GDL 5/03: CONTRATTO DI DURATA INDETERMINATA ACCOMPAGNATO DA UN DIRITTO D'OPZIONE
A FAVORE DEL CONDUTTORE / OBBLIGHI DI RICERCA DEL CONDUTTORE
Pretura della Giurisdizione di Locarno-Campagna in re C./A. -S. del 19 agosto 1999
03. Artt. 255 e 272 CO
CONTRATTO DI DURATA INDETERMINATA ACCOMPAGNATO DA UN DIRITTO D'OPZIONE A FAVORE DEL CONDUTTORE / OBBLIGHI DI RICERCA DEL CONDUTTORE
Va considerato quale contratto indeterminato quello per il quale le parti hanno
pattuito una durata determinata ma rinnovabile tacitamente.
Per opzione si intende il diritto di una parte a far sorgere o prorogare un rapporto
giuridico mediante dichiarazione unilaterale di volontà. Si tratta di un diritto
formatore che non può essere soggetto a condizioni ed è normalmente irrevocabile,
ma che può essere limitato nel tempo per consenso delle parti o in virtù del principio
della buona fede.
Il diritto d'opzione deve essere fatto valere mediante dichiarazione espressa di
volontà, mentre, nella fattispecie, il silenzio fino alla scadenza del contratto
faceva perimere il diritto d'opzione della conduttrice.
Quando il locatore notifica al conduttore la disdetta con largo anticipo, il Giudice
deve valutare con rigore se lo stesso conduttore, che postula una proroga, ha intrapreso
tutto quanto si poteva attendere da lui per trovare una nuova sistemazione.
Pretura della Giurisdizione di Locarno-Campagna in re C./A. -S. del 19 agosto 1999
Estratto dai considerandi:
In fatto:
A. Con contratto 12 marzo 1991 la signora A. ha dato in locazione ad al signor C. lo stabile denominato "P.", adibito ad abitazione familiare e uso commerciale, comprendente in particolare anche l'omonimo ristorante con alloggio e il bocciodromo.
Il canone di locazione è stato fissato in fr. 6'000.-- mensili, con una riduzione per i premi tre mesi di fr. 1'000.-- il mese.
Dal contratto risulta che "la locazione ha inizio il 1° aprile 1991 e ha durata fino al 31 marzo 1996" ed inoltre che è di durata "indeterminata, potendo essere disdetta con un preavviso di 8 mesi" mentre non è indicato esplicitamente né per quale scadenza, né quando per la prima volta (doc. D).
Inoltre, alla cifra 23 del contratto le parti hanno pattuito quanto segue:
"Il presente contratto di locazione con inizio il 1° aprile 1991 e termine il 31 marzo 1996 ha una durata di 5 anni. Il locatario beneficia di un'opzione sul contratto per la durata di altri 5 anni con termine il 31 marzo 2001" (doc. D).
B. A dire della conduttrice le parti pattuirono un canone di locazione mensile di fr. 6'000.-- per tener conto del fatto che il bocciodromo annesso al ristorante avrebbe dovuto venir trasformato in ulteriore sala del ristorante, previa costruzione di un forno a legna per le pizze e cambiamento del pavimento.
Il canone sarebbe stato così composto: fr. 2'500.-- per il ristorante "P.", fra. 1'500.-- per l'abitazione e fr. 2'500.-- per il bocciodromo.
La competente autorità non ha però concesso la licenza edilizia per la trasformazione del bocciodromo in ristorante, che non ha così potuto essere utilizzato a tal fine.
Di conseguenza la conduttrice pretende ora il versamento di una somma di fr. 217'000.-- pari al canone a suo dire pagato in eccesso durante il periodo di locazione in cui non ha potuto usufruire di quella parte dell'ente locato.
La locatrice si oppone facendo valere di non aver mai garantito alla conduttrice la possibilità di adibire il bocciodromo a ristorante.
C. La conduttrice non ha comunicato di far valere l'opzione concessale secondo la cifra 23 del contratto.
Da parte sua, la locatrice non ha disdetto il contratto per il 31 marzo 1996. Tuttavia il 22 aprile 1996 essa l'ha disdetto per il 31 dicembre 1996, motivando la rescissione il 9 maggio successivo con l'intenzione di "riprendere personalmente la gestione dell'esercizio pubblico, che verrà affidata ad un membro della famiglia" (doc. C e D).
D. Con istanza 17 maggio 1996 la conduttrice ha chiesto che la disdetta per il 31 dicembre 1996 sia annullata, siccome il contratto sarebbe stato prorogato di altri cinque anni fino al 31 marzo 2001. A suo dire infatti, il suo silenzio alla scadenza del 31 marzo 1996 costituirebbe una dichiarazione (tacita ma nondimeno valida) di volersi prevalere dell'opzione concessale dalla cifra 23 del contratto.
In subordine ha chiesto che il contratto sia prorogato per la durata di 6 anni.
In diritto:
1. Giusta l’art. 255 cpv. 1 CO la locazione può essere a tempo determinato o indeterminato.
E' a tempo indeterminato se destinata ad estinguersi, senza disdetta, alla scadenza pattuita. Le altre locazioni sono considerate a tempo indeterminato (art. 255 cpv. 2 e 3 CO).
Va considerato a tempo indeterminato anche un contratto per il quale le parti hanno pattuito una certa durata, ma che è rinnovabile tacitamente (DTF 114 II 165; Zihlmann, Commentario basilese, I ed.; art. 255 CO, N. 4; Higi, Commentario zurighese, art. 255 CO, N. 41).
Nel nostro caso, dal testo letterale del contratto di locazione risulta che le parti hanno pattuito un contratto di durata indeterminata, con inizio al 1° aprile 1991 e con durata fino al 31 marzo 1991 (in realtà 1996, trattandosi la data 1991 di un evidente errore di scrittura).
Le parti hanno poi pattuito un preavviso di disdetta di otto mesi, senza indicare il termine di disdetta e la prima volta per la quale sarebbe stato possibile pronunciarla (cifra 3 del contratto).
Inoltre alla cifra 23 del contratto le parti hanno precisato che "il contratto di locazione con inizio il 1.4.1991 e termine il 31.3.1996 ha una durata di 5 anni" e hanno pattuito un'opzione a favore della conduttrice ("il locatario beneficia di un'opzione sul contratto per la durata di altri 5 anni con termine il 31.3.2001").
Dall'insieme di queste circostanze si deve concludere che il contratto concluso non era della durata determinata di 5 anni, ma che era un contratto a tempo indeterminato, della durata minima di 5 anni, disdicibile la prima volta per il 31 marzo 1996 con un preavviso di 8 mesi.
Il fatto che la scadenza e la prima volta per la quale poteva essere disdetto il contratto non siano state indicate appare irrilevante, ritenuto che dall'insieme delle circostante (la precisazione di una durata di 5 anni), non si può concludere altrimenti che ammettendo il 31 marzo 1996 come prima data possibile di disdetta.
Contrariamente a quanto sovente avviene, le parti non hanno però pattuito che in caso di mancata disdetta e di conseguente rinnovo tacito del contratto, questo avrebbe avuto una durata minima.
Infatti la clausola di cui alla cifra 23 del contratto non può essere interpretata come pattuizione di una durata minima per il contratto di locazione rinnovato dopo la scadenza del 31 marzo 1996, ma contiene un diritto di opzione a favore della conduttrice per un periodo di 5 anni.
Si deve pertanto ritenere che, in caso di mancato esercizio dell'opzione, il contratto rinnovato era poi disdicibile alle scadenze e con il periodo di preavviso previsto dalla legge.
2. Per opzione si intende il diritto di una parte di far sorgere o di prorogare un rapporto giuridico mediante una dichiarazione di volontà unilaterale (Higi, op. cit., art. 255 CO, N. 54). L'opzione è un cosiddetto diritto formatore, non può essere soggetta a condizioni, è irrevocabile una volta che è stata manifestata la volontà di farla valere ed è imprescrittibile, ciò che però non significa che non possa essere soggetta ad alcuna limitazione di tempo, per volontà delle parti, o in virtù del principio della buona fede (Higi, op cit. art. 255 CO, N. 60-64).
Così, ad esempio, nel caso di un contratto di locazione di durata determinata, l'opzione perime evidentemente con lo spirare del contratto stesso, mentre nel caso di un contratto di locazione di durata indeterminata e con durata minima, la decadenza dell'opzione dipende dallo scopo che le parti intendevano perseguire e, se tale scopo non è intelligibile, interviene con lo spirare della durata minima concordata dalle parti (Higi, op. cit., art. 255 CO, N. 66).
Affinché esplichi i suoi effetti, l'opzione deve esser fatta valere mediante dichiarazione di volontà, unilaterale e soggetta a ricezione.
Nel nostro caso la conduttrice sostiene che il fatto che nessuna delle parti abbia disdetto il contratto di locazione per il 31 marzo 1996 avrebbe comportato il rinnovo del contratto per ulteriori cinque anni "come al punto 23 dello stesso non essendo stata pattuita una particolare modalità per far valere il cosiddetto diritto di opzione ed essendo dunque ciò stato possibile pure in modo tacito ed attraverso la continuazione effettiva del rapporto di locazione".
Sennonché il fatto di non aver disdetto il contratto di locazione non comporta pure il rinnovo del contratto secondo quanto previsto in caso di esercizio dell'opzione, ma solo il rinnovo appunto del contratto di locazione alle relative condizioni.
E' vero che il silenzio delle parti aveva conseguenze giuridiche e cioè il rinnovo tacito, ma non vale altrettanto per l'opzione, che è questione distinta da quella della scadenza contrattuale e che del resto come tale poteva e doveva esser fatta valere espressamente dalla conduttrice. L'opzione, per sua natura, lo imponeva, mentre il silenzio fino alla scadenza del contratto poteva avere come sola conseguenza la perenzione dell'opzione.
Si deve quindi concludere che il contratto non è stato prorogato fino al 31 marzo 2001 e che, trattandosi di un contratto di durata indeterminata relativo ad un locale commerciale con annessa abitazione familiare, poteva, in assenza di altri termini, essere disdetto per la fine di un trimestre di locazione con preavviso di sei mesi (art. 266d CO), con comunicazione sia alla moglie, sia al marito (art. 266n CO).
La disdetta 22 aprile 1996, inviata dalla locatrice su modulo ufficiale e per raccomandata, sia alla conduttrice, sia al marito, è pertanto valida per il 31 dicembre 1996.
3. La conduttrice chiede una protrazione della locazione per un periodo superiore a quello riconosciuto dall'Ufficio di conciliazione, mentre la locatrice sostiene che non sarebbe dato alcun diritto alla protrazione, siccome la locatrice era stata avvertita con largo anticipo della volontà di recedere dal contratto (più di otto mesi prima della scadenza).
Giusta l'art. 272 cpv. 1 CO il conduttore può esigere la protrazione della locazione se la fine della medesima produce per lui o per la sua famiglia effetti gravosi che nemmeno si giustificano tenendo conto degli interessi del locatore.
L'autorità competente pondera gli interessi delle parti tenendo segnatamente conto:
a. delle circostanze che hanno determinato la conclusione del contratto e del contenuto del contratto;
b. della durata della locazione;
c. della situazione personale familiare ed economica delle parti e del loro comportamento;
d. dell'eventuale fabbisogno del locatore o dei suoi stretti parenti od affini, come pure dell'urgenza del siffatto fabbisogno;
e. della situazione sul mercato locale degli alloggi e dei locali commerciali (art. 272 cpv. 2 CO).
Scopo della protrazione è quello di garantire al conduttore un lasso di tempo più lungo, rispetto a quello usuale costituito dal preavviso di disdetta, per reperire un oggetto sostitutivo, ma non quello di permettere al conduttore di poter approfittare più a lungo dei vantaggi connessi con l'uso dell'ente locato che dovrà abbandonare (Higi, op. cit., art. 272 CO, N. 19; Commentario Svit, art. 272 CO, N. 11).
Di conseguenza, quando il locatore rende nota al conduttore con largo anticipo la sua intenzione di disdire il contratto, il giudice dovrà valutare con rigore la questione di sapere se il conduttore ha nel frattempo intrapreso diligentemente tutto quanto ci si poteva attendere da lui per trovare una nuova sistemazione (Rep. 1990, 148).
Nel nostro caso dagli atti risulta che il locatore ha notificato la disdetta il 24 aprile 1996 per il 31 dicembre 1996.
Il 28 agosto 1996 il patrocinatore della locatrice ha fatto pubblicare un'inserzione sul Corriere del Ticino nell'intento di ottenere delle offerte per una sistemazione sostitutiva e ha ricevuto 7 offerte che ha per finire rinunciato a sottoporre alla conduttrice, allorquando quest'ultima gli ha dichiarato di non essere per nulla interessata ad una nuova sistemazione e di aver anzi rifiutato la sottoscrizione di un contratto per un esercizio pubblico sostitutivo con 37 camere a Minusio, che avrebbe comportato un onere supplementare di fr. 2'000.-- (presumibilmente mensile, v. deposizione teste avv. P. verbali a pag. 4 e 5).
Stante questa situazione (non nota all'Ufficio di conciliazione poiché emersa solo nel corso di questa istruttoria), in particolare il rifiuto da parte dell'inquilino di prendere in considerazione la possibilità di ricercare un esercizio pubblico sostitutivo, tenuto conto dello scopo dell'istituto della protrazione che non è quello di garantire al conduttore il mantenimento dei vantaggi connessi con l'ente locato, ma quello di garantirgli un lasso di tempo più lungo per trovare una nuova sistemazione, si deve concludere che non erano date le premesse per la concessione di una protrazione del contratto, poiché l'inquilino non ha effettuato - e neppure ne aveva l'intenzione - tutto ciò che ci si poteva da lui attendere nella sua qualità di conduttore diligente.
4. La conduttrice chiede la riduzione della pigione in ragione di fr. 2'500.-- mensili per tutto il tempo in cui è durata la locazione, per il fatto che non le è stato possibile usufruire del bocciodromo come sala per banchetti e altri avvenimenti, contrariamente a quanto la locatrice le avrebbe garantito.
Giusta gli artt. 259a cpv. 1 e 259d CO se sopravvengono difetti della cosa che non gli sono imputabili né sono a suo carico, oppure se è turbato nell'uso pattuito della cosa, il conduttore può esigere dal locatore una riduzione proporzionale del corrispettivo, a partire dal momento in cui il locatore ha avuto conoscenza del difetto fino all'eliminazione del medesimo.
Per difetto si intende l'assenza di una qualità che l'ente locato dovrebbe avere per sua natura o tenuto conto dell'uso pattuito dalle parti, oppure di una qualità che il locatore aveva garantito (Zihlmann, op. cit., art. 258 CO, N. 1).
Dagli atti non risulta che la locatrice abbia garantito alla conduttrice la possibilità di usufruire del bocciodromo come locale per banchetti o simili avvenimenti previa trasformazione, ma soltanto che oggetto del contratto di locazione oltre l'abitazione e al ristorante era pure il bocciodromo, con facoltà di installarvi un forno per le pizze e di costruire un nuovo pavimento.
Dal testo letterale del contratto non si può infatti evincere alcuna altra interpretazione, ritenuto che il significato della parola bocciodromo non può essere altrimenti intesa che come spazio adibito al gioco delle bocce e non come sala per banchetti e che dalle altre prove esperite non risulta provato che le parti intendessero, usando la parola bocciodromo, riferirsi ad una diversa pattuizione.
Il fatto che poi la locatrice sia stata a conoscenza del fatto che la conduttrice ha chiesto di poter trasformare il bocciodromo in sala per banchetti e che abbia pure approvato e sostenuto tale intenzione, non significa ancora che essa abbia contrattualmente garantito la possibilità di poter usufruire del bocciodromo a quello scopo.
Né si può ritenere che nel caso in cui venga dato in locazione un ristorante con bocciodromo sia garantita al conduttore la possibilità di trasformare il bocciodromo in sala per banchetti, ma anzi si deve ritenere che, per sua natura, un simile ente locato sarà più verosimilmente adibito al gioco delle bocce e non ad altri scopi.
La pretesa di riduzione della pigione non può pertanto venir accolta.