GDL 4/31: RIMBORSO DEGLI AUMENTI NULLI DI PIGIONE
Pretura del Distretto di Leventina del 14 agosto 1997 in re A./J.

31. Art. 269d CO

RIMBORSO DEGLI AUMENTI NULLI DI PIGIONE

Un aumento del canone notificato senza formulario ufficiale è nullo.
Il conduttore può prevalersi in ogni momento del vizio di forma, eccezion fatta per il caso in cui incorra nel manifesto abuso di diritto, esendosi astenuto, in piena conoscenza del vizio di forma, dal contestare gli aumenti al fine di trarne vantaggi.
Secondo consolidata giurisprudenza, il conduttore che ha corrisposto indebitamente un aumento nullo, può pretenderne la restituzione o la compensazione con il canone corrente entro l’anno dal giorno in cui è venuto a conoscenza del suo diritto al rimborso.


Pretura del Distretto di Leventina del 14 agosto 1997 in re A./J.

Estratto dai considerandi:

1. Le parti istanti, rappresentate dalla signora Lina A., hanno stipulato con il convenuto, con effetto a far data dall’1.9.1985, un contratto di locazione avente per oggetto un appartamento di 4 locali, più servizi, sito al 2° piano dello stabile edificato sul mappale n. XX RFD di Bodio di loro proprietà (doc. D).

La durata iniziale della locazione veniva stabilita in 5 anni.

La pigione originalmente pattuita ammontava a Fr. 450.-- mensili, oltre fr. 15.-- mensili per spese di pulizia.

La stipula n. 6 del contratto in questione prevedeva il rinnovo tacito del contratto per un ulteriore anno e così di seguito in mancanza di una disdetta, da dare da una delle parti contrattuali con un preavviso di 3 mesi. Tuttora, se anche il convenuto non abita più l’appartamento, i relativi locali non risultano ancora essere stati riconsegnati alle istanti.

Durante il periodo della locazione il canone è stato aumentato a più riprese e precisamente passato a mensili Fr. 532.-- dall’1.2.1990, a Fr. 615.-- dall’1.3.1991 e a Fr. 715.-- dall’1.2.1992. Per la notifica degli aumenti, le parti istanti non hanno mai fatto capo al modulo ufficiale previsto dalla legge.

2. Nelle more della causa di divorzio, il convenuto aveva dovuto lasciare l’appartamento coniugale ed ha abitato per tre mesi, dal marzo al giugno 1996, un altro appartamento messogli a disposizione dalle stesse parti istanti (doc. L). Nel luglio 1996, conclusasi la procedura di divorzio ed avendo la moglie lasciato l’appartamento coniugale, egli si è ristabilito nello stesso, disattendendo alla disdetta intimatagli dalle locatrice in data 11.3.1996, con effetto dal 1.4.1996. (cfr. Inc. 51.96 richiamato dall’Ufficio di conciliazione). Con il ripristino del rapporto di locazione le parti istanti determinarono il canone di locazione in Fr. 750.-- mensili.

3. Con l’azione in esame, fallito il tentativo di conciliazione obbligatorio davanti all’Ufficio di conciliazione competente (cfr. doc. G), le istanti chiedono che il convenuto sia condannato al pagamento degli arretrati, oltre interessi dal 1. luglio 1996, corrispondenti a Fr. 1’001.50 per il canone di locazione e gli accessori, per 3 mesi di locazione dell’appartamento messo a disposizione a lato di quello coniugale e Fr. 3’000.-- per la locazione dell’appartamento già coniugale per i mesi da luglio a ottobre 1996. Invero chiedono pure il pagamento di Fr. 101.50, oltre interessi, per spese accessorie, non tenendo comunque conto, che detto importo chiaramente è già considerato nei Fr. 1’001.50 (cfr. doc. E e F). Altre pretese di tale ammontare del resto non sono documentate. Relativamente a tale importo l’istanza può pertanto già essere respinta, senza ulteriori disquisizioni.

4. Il convenuto si oppone al pagamento della pigione di Fr. 750.-- mensili a partire dal mese di luglio 1996. Egli non accetta il nuovo canone di locazione, ritenendolo troppo esoso rispetto alle pessime condizioni di abitabilità dell’appartamento, che non sarebbero imputabili alla mancata cura da parte degli inquilini, come pretendono le istanti, bensì alla mancanza di interventi strutturali a loro carico.

Con raccomandata 16.8.1996 il convenuto ha comunicato alle parti istanti l’intenzione di sciogliere il contratto, intendimento che del resto era già stato precedentemente espresso dalle locatrici stesse (cfr. inc. 51/56 dell’Ufficio di conciliazione, richiamato). A suo modo di vedere - contrariamente a quanto ritengono le parti istanti, che insistono sulla validità e sul rispetto dei legami contrattuali - la pretesa relativa ai canoni di locazione avanzata dalle parti istanti è anzitutto infondata, non esistendo più alcun contratto. Egli fa quindi valere a titolo di compensazione parziale fino all’ammontare da lui riconosciuto di Fr. 1’005.50, la somma di Fr. 14’771.--. Tale importo corrisponderebbe agli aumenti della pigione illecitamente pretesi sin dal 1990 (doc. 3).

5. Non è contestato dalle parti che gli aumenti dei canoni di locazione dall’appartamento a suo tempo coniugale, non siano stati notificati su formulario ufficiale, bensì mediante comunicazione verbale o semplici foglietti di carta (cfr. doc. 1). Il convenuto, che sostiene la nullità di tali aumenti a mente dell’art. 269d cpv. 2 CO, afferma di aver sempre pagato tali aumenti senza alcuna osservazione, in quanto era la sua ex moglie ad occuparsi dell’amministrazione famigliare. In sede di interrogatorio formale (cfr. rel. verbale 11.03.1997, risp. 5) ha peraltro dichiarato, che quando si modificava il canone di locazione, le locatrici glielo comunicavano e lui provvedeva semplicemente a cambiare l’ordine di pagamento presso la sua banca, senza verifica da parte sua della giustificazione degli aumenti.

Le parti istanti sostengono per contro che il convenuto si è sempre dichiarato accondiscendente a pagare gli aumenti stabiliti e che pertanto l’eccezione da lui sollevata configura un non tutelabile abuso di diritto a mente dell’art. 2 cpv. 2 CC.

6. Applicabile nella presente fattispecie sono le norme concernenti il contratto di locazione (art. 253 ss. CO) ed in particolare quelle relative agli aumenti della pigione (art. 269d CO). Secondo detta specifica norma, di carattere imperativo, il locatore può aumentare in qualsiasi momento la pigione per la prossima scadenza di disdetta. A lui incombono l’obbligo di rispettare determinati termini di notificazione e, pena la nullità, segnatamente l’obbligo di motivare l’aumento e di comunicarlo al conduttore su un modulo ufficiale approvato dal Cantone (cfr. D. Lachat - J. Micheli, “Le nouveau droit du bail”, Losanna 1992, pag. 190). In questo contesto, secondo la giurisprudenza, compie abuso di diritto - nei relativi stretti limiti ammissibili - solo il conduttore che, cosciente del vizio di forma relativo al mancato impiego del formulario ufficiale, si astiene dal contestare gli aumenti al fine di trarne ulteriormente un profitto. Se il locatore corrisponde il canone di locazione maggiorato, malgrado la nullità della comunicazione dell’aumento, nella misura in cui non abbia saputo di tale nullità, ha la facoltà di chiedere la restituzione di quanto pagato in troppo (cfr. DTF 113 II 187 ss. e 4C.93/1996 del 10.12.1996, OR - P. Zihlmann, ad art. 269, n. 11, SVIT - Kommentar Mietrecht, ad art. 269d OR n. 33 e ss.).

7. Alla luce delle risultanze processuali lo scrivente giudice non ravvisa nell’atteggiamento del convenuto un abuso di diritto. L’istruzione di causa ha infatti permesso di dimostrare che in effetti al momento della comunicazione degli aumenti il convenuto si limitava a dare ordine alla banca di cambiare l’importo da versare alle locatrice (cfr. rel. int. formale verbale 11.3.1997, risposta 5 e 9, confermato dal testo Dario F., verb. ibidem pag. 4). La prova, che il convenuto sapesse del vizio di forma e ciò malgrado avesse pagato volontariamente, in ogni modo incombeva alle parti istanti, che però non l’hanno portata. Del resto queste parti neppure hanno provato che la ex moglie del convenuto, che provvedeva al calcolo degli aumenti, fosse a conoscenza dell’obbligo di formulario. Anche volendo ammettere, che lei fosse un po’ cognita nella trattazione di pratiche amministrative e che fosse in grado di fare il calcolo dell’aumento di un canone di locazione (cfr. testi F., verb. 11.03.1997 p. 4 e S. verb. ibidem pag. 3), ciò non è sufficiente per dimostrare la sua conoscenza delle conseguenze dell’inosservanza dell’art. 269d CO. Tale conoscenza avrebbe infatti pure imposto la conoscenza dei contenuti necessari della comunicazione dell’aumento e mal si vede a questo punto che non avesse pure saputo della conseguenza legata al mancato rispetto della forma e ancora meno si capisce come mai abbia accettato di pagare un canone maggiorato nullo, pur avendo difficoltà di pagamento (cfr. teste C. verb. cit., pag. 3).

Va infine rilevato, che a mente di questo giudice l’accettazione dell’aumento del canone di locazione da parte di un coniuge esula dalla facoltà generale di rappresentanza dell’unione coniugale ai sensi dell’art. 166 cpv. 1 CC. Nello spirito della tutela dell’inquilino e della parità dei coniugi voluto dalla normativa sul contratto di locazione, l’accettazione di un aumento del canone di locazione irrispettoso della forma, oltrepassa in modo riconoscibile dai terzi il potere di rappresentanza di un coniuge e non riesce pertanto ad obbligare solidalmente l’altro coniuge (art. 166 cpv. 3 CC, cfr. Hausheer/Reusser/Geiser Kommentar zum Eherecht, Ed. 1988, ad art. 166 n. 45 ss.).

8. Accertata la nullità degli aumenti del canone di locazione corrisposti, le parti istanti non possono far valere a tale titolo alcuna pretesa nei confronti del convenuto. Occorre comunque esaminare in quali termini questi possa far valere, in compensazione del canone di locazione a cui hanno comunque diritto le parti istanti, le sue pretese di restituzione di quanto pagato in troppo. Applicabile sono le disposizioni relative alle obbligazioni derivanti da indebito arricchimento (art. 62 ss. CO). Secondo affermata giurisprudenza un locatario che ha pagato indebitamente per ignoranza un aumento del canone di locazione può pretendere la restituzione, o la compensazione con il canone di locazione corrente, di quanto pagato indebitamente entro l’anno dal giorno in cui è venuto a conoscenza del suo diritto alla ripetizione (cfr. SVIT-Kommentar Mietrecht, ad art. 269d CO n. 44, D. Lachat - J. Micheli, op. cit. pag. 191, DTF 113 II 187 e 4C.93/1996 del 10.12.1996).

9. Il convenuto ha cifrato l’ammontare dei pagamenti indebitamente fatti in costanza di matrimonio alle parti istanti in Fr. 14’771.--, documentando i relativi pagamenti (doc. 3).

Detto importo, relativamente all’ammontare, non è del resto contestato dalle parti istanti.

10. L’istruttoria di causa ha permesso di accertare che il convenuto è venuto a conoscenza dei suoi diritti al momento in cui è entrato in contatto con il patrocinatore, che lo assiste nella presente causa, ossia durante il mese di novembre 1996 (cfr. ordinanza 11.11.1996 e corrispondenza 13.11.1996 dell’avv. X. alla Pretura). Dell’illiceità degli aumenti del canone di locazione ancora non si era parlato in occasione dell’udienza danti all’Ufficio di conciliazione in materia di locazione, come risulta dal relativo verbale del 19.9.1996 (cfr. relativo richiamo agli atti) e nemmeno l’11.11.1996 alla prima discussione dell’istanza in esame. Ha quindi fatto valere le proprie pretese per la prima volta all’udienza del 3.12.1996.

Le parti istanti da parte loro non hanno addotto alcuna prova che il convenuto avesse conoscenza dell’illiceità degli aumenti già da prima. Si deve pertanto concludere - ritenuto che il termine decennale di prescrizione assoluta (art. 67 CO) non riguarderebbe per effetto dell’art. 67 cpv. 2 CO nemmeno gli aumenti anteriori al 1.9.1995 - che il convenuto fa valere le proprie eccezioni tempestivamente, cosiccome solleva validamente l’eccezione compensativa.

11. Per quanto riguarda le singole pretese fatte valere dalle parti istanti si può rilevare, che la pretesa di Fr. 1’001.50 (cfr. doc. e), consistente nei canoni d’affitto e accessori per l’appartamento messo a disposizione del convenuto per tre mesi, nelle more della causa di divorzio a lato di quello già coniugale, è da lui riconosciuta. In ispecie in questa pretesa è segnatamente riconoscibile l’importo Fr. 101.50 relativa ai costi per energia elettrica (doc. f), quali accessori ai sensi dell’art. 257a CO (cfr. SVIT-Kommentar Mietrecht, Ed. 1991, ad art. 257-257b, n. 11).

La pretesa riguardante infine i canoni di locazione ancora scoperti, concernenti i mesi di luglio, agosto, settembre, ottobre 1996 come a contratto (doc. d), per la quale le istanti chiedono Fr. 3’000.--, è riconoscibile per le ragioni svolte in questa sentenza, perlomeno nei confronti del convenuto, sulla base delle pattuizioni originali del contratto di locazione in ragione di Fr. 1’860.--, oltre interessi [(Fr. 450.-- + Fr. 15.-- di accessori) x 4 mesi].

A proposito di questa specifica pretesa, a causa di determinati problemi insorti fra le parti, quelle istanti avevano notificato al convenuto in data 11.3.1996 la disdetta con effetto a partire dall’1.4.1996 (in incarto richiamato dall’Ufficio di conciliazione). La questione nel contesto di questa causa non assume comunque importanza, in quanto il rapporto di locazione è poi stata ripristinato, come risulta dal verbale dell’udienza (cfr. doc. g). Avendo il convenuto goduto del possesso del bene locato per i 4 mesi per i quali le parti istanti protestano la pigione e gli accessori, i relativi importi sono loro pacificamente dovuti. La validità del contratto di locazione, contrariamente a quanto sostiene la parte convenuta, appare pertanto fuori discussione.

12. Reciproche pretese possono essere messe in compensazione ai sensi dell’art. 120 CO, purché siano dovute ed i rispettivi crediti scaduti. Ciò è il caso nella fattispecie. Di conseguenza le pretese delle parti istanti riconoscibili, consistenti in Fr. 2’861.50, oltre gli interessi di mora del 5% (art. 104 CO), dovuti dalla prima interpellazione documentata agli atti (art. 102 CO), ossia dal 19.09 1996 (udienza davanti all’Ufficio di conciliazione), possono dal convenuto essere poste in compensazione parziale con le relative pretese. L’istanza va pertanto respinta.

13. A mente dell’art. 414 CPC è data facoltà al giudice di decidere secondo il suo prudente giudizio sulle spese e sulle ripetibili. In considerazione della natura della causa, nonché del fatto che ad entrambe le parti in causa dev’essere riconosciuta l’ignoranza delle formalità necessarie per aumentare un canone di locazione e che il convenuto ha comunque pagato per lungo tempo volontariamente gli aumenti dei canoni non dovuti, permettendo la una certa perpetuazione di una situazione anomala, nonché che egli stesso è all’origine dell’inutile udienza del 11.11.1996 e della seconda resasi necessaria a causa della formulazione di una improponibile domanda riconvenzionale, si giustifica di esentare le parti dal pagamento delle tasse e spese di giudizio, compensando le ripetibili.