Questa giurisprudenza è stata iniziata con DTF 121 III 156, 2 maggio 1995, JdT 1996 I 9137). Per la giurisprudenza precedente contraria, DTF 119 II 47,6 aprile 1993, JdT 1994 I 20538).

 

DTF 123 III 124, 27 febbraio 1997, JdT 1998 I 295: disdetta fondata a torto sull’art. 257f cpv. 3 CO. In principio, la nozione di diritto formatore proibisce la conversione dell’atto; tale idea è però limitata dal principio dell’applicazione d’ufficio del diritto da parte del giudice (iura novit curia). In più, colui che, basandosi su fatti ben determinati, fornisce una disdetta straordinaria non deve soffrire dell’invocazione erronea di una norma se un’altra disposizione può essere invocata a suffragio della sua manifestazione.

 

TS ZH, 19 ottobre 1998, MRA 1999 p. 146: il giudice può interpretare una disdetta straordinaria introdotta invocando l’art. 257f cpv. 3 CO come una disdetta straordinaria giusta l’art. 266g CO (principio di conversione).

 

TC VD, 30 gennaio 2002, MRA 2002 p. 198: un congedo straordinario del locatore per non rispetto della diligenza nei riguardi dei vicini può essere trasformato in una disdetta ordinaria? Il massimo tribunale vodese ha ammesso la conversione.

 

L’invocazione erronea di una disposizione speciale per la risoluzione del rapporto contrattuale – nei casi in esame, l’art. 257f cpv. 3 CO – non pregiudica la validità della disdetta notificata; tale disdetta sarà convertita in una per motivi gravi, poiché i presupposti dell’articolo invocato (257f cpv. 3 CO) non sono adempiuti. Le soluzioni proposte sono salomoniche – l’art. 266g CO prevede un termine di disdetta più lungo che l’art. 257 f cpv. 3 CO – ma prestano il fianco a critiche39) e sollevano qualche interrogativo in più. La dottrina è divisa in proposito40).

TF, 24 gennaio 2001, MRA 2001 p. 81, RSJ 98 (2002) n° 13 p. 334: si poneva il problema di sapere se l’atto compiuto si trattasse di una restituzione anticipata (art. 264 CO) o di una disdetta per motivi gravi (art. 266g CO). Il TF precisa che se, da una manifestazione scritta (del conduttore), traspare secondo la buona fede l’intenzione di avvalersi della facoltà prescritta dall’art. 264 CO, quest’interpretazione esclude una qualificazione dello scritto come disdetta per motivi gravi41). Tuttavia i motivi gravi non devono figurare espressamente nella lettera di disdetta42).

 

TF, 28 ottobre 2003, 4C. 201/2003: un motivo grave, giusta l’art. 266g CO, può risultare da un’altra relazione contrattuale strettamente vincolata alla locazione da un punto di vista economico e giuridico (in casu, il motivo grave risiedeva in un contratto d’appalto avvinto alla locazione).

 

DTF 123 III 124, citato: i giudici di Mon Repos hanno lasciato indecisa la questione di sapere quale termine deve rispettare il locatore che intende disdire una locazione fondandosi sull’art. 107 CO, quello dell’art. 257d CO o quello dell’art. 266g CO43)?

 

4.2 Situazioni che fondano una disdetta per motivi gravi

 

TS BL, 17 novembre 1992, BJM 1992 p. 252: il fatto che il conduttore moroso si lasci sempre comminare il termine dell’art. 257d CO può costituire un motivo grave di disdetta.

 

CJ GE, 27 marzo 1995: sublocazione. Non essendo stato richiesto il consenso del locatore, che anzi si è trovato di fronte al fatto compiuto, la sublocazione è illecita e fonda un motivo grave di disdetta del contratto dopo però una messa in mora.

 

CJ GE, 12 aprile 1999: pigione della sublocazione. Se c’è un aumento del 15% della pigione in caso di sublocazione, quest’aumento è abusivo44). Non si perda però di vista l’art. 262 cpv. 2 lit. b CO. Tali condizioni abusive possono determinare, dopo messa in mora, la disdetta per cause gravi.

 

DTF 122 III 262, 5 giugno 1996, JdT 1997 I 18: situazione finanziaria deteriorata (in casu, l’ex-marito non può più pagare i 1450 franchi di pensione alimentare mensile dovuti alla moglie e il compagno della donna non paga più la sua parte della pigione).

 

TA TI, 9 settembre 1996, DB 9 (1997) n° 10 p. 15: è un motivo grave l’aggravarsi dello stato di salute del conduttore.

 

TA TI, 4 ottobre 1996, DB 9 (1997) n° 9 p. 15: lo stato di salute (in casu, ernia discale implicante due interventi chirurgici nell’arco di tre anni, la prima nel 1992 e la seconda nel 1995; contratto stipulato nel 1992) è un motivo grave di disdetta.

 

TF, 31 agosto 2001, CdB 2001 p. 102: esiste un motivo grave quando lo stato di salute del conduttore non gli permette di usufruire del bene locato (in casu, paura da panico – che può essere considerata alla stregua delle malattie gravi – in seguito all’effrazione e al furto subiti dal conduttore il giorno seguente l’entrata nel bene locato).

 

TD SZ, 24 aprile 1997, RSJ 95 (1999), p. 53: il fatto che il locatore commetta coazione sessuale sul figlio dei conduttori, non è sanzionabile come difetto dell’ente locato (art. 259b lit. a CO) ma eventualmente come motivo grave di disdetta (art. 266g CO).

TB VD, 30 marzo 1998, CdB 1999 p. 30: la detenzione preventiva di durata indeterminata può costituire un motivo grave di disdetta.

 

TF, 28 ottobre 2003, 4C.201/2003: costituisce un motivo grave di disdetta la reiterata violazione di un contratto d’appalto, da parte dell’appaltatore-conduttore, giuridicamente e economicamente vincolato al contratto di locazione.

 

4.3 Fatti che non sono motivi gravi di disdetta

 

TF, 3 ottobre 1995, DB 9 (1997) n° 6 p. 9: le difficoltà finanziarie allegate non sono così gravi da permettere una disdetta straordinaria a ragione del corto periodo di tempo tra la firma del contratto e la disdetta. La pigione pagata – 1'700 franchi mensili, spese comprese – infatti non costituiva una parte preponderante delle spese generali del conduttore (in casu, una SA). A contrario è possibile dedurre che una crisi economica sostenuta e duratura costituisca un motivo grave di disdetta.

 

TC JU, 29 aprile 1992, RJJ 1992 p. 324: possedere un animale domestico contro i dettami del contratto di locazione, ma con l’accordo tacito del proprietario della casa – sapeva dell’animale e lo ha tollerato per cinque anni – non può costituire, per il locatore, un motivo grave di disdetta, a meno di un avvertimento anteriore nel quale affermi di non tollerare più tali violazioni in futuro. Tuttavia, in alcuni casi, la situazione venutasi a creare è a tal punto irreversibile da non poter più permettere una simile disdetta; per esempio quando il legame affettivo tra il padrone e l’animale è molto intenso45). Sul rapporto tra animali e diritto locativo, cf. da ultimo: TF, 3 marzo 2003, 4C.324/2002.

 

TF, 24 ottobre 1994, Rep. 127 (1994) n° 42 p. 336, CdB 1995 p. 65: non costituisce un motivo grave, sufficiente a risolvere il contratto di locazione, il fatto che il conduttore, per motivi professionali è costretto a cambiare domicilio (in casu, trasferimento dal Ticino a Zurigo per mantenere il posto di lavoro pena il licenziamento) poiché tale fatto non è imprevedibile al momento in cui si sigla il contratto46).

CJ GE, 23 gennaio 1995: la crisi economica non può essere invocata in abstracto. La parte che intende prevalersene deve provare che la sua situazione è catastrofica (in casu, questa prova non è stata riportata, si trattava di un licenziamento di una parte del personale e della morte dell’amministratore).

 

TF, 2 maggio 1995, CdB 1995 p. 97, DB 8 (1996) n° 13 p. 16: non sono motivi gravi né le circostanze potenzialmente realizzabili in futuro, di cui un uomo d’affari premuroso avrebbe dovuto tenere conto, né le semplici fluttuazioni degli affari o della congiuntura economica. L’imprevedibilità e la gravità, condizioni richieste per disdire anticipatamente il contratto giusta l’art. 266g CO, non sono realizzate da difficoltà finanziarie non dovute a improvvise e gravi crisi economiche affliggenti un vasto settore dell’economia.

 

TA TI, 4 settembre 1996, Rep. 129 (1996) n° 61 p. 208, RSJ 94 (1998) p. 499: non è necessariamente un motivo grave giustificante la disdetta straordinaria lo scarso innevamento di una località sciistica situata a bassa quota.

 

DTF 123 III 124, citato: clausola contrattuale in virtù della quale il conduttore garantisce che non verrà iscritta alcuna ipoteca legale di artigiani e imprenditori (art. 839 ss CC) durante il rapporto locativo. Il conduttore ne fa iscrivere una e, nonostante la protesta scritta del locatore, non la fa radiare dal registro fondiario. Questo locatore viola il contratto e si trova nella situazione di un debitore in mora. La disdetta non può essere fondata né su l’art. 257d CO, né su 257f cpv. 3 CO né su 266g CO, ma deve essere data in virtù degli artt. 107 e 108 CO 47) .

Confermata da TF, 23 novembre 1998, Rep. 131 (1998) n° 43 p. 227 nota 1.

 

TF, 22 luglio 1999, DB 12 (2000) n° 17 p. 17, MRA 2000 p. 230: i disturbi causati da vicini o terze persone (in casu, orinare sulle scale e rumori ripetuti) sono difetti del bene locato imputabili al locatore e non possono essere invocati sulla base dell’art. 266g CO.

 

 

 

4.4 Il caso particolare dei coinquilini

 

Un contratto di locazione può presentare una pluralità di persone nel ruolo di una parte – locatore o conduttore –, qualora questa ipotesi si verificasse, il contratto si direbbe collettivo48).

 

TB VD, 27 ottobre 1993, CdB 1994 p. 109: il conduttore, responsabile in solido, non può invocare l’esistenza di un motivo grave che affligge solo il suo coinquilino per essere liberato anche lui dai suoi obblighi verso il locatore (in casu, malattia grave dei polmoni di A, non è stato provato che l’aggravarsi della malattia fosse determinato dall’ente locato, ma B non ne soffriva; la disdetta fondata sull’art. 266g CO non è stata considerata valida)49).

 

TB VD, 30 marzo 1998, CdB 1999 p. 30: qualora dei coinquilini volessero mettere fine a una locazione comune invocando motivi gravi, è necessario che il prosieguo del contratto diventi incomportabile per tutti (in casu, detenzione preventiva di durata indeterminata – di per sé motivo grave di disdetta – di A; B non ha fornito alcun elemento (art. 8 CC) indicante che la continuazione della locazione gli fosse incomportabile).

 

TF, 4 aprile 2002, 4P.327/2001: firmando il contratto di locazione, congiuntamente e in solido con A, B ha creato l’apparenza di una società semplice. Il principio di indivisibilità della disdetta si oppone a qualsiasi disdetta unilaterale di un coinquilino, fosse anche dettata da motivi gravi.

 

5. Conclusioni

 

Questo breve sorvolo pindarico delle ultime giurisprudenze in merito all’art. 266g CO avrà adempiuto appieno al suo intento se saprà fornire qualche elemento utile, o almeno qualche spunto, per il lavoro quotidiano degli Uffici di conciliazione, dell’ASI, della CATEF e di tutti gli addetti ai lavori.

 

nota 1

Come si può subito notare la terminologia non è uniforme nelle tre lingue nazionali. Questa discordanza non ha però influito sul significato che i tribunali hanno conferito alla gravità dei motivi che giustificano una disdetta straordinaria secondo l’art. 266g CO.

 

nota 2

Dalla revisione del CO, con la LF del 15 dicembre 1989, in vigore dal 1° luglio 1990 (FF 1985 I 1202; RU 1990 pp. 802 ss).

 

nota 3

Ho deciso di limitare l’analisi a quei casi portati davanti a tribunali di ultima istanza, sia essa cantonale o federale, poiché l’accesso alla giurisprudenza degli uffici di conciliazione è alquanto difficoltosa, visto che non tutti i cantoni dispongono di uno strumento adeguato come la presente Raccolta.

 

nota 4

Per questi tipi di contratti la disdetta (die Kündigung, la résiliation) è il tipico atto finale: Higi Peter, Mietvertragkündigung – nichtig, ungültig oder gültig und anfechtbar?, in RSJ 91 (1995), p. 225; per approfondire l’argomento dei contratti di durata e la loro fine, cf. Gauch Peter, System der Beendigung von Dauerverträgen, tesi Friborgo 1968; Cherpillod Ivan, La fin des contrats de durée, Losanna 1988.

 

nota 5

Per un riepilogo dei principi, cf. DTF 128 III 428, 3 aprile 2002 (in casu: contratto di mutuo e disdetta per motivi gravi).

 

nota 6

Zihlmann Peter, Das Mietrecht, 2a edizione, Zurigo 1995, p. 107; Higi Peter, Commentario zurighese, diritto delle obbligazioni, parte V 2b, art. 266-268b CO, 4a edizione, Zurigo 1995, ad art. 266g CO, n° 13 p. 148.

 

nota 7

L’analisi della differenza sostanziale tra impossibilità seguente oggettiva non colpevole dell’art. 119 CO, la nozione di difetti gravi giusta l’art. 259b lit. a CO e la disdetta per motivi gravi è certo interessante, ma non può purtroppo trovare spazio in questo contributo.

 

nota 8

Zihlmann (nota 6), p. 108; Weber Roger/Zihlmann Peter, Commentario dell’art. 266g CO, in Heinrich Honsell/Nedim Peter Vogt/Wolfgang Wiegand, Commentario basilese, diritto delle obbligazioni I, art. 1-529 CO, 2a edizione, Basilea 1996, n° 2 p. 1497.

 

nota 9

Zihlmann (nota 6), p. 108; Higi (nota 6), n° 4 p. 148; Weber/Zihlmann (nota 8), n° 2 p. 1497; Engel Pierre, Contrats de droit suisse: traité des contrats de la partie spéciale du Code des obligations, de la vente au contrat de société simple, articles 184 à 551 CO, ainsi que quelques contrats innommés, 2a edizione, Berna, 2000, p. 185; Lachat David/Stoll Daniel/Brunner Andreas, Das Mietrecht für die Praxis, 4a edizione, Zurigo 1999, p. 488.

 

nota 10

SVIT, Schweizerisches Mietrecht Kommentar, 2a edizione, Zurigo 1998, ad art. 266g CO, n° 2 p. 508.

 

nota 11

Zihlmann (nota 6), p. 109; Higi (nota 6), n° 6 p. 148; Weber/Zihlmann (nota 8), n° 1 p. 1497; Lachat David, Le bail à loyer, Losanna 1997, p. 441; Lachat/Stoll/Brunner (nota 9), p. 488. Sulla genesi filosofica e il suo prolungamento attuale cf. Deschenaux Henri, Le titre préliminaire du Code civil suisse, Traité de droit civil suisse, tome II, 1, Friborgo 1969, §19, VIII, pp. 183-193; Thilo E., De la clausula rebus sic stantibus, in JdT 1936 I 162; Tercier Pierre, La "clausula rebus sic stantibus" en droit suisse des obligations, in JdT 1979 I 194.

 

nota 12

Engel Pierre, Traité des obligations en droit suisse: dispositions générales du CO, 2a edizione, Berna 1997, p. 785.

 

nota 13

Engel (nota 12), p. 785.

 

nota 14

CJ GE, 5 giugno 1964, SJ 1965 p. 472

 

nota 15

DTF 120 II 155 (166), 19 aprile 1994, JdT 1995 I 218.

 

nota 16

Engel (nota 12), p. 786.

 

nota 17

Engel (nota 12), p. 786.

 

nota 18

Engel (nota 12), p. 786.

 

nota 19

DTF 59 II 372, 10 ottobre 1933, JdT 1936 I 162; DTF 100 II 345, 26 settembre 1974, JdT 1975 I 614.

 

nota 20

Come la locazione, art. 266g CO o il contratto di lavoro, art. 337 CO. Tutti i contratti di durata prevedono la disdetta per motivi gravi, o in caso di fallimento o peggioramento finanziario del debitore. La regola chiave si trova nel contratto di appalto, art. 373 cpv. 2 CO. Per maggiori dettagli, cf. Schwenzer Ingeborg H., Schweizerisches Obligationenrecht: allgemeiner Teil, 2a edizione, Berna 2000, pp. 221-224.

 

nota 21

Engel (nota 12), p. 788, Schwenzer (nota 20), p. 222.

 

nota 22

È importante distinguere concettualmente questi cinque casi, ma non è possibile soffermarci ulteriormente sulla loro analisi. Per maggiori ragguagli, cf. Engel (nota 12), pp. 789 ss.

 

nota 23

L’invocazione della clausula era però ancora possibile con il vecchio diritto. Ora non lo è più poiché l’art. 266g cpv. 2 CO permette al giudice di statuire sulle conseguenze pecuniarie della disdetta: Zihlmann (nota 6), p. 109; Higi (nota 6), n° 20 ss pp. 152 ss; Lachat (nota 11), p. 441 nota 72. Per un’applicazione della clausula con il vecchio diritto: DTF 47 II 314, 14 luglio 1921, JdT 1921 I 561; DTF 59 II 372, 10 ottobre 1933, JdT 1936 I 162.

 

nota 24

La dottrina è però divisa: per Lachat (nota 11), p. 443; SVIT (nota 10), n° 1 p. 508; Lachat/Stoll/Brunner (nota 9), p. 491 esso è completamente imperativo; mentre per Higi (nota 6), n° 5 ss p. 148 la regolamentazione è imperativa solo nella misura in cui non si può escludere il diritto a disdire per motivi gravi, né si possono prevedere termini di disdetta più lunghi. Le parti, a detta di quest’ultimo autore, restano però libere di accorciare i termini di preavviso o di abrogarli del tutto e di eliminare l’indennità. Contro quest’ultima affermazione, Lachat (nota 11), p. 444, scaglia i suoi strali.

 

nota 25

Higi (nota 6), n° 8 p. 148.

 

nota 26

Higi (nota 6), n° 13 p. 150; Lachat (nota 11), p. 441; Lachat/Stoll/Brunner (nota 9), p. 488.

 

nota 27

Già nel vecchio diritto, cf. TS ZH, 11 marzo 1974, ZR 73 (1974) n° 70 p. 173, che sostiene che il conduttore non può scegliere se disdire secondo l’art. 266g CO o un’altra norma poiché le condizioni di applicazione sono diverse.

 

nota 28

A favore di questa soluzione: Lachat (nota 11), p. 442; contrari: Higi Peter, Commentario zurighese, diritto delle obbligazioni, parte V 2b, art. 253-265 CO, 3a edizione, Zurigo 1994, ad art. 257f CO, n° 87 p. 337; Higi (nota 6), n° 16 p. 151; Weber/Zihlmann (nota 8), n° 4 p. 1498.

 

nota 29

Higi (nota 6), n° 40 p. 157; Lachat (nota 11), p. 442. Se le circostanze sono prevedibili si applicheranno gli artt. 23 s. CO.

 

nota 30

Higi (nota 6), n° 11 p. 150; Lachat (nota 11), p. 442.

 

nota 31

Higi (nota 6), n° 11 p. 150; Lachat (nota 11), p. 442.

 

nota 32

Higi (nota 6), n° 29 p. 154.

 

nota 33

Zihlmann (nota 6), p. 108; Lachat (nota 11), p. 443. Rimane riservata la scelta della dottrina che si vuole seguire e presentata qui sopra alla nota 25.

 

nota 34

Cf. art. 271a cpv. 3 lit. e CO. Per la giurisprudenza, cf. da ultimo, TF, 3 marzo 2003, 4C.324/2002.

 

nota 35

Che vuole che il destinatario di una disdetta straordinaria deve poter capire che la manifestazione di volontà che riceve non equivale ad una disdetta ordinaria, anche se non è necessario che le circostanze concrete che si invocano siano già enumerate nella lettera di disdetta. Sul principio evocato, cf. in particolare: Morin Ariane, La responsabilité fondée sur la confiance: étude critique des fondements d’une innovation controversée, tesi di dottorato Ginevra, Basilea 2002.

 

nota 36

Il TF conferma una sentenza del TA TI, che è pubblicata in Rep. 128 (1995) n° 43 p. 192.

 

nota 37

Per un commento a questa sentenza, cf. Calamo Christian, Nichtigkeit, Unwirksamkeit und Anfechtbarkeit von Kündigungen, in PJA 1996 p. 94; per una critica, cf. Siegrist Jean-Marc, Les congés inefficaces, in CdB 1996 p. 1.

 

nota 38

Per un’analisi della giurisprudenza, tacciata di cangiante, Higi (nota 4), pp. 225 ss.

 

nota 39

Sic, Maag Andreas, nel commento che segue la sentenza in MRA.

 

nota 40

Contro una conversione di una disdetta straordinaria in una ordinaria, Higi (nota 28), n° 72 p. 330 e n° 86 p. 336; Lachat (nota 11), p. 426; a favore di una tale soluzione, SVIT 1a ed., ad art. 257f CO (opinione comunque radicalmente modificata nella 2a ed., ad art. 257f CO, n° 53 p. 196, dove gli autori si esprimono contro una simile conversione); Corboz Bernard, Les congés affectés d’un vice, in 9ème Séminaire sur le droit du bail, Neuchâtel 1996, p. 26 invece propone un’analogia con l’art. 266a cpv. 2 CO e la conversione sarebbe da ammettere se le date risultanti dalle presa in considerazione dei due tipi di disdetta sono ravvicinate.

 

nota 41

Sic, TF, 3 ottobre 1995, citato.

 

nota 42

contra Higi (nota 6), n° 54 p. 161.

 

nota 43

L’art. 107 CO tratta della mora nell’adempimento. In quest’ipotesi, il creditore deve comminare un congruo termine al debitore affinché quest’ultimo si conformi alle obbligazioni assunte; se non dovesse rispettare tale termine, il creditore potrebbe, tra i vari rimedi, risolvere il contratto. Il termine di resiliazione da osservare non è fissato nel diritto generale della mora. Come si può notare, ci sono forti similitudini con il meccanismo instaurato dall’art. 257d CO – mora nel pagamento delle pigioni, cioè mora nell’adempimento dell’obbligazione principale a carico del conduttore –, ma l’art. 257d CO è una disposizione speciale; ora, non trovandoci in una casistica contemplata da questo articolo, sarebbe ipotizzabile il ricorso, per la fattispecie evocata dalla DTF citata, ricorrere all’art. 266g CO; la giurisprudenza sul vecchio diritto sembreva prevedere una resiliazione immediata: DTF 97 II 58, 30 marzo 1971. cf. la diatriba dottrinale citata alla nota 28.

 

nota 44

Cf. CAB GE, 9 ottobre 1992, CdB 1992 p. 122; TF, 30 settembre 1993, SJ 1994 p. 1.

 

nota 45

Per un caso d’applicazione sotto il vecchio diritto, cf. TC NE, 29 novembre 1960, RSJ 57 (1961) n° 142 p. 357.

 

nota 46

Sic già sotto il vecchio diritto, DTF 63 II 79, 23 febbraio 1937. Questa giurisprudenza è opinabile, poiché troppo restrittiva. Sarebbe infatti opportuno mettere sui piatti della bilancia l’interesse pecuniario del locatore e quello del conduttore di poter cambiare luogo di lavoro. Forse è difendibile la tesi dei giudici di Losanna secondo la quale oggi non è imprevedibile di dover cambiare luogo di lavoro visto la tanto decantata flessibilità del lavoratore; è però vero che molte persone sono alla ricerca di un posto di lavoro fisso e che l’ondata di licenziamenti non è più consona, a mio parere, ad una simile giurisprudenza. È vero che una decisione giudiziaria non deve essere presa partendo dalla conclusione cui si vuole giungere, ma anche i tribunali dovrebbero far prova di una certa dose di flessibilità e di permeabilità sociale. È una pura questione di apprezzamento, ma mi sembra più consono ammettere la disdetta per motivi gravi, poiché il giudice apprezzerà i risvolti economici e non penso che il locatore ne esca troppo penalizzato. Un altro elemento da tenere in considerazione è la saturazione o meno del mercato locativo.

 

nota 47

Cf. tuttavia per le difficoltà insite nell’attuazione di tale disposizione il commento sviluppato qui sopra alla nota 43.

 

nota 48

TF, 10 settembre 2002, 4C. 6/2002. In dottrina, cf. in particolare: Schmid Hans, Der gemeinsame Mietvertrag, in RSJ 87 (1991), p. 349; Weber Roger, Der gemeinsame Mietvertag, Zurigo 1993.

 

nota 49

Nel commento che segue la sentenza, P. W. ritiene che una tale giurisprudenza sarebbe contraria alla ratio legis dell’articolo in questione e all’essenza stessa del contratto comune. La sua critica trova tutto il mio appoggio.