GDL 7/15: REQUISITI DI UNA DISDETTA PER GRAVI MOTIVI
II Camera Civile del Tribunale di Appello in re C./J. del 4 maggio 2001
15. art. 266g CO
REQUISITI DI UNA DISDETTA PER GRAVI MOTIVI
Per "motivi gravi" la legge intende delle circostanze eccezionali , sconosciute e imprevedibili al momento della conclusione del contratto. Può trattarsi sia di circostanze oggettive di carattere generale sia di motivi soggettivi , purché si tratti di motivi non ascrivibili a chi pronuncia la disdetta , che rendano la continuazione del contratto talmente insostenibile da non essere più giustificata , pur considerando anche gli interessi della controparte.
La disdetta deve essere significata immediatamente dopo l' avverarsi del motivo grave.
II Camera Civile del Tribunale di Appello in re C./J. del 4 maggio 2001
Estratto dai considerandi:
In diritto:
1.Omissis
Per l' art. 266g cpv. 1 CO , ciascuna delle parti può , per motivi gravi che le rendano incomportabile l' adempimento del contratto di locazione , dare la disdetta osservando il termine legale di preavviso per una scadenza qualsiasi. La norma concretizza il principio della clausula rebus sic stantibus; in altri termini la legge concede ad entrambi i partner contrattuali la possibilità (eccezionale) di disdire anzitempo la locazione , qualora intervenga un considerevole mutamento delle circostanze non prevedibili al momento della conclusione del contratto (Higi , Commentario zurighese , n. 6 e 31 ad art. 266g CO; Wessner , La résiliation du bail à loyer pour justes motifs , in: 10. Séminaire sur le droit du bail , Neuchâtel 1998 , pag. 15 e segg.; Zihlmann , Das Mietrecht , Zurigo 1995 , pag. 108; IICCA 10 giugno 1997 in re R./G. , 25 luglio 2000 in re B./K. , 10 agosto 2000 in re M./M.).
Per "motivi gravi" la legge intende delle circostanze eccezionali , sconosciute e imprevedibili al momento della conclusione del contratto (o di un suo rinnovo) , laddove può trattarsi sia di circostanze oggettive di carattere generale , ma anche di motivi soggettivi , riguardanti sia la persona che disdice il contratto che la controparte , ma deve in ogni caso trattarsi di motivi non ascrivibili a chi pronuncia la disdetta (Higi , op. cit. , n. 36 e segg. ad art. 266g CO; Wessner , op. cit. , pag. 17; IICCA 19 aprile 1994 in re C. SA/K.) , che rendano la continuazione del contratto talmente insostenibile da non essere più giustificata pur considerando anche gli interessi della controparte (Higi , op. cit. , n. 29 e seg. ad art. 266g CO; Wessner , op. cit. , p. 17; DTF 122 III 262; ICCTF 24 ottobre 1994 in re K./C. SA , consid. 1a con rif.; IICCA 14 gennaio 1994 in re A./B. e Ic. , 10 giugno 1997 in re R./G. , 25 luglio 2000 in re B./K. , 10 agosto 2000 in re M./M.). Ovviamente , i motivi gravi fatti valere dalla parte disdicente devono già essere presenti al momento dell' inoltro della disdetta (Higi , op. cit. , n. 40 ad art. 266g CO; Wessner , op. cit. , pag. 23; DB 1997 n. 6 n. 4). Essa deve infine essere significata immediatamente dopo l' avverarsi del motivo grave , ritenuto che un ritardo nella notifica permette di concludere che la continuazione della locazione non sia insostenibile (Higi , op. cit. , n. 33 ad art. 266g CO; Wessner , op. cit. , pag. 23). L' autorità giudiziaria deve decidere tale questione tenendo conto di tutte le circostanze della fattispecie , così come prescritto dall' art. 4 CC (Lachat , Le bail à loyer , Losanna 1997 pag. 442; Svit , Schweizerisches Mietrecht , 2 ed. , Zurigo 1998 , n. 10 ad art. 266g CO; Higi , op. cit. , n. 30 ad art. 266g CO; Wessner , op. cit. , pag. 15; ICCTF 23 novembre 1998 in re F./R.; Rep. 1998 , 228).
L' istante afferma in primo luogo di aver dovuto disdire il contratto di sublocazione per motivi gravi , e meglio per evitare che l' importatore avesse a mettere in atto la minaccia , ventilata nel doc. E e motivata con l' inadeguatezza del servizio dopo-vendita offerto ai suoi clienti , di rescindere il contratto di concessionario locale concluso con lui. Ma non è così.
Innanzitutto si osserva che l' importatore , auspicando "la mise en place rapide d' un nouvel atelier" (doc. E) non ha assolutamente imposto all' istante di risolvere il contratto di sublocazione. Ciò è stato del resto ammesso dallo stesso istante sia avanti all' Ufficio di conciliazione , ove ha specificato che lo scopo della diffida era di consentirgli di trovare una diversa soluzione (verbale 4 ottobre 1999) , sia avanti al Pretore (istanza pag. 4).
Quanto ai problemi nel servizio dopo-vendita , alla base di tale diffida , l' istruttoria ha permesso di accertare - a ben vedere , la circostanza , non essendo stata debitamente contestata in replica , era in ogni caso già da ritenersi assodata (Cocchi/Trezzini , CPC-TI , Lugano 2000 , m. 2 ad art. 175) - che gli stessi si limitavano di fatto ai servizi dei 1000 km che il convenuto aveva temporaneamente sospeso in quanto l' istante rifiutava di pagarglieli - gli altri servizi (cfr. doc. 7) e gli interventi in garanzia (cfr. doc. 10) non avevano per contro dato problemi particolari ed erano continuati - ciò che del resto è provato dal fatto che non appena la questione è stata risolta , con il riconoscimento a favore del convenuto di fr. 70.-- per ogni servizio (cfr. doc. 6) , la collaborazione tra le parti è ripresa. Ebbene , è certamente a torto che il primo giudice ha concluso che il convenuto non avesse diritto ad essere remunerato per tali prestazioni: è vero che l' art. 3.1 delle disposizioni e condizioni generali per il concessionario locale (doc. D) , il cui senso è quello di porre a carico del concessionario locale che ha venduto una vettura il costo del servizio dei 1000 Km in ragione di fr. 100.-- , non è direttamente applicabile nei confronti del convenuto , che non è in effetti parte di quel contratto né è un concessionario X.; è però altrettanto vero che l' istante , non effettuando il servizio dei 1000 Km né facendolo svolgere da altri concessionari cui avrebbe dovuto bonificare fr. 100.-- previsti dal contratto , di fatto ha conseguito un risparmio in tale misura; ritenuto che per il cliente tale servizio è gratuito e che lo stesso non è a carico dell' importatore , ma dunque dell' istante , concessionario locale , è proprio a quest' ultimo che vanno caricate le prestazioni svolte dal convenuto - cui per altro , d' accordo l' istante , i clienti erano stati indirizzati - non essendo usuale nel settore che le stesse avvengano gratuitamente , tanto più che le parti sono professionisti. Appurato con ciò il diritto del convenuto ad essere pagato per tali prestazioni (il loro ammontare dipenderà dal contratto tra le parti o dalle tariffe di categoria) ed il mancato pagamento da parte dell' istante , è senz' altro a ragione che il convenuto in applicazione dell' art. 82 CO ha sospeso quei servizi fino al definitivo chiarimento della questione. Se ne deve pertanto concludere che la sospensione dei servizi e con ciò anche la diffida dell' importatore , che ne era seguita , non erano assolutamente ascrivibili al convenuto , bensì all' istante.
A prescindere da quanto precede , va infine rilevato che la diffida è stata data anche per altri motivi , segnatamente per il fatto che l' istante non aveva raggiunto gli obiettivi di vendita prefissati rispettivamente aveva omesso di partecipare ai corsi di aggiornamento e di ritirare parte delle apparecchiature messe a disposizione dell' importatore (teste Y.). Trattandosi anche in questo caso di circostanze ascrivibili all' istante , a quest' ultimo è precluso , in tali circostanze , la facoltà di far capo a una disdetta straordinaria (cfr. consid. 3).
L' istante ritiene che in ogni caso la grave inimicizia tra le parti , comprovata dall' esistenza di tutta una serie di cause giudiziarie , dallo scambio di fatture "strane" e dal fatto che il convenuto avrebbe trattato male alcuni suoi clienti rispettivamente ostacolato alcune sue iniziative , sarebbe senz' altro tale da giustificare la disdetta per motivi gravi , tanto più che a diverse riprese la pigione sarebbe stata pagata in ritardo. A torto.
L' istruttoria ha effettivamente permesso di stabilire che , oltre alle due procedure conciliative o giudiziarie di cui già si è detto , risoltesi entrambe con una transazione , tra le parti ve ne sono state altre due: la prima , concernente la nullità di una disdetta non significata su formulario ufficiale , è stata evasa nell' ottobre 1998 con la rinuncia del sublocatore alla stessa (cfr. doc. 3); della seconda , concernente il rimborso di un prestito concesso a suo tempo dal sublocatore , non è per contro noto l' esito. Ora , tutte queste vertenze - tranne l' ultima , di cui nemmeno è nota la data d' inizio - sono state avviate tra il giugno e l' ottobre 1998 (cfr. inc. richiamati). In base ai principi dottrinali evocati in precedenza , esse non possono pertanto giustificare una disdetta significata a oltre 8-12 mesi di distanza , nel giugno 1999. Pur potendosi ammettere che le stesse possano aver eventualmente pregiudicato o comunque deteriorato il rapporto tra le parti , nulla permette (ancora) di concludere che vi fosse oggettivamente una grave inimicizia e non piuttosto una - ancorché complessa - divergenza d' opinione (Higi , op. cit. , n. 49 ad art. 266g CO; IICCA 10 agosto 2000 in re M./M.).
Lo scambio di fatture "strane" - con il doc. 8 l' istante aveva chiesto al convenuto il pagamento di fr. 23' 070.55 (per allestimento di fatture durante 3 anni , ammortamento computer e tempo per accompagnare i suoi clienti) , mentre con il doc. G il convenuto aveva fatturato alla controparte fr. 38' 216.25 (per piccole riparazioni e tempo per accompagnare i suoi clienti) - non può a sua volta assurgere a valido motivo per la disdetta straordinaria , la circostanza non essendo in ogni caso imputabile al convenuto. Innanzitutto si osserva che la prima fattura emana dall' istante , mentre il convenuto si è limitato ad allestire una risposta di quello stesso tenore. Oltretutto , la fattura dell' istante costituiva la reazione al fatto che in precedenza il convenuto aveva osato chiedere di essere retribuito per i servizi dei 1000 Km (doc. H) , remunerazione che - come detto - gli era dovuta. L' episodio dello scambio di fatture risale in ogni caso ad oltre 5 mesi prima della disdetta straordinaria , periodo di riflessione che appare decisamente eccessivo per raffronto a quanto teorizzato dalla dottrina , che esige la pronuncia della disdetta direttamente dopo che si è prodotto il motivo grave (Higi , op. cit. , n. 59 ad art. 266g CO; Wessner , op. cit. , pag. 23).
L' istante non può nemmeno rimproverare al convenuto di aver trattato male alcuni suoi clienti. Mentre la deposizione del teste Y. , che sulla particolare questione si limita a riferire quanto riportatogli da altri , è priva di valenza probatoria (Cocchi/Trezzini , op. cit. , m. 1 ad art. 237) , il teste P. si è limitato ad affermare , in maniera assai vaga , che il convenuto avrebbe fatto alcune affermazioni in modo "poco professionale". Quanto al teste M. , lo stesso ha dichiarato di essere stato deriso dal convenuto: nell' occasione il cliente si era presentato al convenuto , lamentandosi per la mancata riparazione di un difetto all' accensione , al che il convenuto gli aveva fatto notare che il servizio in questione era stato eseguito da un altro garage; pur potendosi ammettere che il suo comportamento non sia stato professionalmente ineccepibile , lo stesso nelle particolari circostanze appare tutto sommato comprensibile. Entrambi gli episodi sono comunque successivi all' inoltro della disdetta e non possono dunque essere considerati causali per la stessa.
L' istante non può infine lamentarsi per il fatto che il convenuto se ne sia andato all' estero per alcuni giorni , allorché egli aveva organizzato un' esposizione , lasciando chiuso il magazzino , ciò che gli avrebbe creato problemi per la manifestazione (cfr. doc. M.). A parte il fatto che non è stato assolutamente provato quali sarebbero stati tali inconvenienti , si osserva che il magazzino era stato sublocato al convenuto , che dunque poteva disporne a suo piacimento. Spettava dunque all' istante accordarsi tempestivamente con lui per poter eventualmente far uso dello stesso in sua assenza.
Quanto all' eventuale ritardo nel pagamento delle pigioni , lo stesso non è in ogni caso sufficiente per ammettere l' esistenza di motivi gravi giustificanti una disdetta.