GDL 7/01: DIRITTO D' OPZIONE PROPRIO E IMPROPRIO / FORMA DEL SUO ESERCIZIO
Pretura della Giurisdizione di Locarno-Campagna in re L./M. del 1° febbraio 2001

1. art. 255 CO

DIRITTO D' OPZIONE PROPRIO E IMPROPRIO / FORMA DEL SUO ESERCIZIO

L' opzione in senso proprio è un diritto formatore che conferisce ad una parte la facoltà , esercitabile mediante dichiarazione unilaterale , di continuare o far sorgere un rapporto contrattuale.

Sussiste un' opzione impropria laddove la continuazione del rapporto locativo dipende dalla volontà di entrambe le parti , il cui scopo è quello di sottoporre alla parte che esercita il diritto d' opzione nuove condizioni contrattuali oppure di intavolare trattative in vista della stipulazione di un nuovo contratto. Se non interviene alcun accordo , a dipendenza del tenore contrattuale , il contratto non viene prolungato o continua con durata indeterminata.

La dichiarazione d' opzione non è legata ad alcuna forma. Qualora le parti si sono accordate per la forma scritta , tale riserva vale di principio anche per l' esercizio dell' opzione ivi prevista. Tuttavia la riserva della forma può essere annullata , anche tacitamente o per atti concludenti , quando le parti non tengono conto della forma pattuita o adempiono il contratto senza riserve.

Pretura della Giurisdizione di Locarno-Campagna in re L./M. del 1° febbraio 2001

Estratto dai considerandi: 

In diritto:

L' opzione in senso proprio è un diritto formatore come la disdetta di cui rappresenta l' opposto: essa conferisce infatti ad una parte il diritto , esercitabile mediante dichiarazione unilaterale , non di por fine al rapporto contrattuale , bensì di farlo continuare o di farlo sorgere (Higi , Commentario zurighese , n. 69 ad art. 255 CO; Svit , Schweizerisches Mietrecht , 2. ed. , Zurigo 1998 , n. 17 e segg. a note introduttive agli art. 266-266o CO; Zihlmann , Commentario basilese , n. 3 ad art. 266 CO).

Il termine “opzione” è tuttavia usato sovente in modo ambiguo. Si incontrano infatti delle disposizioni contrattuali che solo apparentemente accordano un diritto unilaterale. Si tratta delle opzioni improprie che solo all' apparenza fanno dipendere la continuazione del rapporto di locazione da una dichiarazione del locatario , mentre in realtà la continuazione del rapporto contrattuale dipende dall' accordo delle parti , poiché l' opzione (impropria) ha soltanto lo scopo o di permettere alla controparte (locatore) di sottoporre a chi esercita l' opzione delle nuove condizioni contrattuali oppure di obbligare il locatore ad intavolare delle trattative in vista della stipulazione di un nuovo contratto (Higi , op. cit. , n. 70-71 ad art. 255 CO).

In caso di opzioni improprie la continuazione del rapporto di locazione dipende invece dalla volontà di entrambe le parti , non di una sola di esse.

Se esse non giungono ad alcun accordo sulle condizioni relative alla durata del rapporto di locazione , il contratto o non è prolungato o – secondo gli accordi contrattuali iniziali o secondo l' art. 266 cpv. 2 CO – continua come contratto di durata indeterminata (Higi , op. cit. , n. 71 ad art. 255 CO).

2.Nel nostro caso si è confrontati con un' opzione impropria. Infatti il contratto è iniziato il 1° giugno 1988 e continuava fino al 31 marzo 1995. La convenuta aveva il diritto d' opzione per un rinnovo del contratto alla scadenza prevista del 31 marzo 1995 per ulteriori 5 anni (fino al 31 marzo 2000).

L' opzione di rinnovo doveva essere comunicata per iscritto con sei mesi di preavviso. Il diritto d' opzione diventava caduco qualora il locatore avesse comunicato al più tardi entro lo stesso termine all' inquilina di voler riprendere personalmente l' esercizio della farmacia dal 1° aprile 1995.

La continuazione del rapporto di locazione dipendeva dunque dalla volontà di entrambe la parti.

La dichiarazione d' opzione non è legata per legge ad alcuna forma.

Se però per un contratto non vincolato per legge a forma alcuna i contraenti hanno convenuto una data forma , in difetto di essa si presumono non vincolati (art. 16 cpv. 1 CO).

Se le parti si accordano per la forma scritta , questa deve soddisfare le esigenze degli art. 13-15 CO (Higi , op. cit. , n. 61 ad art. 255 CO).

Le conseguenze del non rispetto della forma pattuita sono di principio le stesse che per il non rispetto della forma legale prescritta dalla legge (Schwenzer , Commentario basilese , n. 9 ad art. 16 CO).

Tuttavia la riserva della forma può essere annullata senza forma , anche tacitamente o per atti concludenti , quando le parti non tengono conto della forma pattuita o adempiono il contratto senza riserve (Schwenzer , op. cit. , n. 10 ad art. 16 CO).

4.Nel nostro caso l' opzione di rinnovo doveva essere comunicata dalla convenuta per iscritto con sei mesi di preavviso (doc. A inc. rich. I punto 4).

E' tuttavia pacifico che la convenuta non ha rilasciato alcuna dichiarazione scritta in tal senso e che le parti hanno ciò nondimeno continuato ad adempiere il contratto.

Mentre l' istante ne deduce che in tal modo esse hanno così rinunciato per atti concludenti alla riserva di forma prevista per l' esercizio del diritto d' opzione , cosicché il contratto sarebbe stato prorogato conformemente a tale diritto d' opzione per la durata determinata di altri cinque anni , ossia fino al 31 marzo 2000 , la convenuta sostiene che , non essendo stata esercitata l' opzione nelle forme previste ed essendo pur tuttavia continuato il rapporto di locazione , sarebbe dato un caso di riconduzione tacita giusta l' art. 266 cpv. 2 CO , così che sarebbe sorto non già un contratto di durata determinata , ma uno di durata indeterminata , la cui fine non interviene automaticamente , ma presuppone la notifica della disdetta che per il 31 marzo 2000 il locatore non ha validamente espresso.

Certo è vero che giusta l' art. 266 cpv. 2 CO in caso di riconduzione tacita di un contratto a tempo determinato la locazione è considerata a tempo indeterminato. Tuttavia questa norma non è di diritto imperativo e la presunzione che istituisce può essere confutata dalla prova che diversa era la volontà delle parti (Svit , op. cit , n. 2 ad art. 266 CO; Higi , op. cit. , n. 39 e n. 43-49 ad art. 266 CO; Zihlmann , op. cit. , n. 2 ad art. 266 CO); ad esempio che , come pretende l' istante per il caso che ci occupa , la locazione è continuata in seguito all' esercizio da parte dell' inquilina dell' opzione contrattualmente prevista previa tacita rinuncia al rispetto della forma scritta.

In effetti dagli atti risulta non tanto che le parti hanno continuato tacitamente nel contratto , ma che l' hanno fatto nella convinzione che in questo modo veniva posta in esecuzione la clausola contrattuale n. 4 che prevedeva appunto la facoltà per l' inquilina di prolungare il contratto fino al 31 marzo 2000: non si spiegherebbe altrimenti per quale motivo avrebbero intavolato nell' autunno/inverno 1999/2000 delle trattative in vista della conclusione di un nuovo contratto se non avessero entrambe vissuto nella convinzione che il 31 marzo 2000 il contratto avrebbe preso fine.

Del resto mai nel periodo fra il 1995 e il 2000 le parti hanno manifestato in qualche modo la convinzione che quel contratto di locazione non fosse stato concluso fino al 31 marzo 2000. Apparirebbe del resto perlomeno strano e anzi addirittura contrario alla logica commerciale se l' inquilina nel 1995 avesse accettato di rimanere nella farmacia a tempo indeterminato , quindi esposta alla spada di Damocle di una disdetta con preavviso semestrale ex art. 266d CO , speculando sul buon esito di un' istanza di protrazione , piuttosto che con un contratto della durata di cinque anni.

Certo è vero che ora la tesi della durata a tempo indeterminato del contratto è favorevole alla convenuta nelle contingenze di causa , ma non v' è chi non veda come il sostenere tale tesi avvenga per meri interessi contingenti , per così dire “ad usum delphini” e quindi in modo da configurare quasi un manifesto abuso di diritto , non degno di protezione. Abuso di diritto manifesto che del resto è comunque dato per il fatto che la convenuta stessa nel suo allegato di fronte all' ufficio di conciliazione ha esplicitamente sostenuto che “alla scadenza del primo periodo di locazione le parti continuarono senza particolari formalità il rapporto contrattuale , mettendo pertanto in atto l' opzione di rinnovo del contratto per almeno ulteriori 5 anni" (v. istanza 23 marzo 2000 all' Ufficio di conciliazione , ad 3 pag. 2) e ha dunque ammesso , in urto con quanto sostenuto in questa sede , di aver esercitato l' opzione.

Non si può dunque altrimenti concludere se non ammettendo che il contratto di locazione ha preso fine il 31 marzo 2000.