GDL 3/43: Contestazione della pigione iniziale / massima inquisitoria a carattere
sociale
I Corte Civile del Tribunale federale in re R. SA/T. SA del 21 gennaio 1997
43.
Contestazione della pigione iniziale / massima inquisitoria a carattere sociale
Art. 270 CO / Art. 274d CO / Art. 8 CC
La norma si applica solamente ai casi di nuova locazione, ossia quando il contratto viene concluso fra due parti che non erano già legate contrattualmente.
Essa non si applica in caso di rinnovo di un contratto fra le medesime parti, per lo stesso oggetto, ma con una pigione più elevata. In tal caso, il locatore deve notificare il nuovo canone al conduttore mediante modulo ufficiale, il quale può contestarlo in virtù degli art. 269d e 270b CO.
In caso di contestazione del canone, l'onere probatorio incombe al locatore. Ad ogni modo, anche nei casi in cui l'onere probatorio incombe al conduttore, il locatore è tenuto a collaborare all'assunzione delle prove da lui detenute, in particolare quando si tratta di valutare il reddito dell'ente locato in funzione dei rendiconti dell'immobile.
L'art. 274d cpv. 3 CO, istituente la cosiddetta "massima inquisitoria a carattere sociale", non obbliga il Giudice ad istruire d'ufficio la causa. Egli ha tuttavia il compito di rendere attente le parti sull'obbligo di collaborare all'istruzione della causa ed invitarle a completare le rispettive allegazioni. Il Giudice, accertato come le tavole processuali non permettono di determinare il reddito dell'immobile, non può decidere semplicemente a sfavore del conduttore, ma deve invitare il locatore a fornire le prove a sostegno della propria pretesa.
Estratto dai considerandi:
In fatto:
A. La R. SA. gestisce dal 1° aprile 1979 un bar a Cassarate al pianterreno di un immobile di proprietà della T. S.A.. Le predette società avevano inizialmente concluso un contratto di locazione quinquennale, con scadenza il 29 marzo 1984. L'accordo, che da principio prevedeva una pigione annua di Fr. 24'000.--, è poi stato prolungato di dieci anni, fino al 29 marzo 1994, con l'introduzione di una clausola d'indicizzazione. Il 29 aprile 1992 le parti hanno stipulato un nuovo contratto avente una durata di dodici anni; la pigione annua era fissata in Fr. 35'592.--, indicizzati, per il periodo dal 30 marzo 1992 al 30 marzo 1994, e in Fr. 55'000.--, indicizzati, a partire dal 1° aprile 1994.
Con lettera del 30 marzo 1994 la T. S.A. ha ricordato alla R. S.A. l'ammontare del canone dovuto a far tempo dal 1° aprile 1994. Questa ha prontamente contestato l'aumento presso l'Ufficio di conciliazione in materia di locazione per vizio di forma, a causa della mancata notifica su modulo ufficiale. Il 27 maggio 1994 la proprietaria ha nuovamente notificato l'adeguamento della pigione mediante lettera raccomandata e allegando copia del contratto sottoscritto il 29 aprile 1992; anch'esso è stato contestato presso l'Ufficio di conciliazione per violazione delle prescrizioni formali. L'aumento del canone è stato comunicato una terza volta, l'8 novembre 1994, su un modulo ufficiale, con effetto a partire dal 1° dicembre 1994, riservata l'applicazione retroattiva a partire dal 1° luglio 1994. Ancora una volta la conduttrice l'ha contestato.
B. Dopo l'intervento dell'Ufficio di conciliazione, il 28 febbraio 1995 la T. S.A. ha adito il Pretore del distretto di Lugano con un'azione tendente all'accertamento della validità dell'aumento della pigione a Fr. 55'000.-- a partire dal 1° luglio 1994, sussidiariamente dal 1° dicembre 1994. Il 19 dicembre 1996 il Pretore ha accolto l'istanza.
Statuendo sul gravame della R. S.A., il Tribunale d'appello del Cantone Ticino, con decisione del 24 luglio 1996, ha riformato la sentenza di primo grado nel senso di far decorrere la nuova pigione dal 1° dicembre 1994, invece che dal 1° luglio.
C. Il 29 agosto 1996 la R. S.A. è insorta avanti il Tribunale federale con ricorso per riforma. Essa postula, in via principale, la riforma della decisione impugnata nel senso di accogliere l'appello e respingere l'azione della controparte. In via subordinata chiede l'annullamento della querelata sentenza e il rinvio della causa alla Corte cantonale per nuovo giudizio. Con risposta dell' 11 novembre 1996 la T. S.A. propone la reiezione del gravame e la conseguente conferma della decisione impugnata.
In diritto:
1. Con il gravame viene impugnata una decisione finale emanata dal Tribunale supremo del Cantone Ticino (art. 48 cpv. 1 OG) in una causa civile di carattere pecuniario il cui valore litigioso davanti all'ultima istanza cantonale era manifestamente superiore a Fr. 8'000.-- (art. 46 OG). Interposto in tempo utile (art. 54 cpv. 1 OG), il ricorso per riforma in materia di contratto di locazione è pertanto ricevibile.
2. La Corte cantonale ha innanzitutto respinto la tesi secondo la quale l'aumento del canone era subordinato all'esecuzione di lavori di ristrutturazione da parte dell'attrice. Non avendo la convenuta riproposto quest'argomentazione nel ricorso per riforma, la decisione cantonale su questo punto è passata in giudicato.
3.a) Il nuovo diritto di locazione, entrato in vigore il 1° luglio 1990, esclude la possibilità di cumulare in un unico contratto una pigione scalare e una indicizzata. A prima vista potrebbe sembrare che tale eventualità si sia verificata in concreto, ciò che renderebbe nullo l'accordo sottoscritto il 29 aprile 1992 (art. 20 CO). In realtà non è così. Occorre infatti rilevare che il canone iniziale del nuovo contratto (Fr. 35'592.--) corrisponde a quello dovuto in base al precedente accordo e che le condizioni della locazione sono rimaste sostanzialmente invariate fino al 29 marzo 1994. Addirittura le parti hanno concordato che il deposito di garanzia di Fr. 7'000.-- inerente al vecchio contratto sarebbe stato restituito il 31 marzo 1994. Sulla scorta di queste considerazioni la Corte cantonale ha concluso che il contratto di locazione sottoscritto nel 1984 ha continuato ad esplicare i suoi effetti sino alla sua scadenza normale, il 29 marzo 1994, e ciò malgrado il tenore del nuovo accordo, stando al quale il nuovo contratto sostituirebbe quello precedente. Ne discende che l'accordo stipulato il 29 aprile 1992, con una durata globale di dodici anni, altro non è che un contratto decennale le cui condizioni di applicazione, e segnatamente la pigione annuale di Fr. 55'000.--, indicizzati, sono state concordate due anni prima della sua effettiva entrata in vigore. In queste circostanze il contratto oggetto della controversia risulta conforme all'ordinamento giuridico in vigore e pertanto la tesi della convenuta, secondo la quale si è in presenza di una pigione scalare cumulata con una indicizzata, non è sostenibile.
b) Nell'atto di ricorso la convenuta ribadisce il carattere unico e unitario del contratto sottoscritto dalle parti il 29 aprile 1992. A sostegno della propria tesi essa si avvale in primo luogo delle testimonianze rese davanti al Pretore, dalle quali emerge che la volontà vera e concorde delle parti (art. 18 cpv. 1 CO) era quella di concludere un nuovo contratto di locazione della durata di dodici anni.
La Corte cantonale ha quindi violato gli art. 1, 18 e 253 CO. In secondo luogo, richiamandosi ad elementi d'interpretazione oggettivi, la convenuta precisa che la stipula di un nuovo contratto con durata decennale risulta esclusa già dal tenore dell'accordo sottoscritto il 29 aprile 1992. Infine rileva che la notifica dell'aumento della pigione su di un modulo ufficiale è incompatibile con la tesi del nuovo contratto.
c) Nell'ambito di un ricorso per riforma il Tribunale federale fonda il suo giudizio sui fatti così come sono stati accertati dall'ultima istanza cantonale, a meno che siano state violate disposizioni federali in materia di prove e riservate le rettificazioni d'ufficio di sviste manifeste (art. 63 cpv. 2 OG). Sono in particolare inammissibili censure contro gli accertamenti di fatto (art. 55 cpv. 1 lett. c OG) o contro la valutazione delle prove eseguiti dall'autorità cantonale (DTF 122 III 26 consid. 4a/aa). Ne deriva che, nella misura in cui la convenuta fa riferimento a testimonianze che non risultano dalla fattispecie posta a fondamento della decisione impugnata, la censura è inammissibile.
A ogni modo, contrariamente a quanto asserito dalla convenuta, Il Tribunale d'appello non ha determinato la volontà reale delle parti ai sensi dell'art. 18 cpv. 1 CO. Ma se anche lo avesse fatto, si tratterebbe di una questione attinente all'accertamento dei fatti che come tale sfugge all'esame del Tribunale federale chiamato a statuire quale istanza di riforma (DTF 121 III 118 consid. 4b/aa, 119 II 368 consid. 4b, 118 II 365). La Corte cantonale ha semmai tentato di determinare la volontà presunta delle parti interpretando le loro dichiarazioni secondo il principio dell'affidamento. Così facendo essa ha statuito su di una questione di diritto che il Tribunale federale può esaminare liberamente nell'ambito di un ricorso per riforma (DTF 121 III 118 consid. 4b/aa con rinvii).
In applicazione del principio dell'affidamento le dichiarazioni delle parti vanno interpretate nel senso che il destinatario può e deve ragionevolmente attribuirgli secondo le regole della buona fede. A questo scopo non si considerano solamente il testo e il contesto delle dichiarazioni, bensì anche le circostanze che hanno preceduto o accompagnato la stipulazione del contratto (DTF 119 II 449 consid. 3a). In concreto, tenuto conto del testo del contratto sottoscritto il 29 aprile 1992 nonché del contesto in cui esso è stato stipulato, risulta evidente che non poteva essergli attribuito altro significato che quello ritenuto dalla Corte cantonale, le cui argomentazioni vanno senz'altro condivise. Questo accordo contiene infatti, manifestamente, due elementi ben distinti: da un lato la prosecuzione del precedente contratto sino alla sua scadenza (il 29 marzo 1994) e la sua liquidazione mediante restituzione della garanzia; dall'altro la conclusione di un nuovo contratto decennale con una nuova pigione più elevata, indicizzata. Né il contratto mantenuto sino al 29 marzo 1994, né quello nuovo prevedono il cumulo di un canone scalare con uno indicizzato, di modo che, come ha correttamente rilevato la Corte cantonale, entrambi risultano conformi all'ordinamento giuridico vigente. È quindi inutilmente che la convenuta si dilunga sull'impossibilità di combinare, nel medesimo contratto, l'indicizzazione e la scalarità della pigione. Il fatto che le parti abbiano concordato la continuazione del contratto in vigore sino alla sua scadenza, stabilendo nel contempo l'ammontare della pigione dovuta successivamente, non significa infatti che esse abbiano pattuito un canone scalare.
Ne discende che, nella misura in cui è ricevibile, la prima censura sollevata nel ricorso va respinta.
4.a) Avendo la convenuta criticato l'ammontare della nuova pigione di Fr. 55'000.--, la Corte cantonale ha esaminato l'ammissibilità e le condizioni di tale contestazione.
Giusta l'art. 270 CO il conduttore ha la facoltà di contestare la liceità della pigione iniziale entro trenta giorni dalla consegna della cosa, se sono dati i presupposti ivi menzionati. Questa disposizione si applica però solamente ai casi di nuova locazione, ovvero quando il contratto viene concluso fra le due parti che non erano già legate contrattualmente. Essa risulta pertanto inapplicabile qualora venga rinnovato con contratto fra le medesime parti, per il medesimo oggetto, ma con una pigione più elevata ( Gmür/Cavieziel , Mietrecht - Mietrechtschutz, Zurigo 1980, p. 96). In questo caso si è in presenza di un aumento della pigione che soggiace alle regole degli art. 269d e 270b CO (Schweizerischer Mieterverband, Mietrecht für die Praxis, Basilea 1983, p. 104; Lachat/Micheli, Le nouveau droit du bail, Losanna 1992, 2. ed. p. 194 n. 3.2.2.; Tercier, Les contract spéciaux , Zurigo 1995, 2. ed., n. 2035 p. 250; Barbey, L'arrête fédéral instituant des mesures contre les abus dans le secteur locatif, Losanna 1984, p. 25; DTF 99 II 297 consi. 2).
Poiché l'aumento della pigione era stato concordato in occasione dell'adozione di un nuovo regime contrattuale, la Corte cantonale si è chiesta se l'attrice era comunque tenuta a comunicarlo mediante modulo ufficiale. Sulla scorta della dottrina vigente essa ha risolto la questione affermativamente (Gmür/Thanei, Rechtsprechung des Bundesgericht zur Mietzinserhöhung, Zurigo 1993, p. 9; Müller, Der Bundesbeschluss über Massnahmen gegen Missbräuche in Mietwesen vom 30. Juni 1972, Zurigo, 1976, p. 113, 126 e 134; Gmür/Caviezel , op. cit. p. 96). Per contro ha stabilito che, poiché il contratto che legava le parti aveva durata determinata, non era necessario notificare l'aumento dieci giorni prima dell'inizio del termine di disdetta (art. 269d cpv. 1 CO; DTF 113 II 303 consid. 2c). In concreto, dunque, la Corte cantonale ha considerato valida solo la notifica datata 8 novembre 1994, in quanto comunicata su modulo ufficiale.
b) Contrariamente a quanto già accennato dal Tribunale federale (DTF 121 III 397 consid. 2b/bb), la Corte cantonale ha considerato inapplicabili le disposizioni relative alla procedura di contestazione della pigione iniziale (art. 270 CO). In concreto, tuttavia, la questione non risulta rilevante ai fini del giudizio poiché, anche qualora si qualificasse la fattispecie come contestazione della pigione iniziale, essa sarebbe comunque valida avendo la conduttrice adito l'Ufficio di conciliazione il 20 aprile 1994, ovvero entro i trenta giorni successivi alla consegna della cosa, avvenuta il 1° aprile 1994.
A ogni modo, pur dovendo far riferimento alla procedura di contestazione della pigione iniziale, nel merito la Corte cantonale ha correttamente applicato le disposizioni sull'aumento del canone di locazione. Secondo la dottrina citata nella sentenza impugnata (cfr. consid. a), infatti, l'art. 270 CO non torna applicabile al rinnovo del contratto fra le medesime parti, ovvero quando un locatore stipula un contratto con qualcuno che è già suo inquilino: questo rapporto giuridico va semmai esaminato secondo gli art. 269d e 270b CO, relativi alla contestazione dell'aumento della pigione. Ne deriva che quando viene sottoscritto un nuovo contratto susseguente ad uno che è appena terminato, si applicano le norme concernenti l'aumento del canone, anche se, tecnicamente e logicamente, si è in presenza di una contestazione della pigione iniziale.
D'altro canto, notificando espressamente l'aumento della pigione - dapprima mediante lettera e poi su di un modulo ufficiale - la stessa proprietaria ha indirizzato il litigio sull'aumento della pigione, con possibilità di contestazione da parte della conduttrice. In conclusione la tesi della Corte cantonale, per cui la conduttrice poteva contestare la liceità dell'aumento ai sensi dell'art. 269 e 269a CO, merita di essere condivisa.
5.a) La Corte cantonale ha infine ritenuto che l'onere di dimostrare il carattere abusivo dell'aumento della pigione incombe al conduttore che ne contesta la liceità giusta l'art. 270b cpv. 1 CO. Poiché l'istruttoria della causa non ha permesso di trarre alcuna conclusione in merito all'abusività del canone di locazione di Fr. 55'000.--, l'autorità cantonale ha deciso a sfavore della parte cui incombeva l'onere probatorio, negando il carattere abusivo della nuova pigione. essa ha tuttavia modificato la decisione impugnata nel senso di far decorrere l'aumento dal 1° dicembre 1994, così come indicato sul modulo ufficiale notificato l'8 novembre precedente.
b) A mente della convenuta, nel porre a suo carico l'onere probatorio, la Corte cantonale ha violato gli art. 8 CC e 274d CO nonché, indirettamente, gli art. 269 e 269a CO. Trattandosi di un procedimento retto dalla massima inquisitoria (art. 274d cpv. 3 CO) il giudice deve infatti assumere un ruolo attivo, stante l'obbligo delle parti a collaborare all'accertamento dei fatti. Ne discende che, se del caso, il Giudice è tenuto a interpellare la parte cui incombe l'onere probatorio e a invitarla a completare le sue allegazioni.
La convenuta precisa inoltre che per determinare se una pigione è abusiva e procura un reddito sproporzionato ai sensi dell'art. 269 CO; il Giudice deve procedere ad un'analisi economica sulla base dei conti relativi all'immobile. Essendo il propietario l'unico in possesso di tali documenti egli è tenuto a trasmetterli al giudice; qualora ometta o rifiuti di dar seguito alla richiesta, il Giudice deve negare l'aumento. Se dunque l'onere probatorio incombe al conduttore nell'ambito della contestazione della pigione iniziale, esso incombe al locatore quando è in discussione l'aumento del canone o un'altra modifica unilaterale del contratto (art. 270b CO).
c) Postasi a giusto titolo nell'ambito della pigione, è a torto che la Corte cantonale ha posto l'onere della prova della pigione abusiva a carico della conduttrice.
Di principio l'onere probatorio incombe a colui che allega dei fatti nell'intenzione di dedurre un diritto (art. 8 CC). In caso di contestazione dell'aumento dal canone esso è a carico del locatore (Ducrot, Procédure et contentieux en matière de bail à loyer et de bail à ferme non agricole en particulier dans le canton du Valais, in: RVJ 1991 p. 142; Jeanprêtre Pitter/Guinand/Wessner in: FJS n. 362B p. 13; Barbey, op. cit., p. 143). Avendo introdotto un'azione tendente all'accertamento della validità dell'aumento della pigione a Fr. 55'000.--, la proprietaria è tenuta a dimostrare che questo importo non è abusivo. A ogni modo, anche nel caso in cui, come nella contestazione della pigione iniziale, incombe al conduttore l'onere di provare il carattere abusivo della pigione, colui che detiene le prove è obbligato a collaborare alla loro assunzione, in particolare quando si tratta di valutare il reddito della cosa locata che può essere calcolato solamente in funzione dei conti dell'immobile (Lachat/Micheli, op. cit. p. 204 seg.; Lachat, Le loyer: un état des lieux, in: SJ 1996, p. 145).
Giovi inoltre rammentare che, nell'ambito delle procedure inerenti alla locazione di locali d'abitazione e commerciali, il giudice è tenuto ad accertare d'ufficio i fatti e apprezzare liberamente le prove. Tuttavia ciò non esime le parti dall'obbligo di sottoporgli tutti i documenti utili per la valutazione del caso (art. 274d cpv. 3 CO). Contrariamente a quanto asserito dalla convenuta, la massima inquisitoria non obbliga il giudice ad istruire d'ufficio la causa. Si tratta infatti della cosiddetta "massima inquisitoria a carattere sociale" o anche "massima inquisitoria attenuata" (cfr. Hohl, La réalisation du droit et les procédures rapides, p.46), istituita allo scopo di tutelare gli interessi della parte economicamente più debole, ovvero il conduttore, e di garantire l'uguaglianza delle parti nel procedimento. In virtù della summenzionata norma, il giudice ha comunque il compito di rendere attente le parti sull'obbligo di collaborare all'istruzione della causa e invitarle a completare le rispettive allegazioni (Jeanprêtre Pittet/Guinand/Wessner), op. cit. p. 12 seg.; SVIT Kommentar Mietrecht, n. 19 ad art. 274d CO, p. 818; Rapp Autorités et procédure en matière du bail a loyer, in: Séminaire sur le droit du bail, 1994, p. 13; Brönimann, Gedanken zur Untersuchungsmaxime, in: ZBJV 126/1990, p. 345-348 segg.).
Ne discende che la Corte cantonale, una volta constatato che l'istruttoria non ha permesso di giungere ad alcuna conclusione in merito all'asserita abusività della pigione di Fr. 55'000.--, non poteva semplicemente decidere a sfavore della conduttrice, alla quale riteneva incombesse l'onere probatorio. Essa avrebbe potuto procedere a più ampie indagini, invitando in particolare la proprietaria a fornire le prove a sostegno delle proprie pretese.
Ciò vale a maggior ragione se si considera che la conduttrice ha formulato esplicitamente delle richieste sussidiarie in relazione alla liceità della nuova pigione, asseverando ch'essa era manifestamente eccessiva e quindi abusiva.
6. Per le ragioni sovraesposte la decisione impugnata è annullata e la causa rinviata alla Corte cantonale affinché essa, in conformità con quanto prescritto all'art. 274d cpv. 3 CO, accerti d'ufficio i fatti rilevanti per la decisione sull'abusività della pigione, e ciò sulla scorta della documentazione e dei mezzi prova che l'attrice dovrà fornire.
7. Poiché il gravame viene accolto solo parzialmente, si giustifica di ripartire la tassa di giustizia fra le parti in ragione di metà ciascuna, compensate le ripetibili (art. 156 cpv. 3 e 159 cpv. 3 OG).