GDL 5/50: ANNULLAMENTO DELLA DISDETTA QUANDO I MOTIVI INVOCATI DAL LOCATORE SONO PRETESTUOSI
Pretura del Distretto di Lugano in re C./C. del 16 novembre 1998

50. Artt. 271 e segg. CO

ANNULLAMENTO DELLA DISDETTA QUANDO I MOTIVI INVOCATI DAL LOCATORE SONO PRETESTUOSI

Va annullata siccome abusiva la disdetta intimata al conduttore allorquando i motivi addotti dal locatore risultano pretestuosi. Nella fattispecie non è stata apportata la minima prova che l'appartamento abbisognasse per uso proprio al fratello del locatore, tanto più che quest'ultimo è proprietario di cinque immobili oltre a quello in cui si trova l'appartamento in contestazione, e che la disdetta è intervenuta in tempi vicini al rifiuto da parte del conduttore di un aumento del canone locativo.

Pretura del Distretto di Lugano in re C./C. del 16 novembre 1998

Estratto dai considerandi:

1. Nel 1979 gli istanti hanno sottoscritto un primo contratto di locazione avente per oggetto la locazione di un appartamento di 3 locali sito a Viganello, Via V. n. 3a con l'allora locatore M. SA.

Il contratto venne stipulato per una durata iniziale di 16 mesi (1.3.1979 - 30.6.1980), rinnovabile tacitamente di tre mesi in tre mesi, salvo disdetta con preavviso di tre mesi per la scadenza contrattuale. Il canone inizialmente pattuito era di fr. 450.-- mensili (+ fr. 50.-- di spese) mentre l'ultima modifica risale al 1.10.1996 (doc. C) e prevede una pigione di fr. 638.20.-- mensili (+ fr. 125.-- di spese).

2. In data 25 ottobre 1996 (doc. I), il convenuto comunicava agli istanti di essere diventato il nuovo proprietario dell'appartamento da loro occupato e di subentrare quindi al contratto di locazione in vigore.

Il 21 ottobre 1997 il convenuto su modulo ufficiale ha notificato agli istanti la disdetta del contratto di locazione con effetto a decorrere dal 31 marzo 1998 (doc. H), disdetta tempestivamente contestata dai conduttori che, con istanza 29.10.1997 indirizzata all'Ufficio di conciliazione ne hanno chiesto in via principale l'annullamento e, in via subordinata, hanno postulato la protrazione del rapporto locativo di 4 anni.

Con decisione 11 dicembre 1997 l'Ufficio di conciliazione ha accolto solo parzialmente l'istanza, ritenendo valida la disdetta non essendo stato dimostrato il nesso causale tra le trattative intercorse tra le parti e la disdetta, concedendo gli istanti unicamente una proroga unica e definitiva fino al 30 settembre 1998.

3. Con l'istanza in rassegna, gli istanti chiedono l'annullamento della decisione dell'Ufficio di conciliazione: in via principale postulano l'annullamento della disdetta, in via subordinata che la proroga a loro concessa fino al 30.9.1998 sia considerata quale prima proroga, riservandosi così la facoltà di richiederne una seconda.

A sostegno della domanda di annullamento, gli istanti pretendono che essa sia contraria al principio della buona fede e che configuri un atto di ritorsione nei loro confronti a seguito della mancata intesa sull'aumento del canone di locazione. A mente degli istanti, il nuovo locatore, nei mesi di dicembre 1996 e gennaio 1997, avrebbe loro richiesto verbalmente di voler accettare un immediato adeguamento del canone di locazione di fr. 191.80; richiesta d'aumento peraltro formulata senza modulo ufficiale e senza il rispetto dei termini di preavviso. In seguito alle minacce di possibile disdetta formulata dal locatore in caso di mancata accettazione delle nuove condizioni proposte, i conduttori si erano dichiarati disposti ad accettare un aumento di fr. 50.-- mensili contro i fr. 191.80 proposti (doc. D).

Quanto alla richiesta di protrazione, gli istanti asseverano che la proroga unica e definitiva di 6 mesi concessa dall'Ufficio di conciliazione risulta essere troppo limitativa in considerazione della difficoltà oggettiva di riuscire a reperire un alloggio alternativo a pigione moderata ancora a Viganello, considerata la loro precaria situazione finanziaria.

All'udienza di discussione 16 marzo 1998, il convenuto si è opposto alla domanda dei conduttori, in particolare contestando di aver dato la disdetta a seguito della mancata intesa con i conduttori sull'aumento del canone di locazione. Egli, per la prima volta durante l'udienza di conciliazione, ha motivato la disdetta con un proprio fabbisogno urgente, per mettere a disposizione l'ente locato al proprio fratello. A mente del convenuto l'aumento di fr. 191.60 sarebbe una pura e semplice invenzione dei conduttori, sostenendo che mai è stato richiesto o formulato mediante modulo ufficiale un adeguamento immediato del canone di locazione. A suo dire, solamente su esplicita richiesta verbale dei conduttori circa il rifacimento o meno della cucina e del bagno, si sarebbe parlato di un eventuale aumento del canone di locazione, tali interventi costituendo una chiara miglioria dell'ente locato.

4. In replica ed in duplica, come pure negli allegati conclusionali, le parti si sono riconfermate nelle loro rispettive ed antitetiche posizioni sulla base di considerazioni che verranno, se del caso, riprese nei considerandi che seguono.

5. Quo alla validità della disdetta

a) Giusta l'art. 271 CO la disdetta può essere contestata se contraria alle regole della buona fede. Questo principio generale rappresenta un caso speciale d'applicazione dell'art. 2 CC e vale per la disdetta data tanto dal locatore che dal conduttore. L'art. 271a CO costituisce un'attuazione del principio contenuto nell'art. 271 CO ed elenca, in modo non esaustivo, differenti fattispecie in cui la disdetta data dal locatore può essere validamente contestata. Giova osservare che è al conduttore che contesta la validità della disdetta che incombe l'onere di provarne il carattere abusivo, ossia di provare quelle circostanze alla luce delle quali la disdetta del locatore risulta contraria alle regole della buona fede (USPI-Comm. N. 10 e segg. ad art. 271 CO).

L'art. 271a cpv. 1 lett. b CO prevede in particolare che la disdetta del locatore può essere contestata se data allo scopo di imporre una modificazione unilaterale del contratto sfavorevole al conduttore o un adeguamento della pigione. Scopo della norma è quello di impedire che il conduttore venga posto nella situazione ultimativa di cedere alla richiesta di modifica unilaterale delle condizioni contrattuali in suo sfavore per non dover abbandonare i vani locati; per l'applicazione di tale norma non è necessario che la modifica unilaterale del contratto sia di per sé abusiva, bensì occorre che il fallito tentativo di imporre la modifica unilaterale in sfavore del conduttore costituisca il motivo stesso o comunque quello determinante all'origine della disdetta (cfr. Svit-Komm., N. 10 ad art. 271a CO). In altre parole il conduttore deve poter contestare liberamente le pretese del locatore, senza dover temere alcuna ritorsione della controparte (Barbey, Protection contre les congés concernant les baux d'habitation e de locaux commerciaux, Ginevra 1991, pag. 110 N. 9; IICCA 1° febbraio 1994 in re M./P.; IICCA 17 giugno 1994 in re UBS/S).

E' alla parte che si prevale di tale normalità (e pertanto nel caso che ci occupa agli istanti) che incombe l'onere della prova per quanto riguarda le circostanze che stanno alla base di una disdetta abusiva, compresa l'esistenza di un nesso causale tra la disdetta stessa e la presunta modifica unilaterale del contratto (art. 8 CC; Barbey, op. cit., pag. 143 N. 99; Svit-Comm., ad art. 271 a CO N. 3.8.14): per principio, la prova circa l'esistenza di un nesso causale verrà portata mediante indizi, non potendosi ragionevolmente pretendere una prova più rigorosa (Barbey, op. cit. p. 142 N. 97); il fatto che la pretesa formulata dalla parte sia o meno giustificata nel merito non risulta in quest'ottica determinante (Barbey, op. cit., pag. 142 N. 95; Zihlmann, Das neue Mietrecht, Zurigo 1990, pag. 193), come del resto non lo è il fatto se l'intenzione di modifica unilateralmente il contratto si appalesi prima, durante o soltanto dopo la notifica della disdetta (DTF 115 II 83; Svit-Comm., ad art. 271a CO N. 11; Barbey, op. cit., pag. 141 N. 95; Lachat/Micheli, op. cit., pag. 326; II CCA 1° febbraio 1994 in re M./P.).

b) Con la IICCA 7 agosto 1997, il TA ha in particolare dichiarato contrario alla buona fede e come tale ha annullato una disdetta che, pur rispettando il termine ordinario, era stata notificata, siccome motivata per ragioni straordinarie, senza che questi motivi fossero stati dimostrati. In altre parole determinante non è il rispetto dei termini di disdetta, bensì i motivi che ne stanno alla base, cosicché se le ragioni avanzate dal locatore sono inesistenti, la disdetta deve essere annullata, indipendentemente dal fatto che sia stata data nel pieno rispetto dei termini contrattuali (cfr. inoltre MP 1992 p. 129 e IICCA 11 marzo 1996 in re. G).

c) Il convenuto ha dichiarato che la disdetta è stata data per rispondere al bisogno proprio urgente di un suo familiare: "L'appartamento necessita al proprietario perché vi vuole alloggiare un proprio familiare (fratello) "(cfr. verbale UC 24.11.1997) e ancora: "La disdetta è stata data unicamente perché l'appartamento interessava al fratello del proprietario" (cfr. memoriale di risposta annesso al verbale 16.3.1998, p. 4).

d) Dagli atti di causa non è emerso alcun elemento che possa anche soltanto far ritenere verosimile che effettivamente il locatore abbia un fratello che necessita dell'ente locato in questione. Soltanto in occasione dell'udienza di conciliazione, il rappresentante del locatore, ha fatto riferimento a tale bisogno proprio e urgente, senza tuttavia minimamente sostanziare il suo assunto. Del resto la circostanza, rimasta incontestata, che il convenuto disponga di cinque immobili, oltre a quello in cui abita, unita al fatto che nessun elemento in atti indichi che proprio l'ente locato in questione, più di ogni altro di cui dispone, sarebbe necessario al fratello, inducono a ritenere che i motivi alla base della disdetta siano ben altri.

e) E' ben vero che il processo in materia di locazione è retto dalla massima inquisitoria, tuttavia ciò non esime le parti dall'obbligo di fornire diligentemente i mezzi di prova atti a dimostrare i loro assunti: la massima inquisitoria non obbliga infatti il Giudice ad istruire d'ufficio la causa, ma ha lo scopo di tutelare gli interessi della parte economicamente più debole, ossia il conduttore e quindi di garantire l'uguaglianza delle parti nel procedimento (STF 21 gennaio 1997 in re. R.B.).

Orbene, nella misura in cui il locatore ha invocato un motivo di disdetta senza minimamente produrre un solo mezzo di prova che lo rende almeno prima facie verosimile, si deve concludere che egli ha fallito nell'intento di sostanziare il suo assunto, senza che il giudice abbia a supplire alla sua manifesta carenza probatoria.

f) Pur non avendo i locatori fornito una prova documentale concreta del fatto che la disdetta sarebbe stata data a seguito del rifiuto da parte loro, di un prospettato aumento del canone di locazione di fr. 191.80 al mese, ben devesi ritenere che tra le parti, dopo pochi mesi dall'avvenuto trapasso di proprietà, vi è stata discussione in punto alla fissazione della pigione. Diversamente mal si comprenderebbe non solo l'invio del Doc. D da parte del conduttore al nuovo locatore qui convenuto, ma pure e soprattutto il fatto che quest'ultimo non abbia reagito in nessuna maniera al cennato scritto; anzi la missiva successiva a tale scritto (doc. D) è stata la disdetta (doc. H).

Tutto ciò considerato, la disdetta va annullata, di guisa che non si pon mente di entrare nel merito della richiesta di protrazione. Va comunque osservato che le precarie condizioni economiche dei locatori (doc. L) e l'avanzata età, contrapposte ad una disdetta i cui motivi alla base non sono stati minimamente dimostrati, avrebbero giustificato una proroga del contratto almeno pari a quella richiesta dagli istanti.

6. Tasse, spese e ripetibili seguono la soccombenza integrale della parte convenuta (art. 148 CPC). In una causa concernente l'annullamento della disdetta determinante per il calcolo del valore litigioso è il periodo durante il quale il contratto continua a sussistere nell'ipotesi che la disdetta non sia annullata: tale periodo si estende sino al momento in cui possa essere data, o sia effettivamente data, una nuova disdetta e quindi in virtù dell'art. 271a cpv. 1 lett.e CO non prima di tre anni a partire dalla fine di tale procedura giudiziaria (cfr. IICCA 4 febbraio 1997 in re. M./B.), di guisa che il valore di causa ammonta a fr. 22'975.--.

La particolarità della fattispecie giustifica l'applicazione di criteri medio bassi; agli istanti; non patrocinati da un avvocato iscritto all'albo, non possono essere riconosciute ripetibili in funzione della TOA, ma unicamente un'equa indennità.