GDL 5/55: UN DIPENDENTE DI UN FIDUCIARIO CON L'AUTORIZZAZIONE CANTONALE NON E' LEGITTIMATO ALLA RAPPRESENTANZA PROCESSUALE DI TERZI
Pretura del Distretto di Bellinzona in re A./F. del 17 marzo 1999

55. Artt. 274d CO e 64a CPC

UN DIPENDENTE DI UN FIDUCIARIO CON L'AUTORIZZAZIONE CANTONALE NON E' LEGITTIMATO ALLA RAPPRESENTANZA PROCESSUALE DI TERZI

Un dipendente di un fiduciario con l'autorizzazione cantonale non è legittimato alla rappresentanza processuale.
Gli atti processuali compiuti da una persona sprovvista di una tale legittimazione sono nulli.

Pretura del Distretto di Bellinzona in re A./F. del 17 marzo 1999

Estratto dai considerandi:

1. Con decisione 30 settembre 1998 l'Ufficio di conciliazione ha respinto l'istanza presentata dal sig. A. senza entrare nel merito della questione, sostenendo che la parte istante non era validamente rappresentata.

Secondo l'Ufficio di conciliazione la signora F., dipendente della C. SA, non avrebbe la legittimazione processuale, siccome fiduciari e amministratori di immobili non avrebbero la possibilità di rappresentare i conduttori. La concessione di questa facoltà sarebbe infatti in urto con la ratio legis dell'art. 12 Legge cantonale di applicazione delle norme federali statuenti in materia di locazione e con la ratio legis dell'art. 64a CPC.

A mente dell'Ufficio di conciliazione affinché i citati disposti di legge abbiano senso la facoltà di rappresentare i conduttori dovrebbe rimanere di esclusivo appannaggio dei rappresentanti o impiegati di associazioni professionali o di categoria, le quali, contrariamente ai fiduciari e agli amministratori di immobili, non avrebbero scopo di lucro.

2. Dottrina e giurisprudenza più autorevoli hanno da sempre difeso la limitazione del principio della libera rappresentanza delle parti con l'esistenza di interessi pubblici, fra i quali in particolare quello di evitare che i tribunali abbiano a dover esaminare istanze carenti dal profilo formale e materiale.

Il Tribunale federale ha avuto modo di precisare che chi non vuole condurre personalmente una lite concernente l'esistenza di diritti ed obblighi, ma desidera affidarsi ad un rappresentante, ha un eminente interesse e che questi conosca la materia, sia diligente, abbia il senso della responsabilità e sia affidabile. Il successo in una causa giudiziaria dipende infatti, anche quando chi giudica deve applicare d'ufficio il diritto, non da ultimo dalle capacità del rappresentante.

Una parte deve poter confidare nel fatto che il rappresentante sia cognito del diritto formale e materiale da applicare alla fattispecie. Inversamente il rappresentante per poter difendere efficacemente gli interessi del cliente deve da questi essere messo al corrente senza esitazioni di tutta la sua situazione. A tal fine deve poter disporre della fiducia incondizionata del mandante, il quale a sua olta deve poter contare sulla segretezza del rappresentante.

Più in generale è anche nell'interesse della funzionalità e della qualità della giustizia - e quindi in ultima analisi pure nell'interesse del cittadino che la cerca - che chi conduce effettivamente una lite abbia sufficiente conoscenze giuridiche.

Un rappresentante cognito della materia è in grado di proporre i quesiti giuridici in modo corretto. Può facilitare al Giudice la sussunzione giuridica e contribuire quindi in modo determinante alla riduzione della mole di lavoro delle autorità giudiziarie di ogni grado.

Per questo motivo vi sono importanti interessi pubblici per limitare la rappresentanza processuale a persone qualificate sia professionalmente sia personalmente (cfr. DTF 105 Ia 72).

3. La procedura civile ticinese limita come principio la rappresentanza processuale agli avvocati ammessi al libero esercizio della professione nel Cantone e alle persone che detengono una rappresentanza legale (cfr. art. 64 CPC).

L'art. 64a CPC prevede tuttavia un'estensione della rappresentanza processuale.

Il primo capoverso di questa norma la riconosce pure a:

- rappresentanti o impiegati di associazioni professionali o di categoria;

- fiduciaria con l'autorizzazione cantonale;

- amministratori di immobili oggetto della lite;

Limitatamente alle cause:

a) derivanti da contratto di locazione o d'affitto di valore inappellabile (artt. 291 e segg. CPC);

b) proposte nella procedura per controversie in materia di locazione di locali di abitazione e commerciali e di affitto (art. 404 e segg. CPC);

c) proposte con istanza di sfratto (art. 506 e segg. CPC);

d) derivanti da contratto di locazione d'affitto e relative a procedimenti cautelari (artt. 306 e segg. CPC) e sommario in tema di esecuzione e fallimenti (artt. 19 e segg. LALEF);

e) derivanti da contratto di lavoro nei limiti stabiliti dagli art. 416, 417, e 418 CPC;

f) derivanti da controversie da fornitori e consumatori finali.

Alle persone sopraindicate la rappresentanza processuale è riconosciuta, in applicazione dell'art. 64a cpv. 2 CPC, solo alla condizione che:

a) siano in possesso di una procura scritta del loro rappresentato.

E' applicabile l'art. 65 cpv. 3 CPC;

b) siano domiciliati nel Canton Ticino ed in possesso dell'esercizio dei diritti civili;

c) siano degni di fiducia e non esistano a loro carico attestati di carenza di beni;

d) siano ritenuti dal Giudice capaci di proporre e discutere la causa con la necessaria chiarezza (art. 39 cpv. 2 CPC).

Questa estensione della rappresentanza processuale, entrata in vigore il 1. gennaio 1986, è il frutto di un'iniziativa parlamentare presentata nella forma generica il 28 gennaio 1980 da alcuni deputati del Partito socialista autonomo e del Partito del lavoro, i quali concludevano la loro iniziativa affermando:

"è quindi necessaria ed urgente una modificazione di disposizioni del Codice di procedura civile, in modo da acconsentire che, in tutte le questioni derivanti dal contratto di locazione e d'affitto davanti alle autorità giudiziarie, gli inquilini e gli affittuari (e le loro controparti) abbiano la possibilità di essere rappresentati anche da membri e/o impiegati delle loro associazioni." (cfr. Verbali del Gran Consiglio, sessione ordinaria primaverile 1985, vol I, pag. 142).

Nell'elaborazione del testo di legge il Gran Consiglio ha poi esteso la rappresentanza oltre che ai rappresentanti ed impiegati di associazioni professionali o di categoria anche ai fiduciari con l'autorizzazione cantonale e agli amministratori di immobili oggetto della lite.

I materiali, segnatamente il rapporto della commissione della legislazione nulla dicono riguardo a questa aggiunta e alle facoltà riservate alle persone indicate.

Si osserva tuttavia che i tre gruppi non possono essere parificati tra loro. In particolare non è possibile unire i fiduciari e gli amministratori di immobili come ha fatto l'Ufficio di conciliazione di Giubiasco e ciò per i seguenti motivi:

a) I rappresentanti o impiegati di associazioni professionali o di categoria dovrebbero poter rappresentare solo o i conduttori o i locatori a dipendenza di quanto prevedono i loro statuti (ciò risulta anche dall'uso dell'aggettivo "loro" nella frase dell'iniziativa parlamentare citata sopra).

b) Gli amministratori di immobili oggetto della lite possono all'evidenza solo rappresentare i proprietari, dai quali hanno ricevuto un mandato d'amministrazione, poiché non possono assumere un secondo mandato dagli inquilini in contrasto con quello precedente.

c) Per i fiduciari la questione appare più complessa e deve essere esaminata nel dettaglio.

Un'interpretazione letterale del testo di legge non permette di intravedere una limitazione della rappresentanza processuale dei fiduciari solo a favore dei conduttori o solo a favore dei proprietari. Né i materiali sono a questo proposito di aiuto.

Da un'interpretazione teleologica della legge emerge che con l'introduzione di questa norma si è voluto dare la possibilità a persone attive in un determinato campo e che sono a contatto con le parti di un contratto di locazione di difendere i loro interessi in una procedura giudiziaria.

Se ora si analizza quale è il campo di azione di un fiduciario si rileva che egli può essere attivo sia per un proprietario, sia per un conduttore. Si può per esempio pensare ad un fiduciario che funge da contabile o da ufficio di revisione per una ditta conduttrice di un immobile o di locali commerciali. Nel caso in cui questa ditta è coinvolta in una procedura giudiziaria concernente il contratto di locazione potrebbe avere interesse a rivolgersi al proprio fiduciario, già a conoscenza della fattispecie, piuttosto che ad un altro rappresentante. Non si vede quindi, visto il campo d'attività dei fiduciari, perché la loro facoltà di rappresentanza processuale nei casi in discussione dovrebbe essere limitata o ai soli proprietari o ai soli conduttori.

Non appare altresì determinante il fatto che società commerciali abbiano la possibilità di lucrare con il patrocinio dei conduttori, perché questi ultimi, in caso di vertenze di locazione, sono sempre liberi di rivolgersi ad un'associazione di categoria piuttosto che ad un fiduciario, anche se per altre questioni si sono rivolte a lui.

Occorre infine precisare che quanto detto per l'art. 64a CPC deve valere anche per l'art. 12 Legge di applicazione, perché con quest'ultima norma ci si è in pratica limitati a riprendere quanto sancito dal Codice di procedura civile; del resto il messaggio e il relativo rapporto concernente questa legge nulla dicono in proposito.

Su questo la decisione dell'Ufficio di conciliazione di Giubiasco non merita dunque conferma.

4. Si tratta ora di verificare se un dipendente di un fiduciario possa validamente rappresentare una parte in giudizio.

A proposito la legge appare chiara e inequivocabile: solo i fiduciari con l'autorizzazione cantonale beneficiano dell'estensione della rappresentanza processuale. Questi devono agire personalmente ad esclusione di tutti i loro collaboratori.

Se così non fosse vi sarebbe un'estensione illimitata del potere di rappresentanza contrario allo spirito della norma in esame.

Alla stessa stregua un avvocato potrebbe, anche solo per esempio in procedura sommaria di esecuzione e fallimenti, far partecipare alle udienze al suo posto la propria segreteria.

In concreto quindi né la signora F., che non risulta essere in possesso dell'autorizzazione cantonale di fiduciario, né la C. SA, che non è una persona fisica, possono validamente rappresentare il signor A..

Per quanto concerne questa procedura occorre tuttavia osservare che tutti gli atti sono validi poiché l'istante ha sempre agito anche personalmente (egli ha sottoscritto assieme alla signora F. l'istanza e si è poi presentato all'udienza).

Ci si potrebbe a questo punto chiedere se la procedura non fosse già viziata in sede di conciliazione, poiché la relativa istanza è stata firmata solo dalla signora F. A mente di questo Giudice tale difetto è tuttavia stato sanato con la presenza del signor A. all'udienza di conciliazione.

5. Nel merito la vertenza concerne fra l'altro lo svincolo del deposito di garanzia. Si tratta di una materia in cui l'Ufficio di conciliazione deve decidere (cfr. art. 37 cpv. 3 Legge di applicazione).

Visto pertanto che nella decisione 30 settembre 1998 l'Ufficio di conciliazione di Giubiasco si è limitato a respingere l'istanza in ordine, l'incarto deve essergli ritornato per la decisione di merito.

6. Per quanto concerne tasse e spese si osserva che non si possa dire, benché l'istanza venga ritornata all'Ufficio di conciliazione, che vi sia soccombenza della parte convenuta. Gli oneri di causa vanno quindi a carico dello Stato.