GDL 4/43: PERENTORIETÀ DEL TERMINE DI TRENTA GIORNI PER ADIRE IL GIUDICE
Camera di Cassazione Civile del Tribunale di Appello del 23 marzo 1998 in re B./B.
43. Art. 274 f CO
PERENTORIETÀ DEL TERMINE DI TRENTA GIORNI PER ADIRE IL GIUDICE
Il termine di trenta giorni per adire il giudice nei confronti delle decisioni dell’Ufficio
di conciliazione è perentorio e decorre dal giorno successivo a quello della loro
notifica.
Il termine è ossequiato se l’istanza viene consegnata all’ufficio postale al più
tardi l’ultimo giorno. Spetta al mittente provare di aver consegnato l’atto alla
posta prima della scadenza del termine.
Camera di Cassazione Civile del Tribunale di Appello del 23 marzo 1998 in re B./B.
Estratto dai considerandi:
- che con decisione 14 agosto 1997 l’Ufficio di conciliazione di Locarno, in parziale accoglimento dell’istanza 12 maggio 1997 presentata dai signori B. - che hanno occupato un appartamento di proprietà di Irma B. a Brissago dal 1° maggio 1993 al 30 aprile 1996 - ha decretato a loro favore la liberazione del deposito di garanzia di Fr. 1’500.-- oltre interessi, dedotti Fr. 566.05 riconosciuti alla locatrice a titolo di parziale risarcimento danni;
- che con scritto 14 settembre 1997 Irma B. ha adito il pretore postulando l’integrale riconoscimento delle proprie pretese risarcitorie per complessivi Fr. 1’288.80;
- che i convenuti si sono opposti all’istanza eccependone innanzi tutto la tempestività;
- che con il querelato giudizio il pretore, accertato che la decisione 14 agosto 1997 dell’Ufficio di conciliazione di Locarno è stata spedita alla ricorrente quel giorno medesimo ed è quindi giunta a destinazione al più presto il 16 agosto 1997 essendo il 15 agosto giorno festivo, ha concluso alla tardività dell’istanza in discussione pervenuta alla Pretura il 17 settembre 1997;
- che con atto ricorsuale 24 novembre 1997 Irma B. è insorta contro il giudizio pretorile contestando l’accertamento della tardività della sua istanza sostenendo di averlo imbucato il 13 settembre 1997, nonostante sulla stessa figuri la data del 14 settembre indicata per scaramanzia poiché a suo dire “il 13 porta sfortuna”;
- che al ricorso la controparte non ha formulato osservazioni;
- che tra i presupposti processuali che il giudice deve esaminare d’ufficio vi è quello dell’ammissibilità di ogni singolo atto processuale, quindi anche quello della sua tempestività;
- che il termine di 30 giorni per adire il giudice nei confronti delle decisioni dell’Ufficio di conciliazione è perentorio (art. 274f CO) e decorre dal giorno successivo a quello della loro notifica (Lachat, Le bail à loyer, 1997, cap. 5, n. 3.2.3 e cap. 29, n. 6.1);
- che il termine si reputa ossequiato se la domanda viene consegnata all’ufficio postale al più tardi l’ultimo giorno (Lachat, op. cit., cap. 29, n. 6.1);
- che spetta al mittente provare di aver consegnato l’atto alla posta prima della scadenza del termine (Cocchi/Trezzini, CPC, n. 1 ad art. 131);
- che nella concreta fattispecie, poiché la ricorrente sostiene di aver spedito il proprio ricorso il giorno di sabato 13 settembre 1997 presumibilmente per lettera semplice (posta B) come ha del resto fatto con tutte le altre sue comunicazioni riscontrabili agli atti della causa, l’unico mezzo per accertarne l’effettiva tempestività è la verifica della data del timbro postale sulla busta utilizzata per l’invio.
- che siccome questo mezzo di prova a disposizione della ricorrente è stato verosimilmente perso o distrutto dall’autorità che l’ha ricevuto per prima non trovandosene traccia alcuna nell’incarto, la parte che è privata di questa facoltà per la violazione di un dovere dell’autorità, deve poter essere esonerata dall’onere della prova circa la tempestività dell’invio (Poudret, Commentaire de la loi Fédérale d’organisation judiciaire, Volume I, 1990, pag. 223, n. 4.6);
- che di conseguenza l’istanza 14 settembre 1997 deve ritenersi tempestiva;
- che quindi gli atti devono essere ritornati al primo giudice affinché abbia a istruire e giudicare il merito della causa;
- che vista la particolarità del caso non si prelevano tasse e spese di giustizia.