GDL 3/31: Disdetta per gravi motivi: malattia del conduttore
Pretura del Distretto di Lugano in re P./ Immobiliare B. SA del 31 luglio 1996

31.

Disdetta per gravi motivi: malattia del conduttore

Art. 266g CO

Il conduttore può fondare la propria disdetta straordinaria per locali commerciali sulla sua malattia che, pur essendo già presente al momento della stipula del contratto, si è aggravata in seguito sino a renderlo totalmente inabile al lavoro. Al momento della sigla del contratto, non era per lui prevedibile che vi sarebbe stato un peggioramento del suo stato di salute, con effetto invalidante.

Estratto dai considerandi:

1. In data 9 settembre 1994 le parti hanno sottoscritto un contratto di locazione avente per oggetto dei locali adibiti ad uso commerciale e più precisamente alla gestione dell'albergo S. a Lugano. Il contratto è stato stipulato di durata indeterminata con prima possibilità di disdetta per il 31 marzo 2000 con un preavviso di sei mesi (doc. A).

Il rapporto di locazione tra le parti è cominciato nel 1979. Ogni 5 anni a partire da questa data è stato sottoscritto un nuovo contratto, ultimo dei quali quello in cui al doc. A.

Dopo aver già comunicato alla locatrice, sia oralmente, sia tramite lettera, le proprie difficoltà derivanti dal suo stato di salute, in data 13 dicembre 1995, la Signora P. ha notificato alla locatrice la disdetta del contratto di locazione per il 30 giugno 1996, adducendo, quale motivo ex art. 266g CO, gravi ragioni di salute.

Con lettera 14 dicembre 1995, la convenuta ha comunicato all'istante di non accettare la disdetta, non ritenendo che i problemi di salute della stessa la possano liberare dagli obblighi contrattuali ( doc. 3c UC).

In data 2 gennaio 1996 la locatrice ha adito l'Ufficio di conciliazione, il quale, con decisione 4 aprile 1996, pur non negando il grave stato di salute della signora P. e la seguente impossibilità di mantenere il contratto, ha ritenuto che, sussistendo la malattia già all'atto della sua sottoscrizione, l'aggravamento, siccome prevedibile, non costituisce motivo di lecita risoluzione.

Contro questa decisione, il 16 aprile 1996, la signora P. ha quindi introdotto istanza a questa Pretura tendente all'accertamento della bontà della disdetta per gravi motivi.

2. Giusta l'art. 266g cpv. 1 CO, ciascuna delle parti può, per motivi gravi che le rendano incomportabile l'adempimento del contratto, dare la disdetta osservando il termine legale di preavviso per una scadenza qualsiasi.

Esistono "motivi gravi" quando si verificano circostanze eccezionali, sconosciute e imprevedibili al momento della conclusione del contratto, che rivestono inoltre un certo carattere di gravità e che non sono imputabili al conduttore (Lachat/Micheli, Le nouveau droit du bail, 2 ed., p. 316). La dottrina riconosce ad esempio, tra i motivi gravi, uno stato di salute che rende impossibile l'utilizzo dell'appartamento (Droit suisse du bail à loyer, UPSI 1992, p. 377).

L'istante è in cura dal 1993 dal Dr. A., in quanto affetta da colite ulcerosa diagnosticata nel novembre del 1993 (teste Dr. A., verb. 11 luglio 1996). Al momento della stipulazione del contratto sapeva quindi già di essere stata malata. Dalla testimonianza del succitato medico curante, emerge che dopo un primo miglioramento, seguito da un peggioramento nella primavera del 1994, ci è stato un ulteriore miglioramento nell'estate dello stesso anno. L'ipotesi di base del medico in quel periodo era che, "curandola, la paziente sarebbe migliorata e avrebbe potuto continuare la sua vita normalmente". Nel corso del 1995 e del gennaio 1996 vi è stato però un'ulteriore peggioramento della situazione a seguito del quale la signora P. è stata ricoverata e poi considerata inabile al lavoro al 100%. il Dr. A. ha inoltre asserito che "la colite ulcerosa è una malattia dal decorso incerto" e che, "ovviamente, astenersi da situazioni stressanti, potrebbe favorire un miglioramento" (verb. 11 luglio 1996).

Determinante nella fattispecie non è tanto il decorso oggettivamente variabile della malattia in quanto tale, ma piuttosto la questione di sapere se un peggioramento fino a rendere incomportabile la locazione era, al momento della stipula del contratto, per l'istante un fattore imprevedibile. In effetti sempre stando alla deposizione del Dr. A., emerge che egli, in quanto medico curante, ancora nel novembre 1994 era convinto che la situazione sarebbe migliorata, tant'è che non ha prospettato alcuna invalidità. Orbene, secondo il principio della buona fede non si poteva certo pretendere dall'istante che, rassicurata dalla prognosi del medico, prevedesse lei da sola l'aggravarsi della malattia fino ad imporle di cessare l'attività. Del resto il medico, pur dovendo oggettivamente, nella sua diagnosi, prendere in considerazione l'ipotesi di un aggravamento siccome non del tutto remota, alla paziente fino a quel momento ha prescritto cure terapeutiche, senza ospedalizzazione e soprattutto senza prospettarle (e quindi senza farle presente) l'eventualità di un fattore invalidante. Del resto il medico stesso, soltanto nel 1996, quindi in epoca successiva alla sottoscrizione del contratto, ha prescritto alla paziente cure più incisive con un ricovero in ospedale. In altri termini ben si deve ritenere che al momento della stipulazione del contratto non poteva certamente essere esatto dall'istante che tenesse in considerazione un'eventualità di aggravamento della sua malattia e quindi di un possibile fattore invalidante, o che comunque l'avrebbe costretta ad abbandonare l'attività, che nemmeno il suo medico le aveva prospettato: essa era sì inabile temporaneamente al lavoro nella misura del 50% ma convinta che si trattasse di uno stato temporaneo.

Diversamente significherebbe obbligare una persona temporaneamente ammalata ma almeno soggettivamente convinta di guarire per effetto della diagnosi del suo medico, a non sottoscrivere alcun contratto e quindi ad abbandonare ogni possibilità di guadagno per effetto di un, quantunque remoto, possibile peggioramento del suo stato di salute.

È inoltre emerso dall'istruttoria che la gestione dell'albergo ruota attorno alla signora R. ogni decisione importante a tutt'oggi viene presa da quest'ultima (teste V.R., verb. 11 luglio 1996). "Attualmente l'albergo è mandato avanti dal compagno della signora che normalmente fa il cuoco. Tuttavia, i problemi con il personale o con i fornitori vengono gestiti a distanza ancora dalla signora R." (V.R., verb. 11 luglio 1996). L'unico modo per astenersi da situazioni stressanti, come consigliato dal medico, rimane dunque per lei quello di abbandonare completamente l'attività e di conseguenza di vendere l'inventario dell'albergo e lasciare l'ente locato. Tra i dipendenti dell'albergo non vi è infatti nessuno in grado di sostituirla. La stessa signora V.R., che possiede l'attestato di capacità per la gestione dell'albergo, ammette che oltre a non essere interessata a gestire l'albergo non se la sentirebbe nemmeno di assumersi una tale responsabilità. Benché formalmente qualificata per la conduzione dell'esercizio, ella, che personalmente non ha mai avuto nessuna responsabilità nella gestione dell'albergo, manca quindi di quei requisiti necessari per assumere una posizione dirigente nella conduzione di un esercizio.

3. Stante quanto sopra, non contestato il grave stato di salute della parte istante, ammessa l'imprevedibilità dell'aggravamento delle sue condizioni fisiche, avendo l'istante rispettato il termine legale di preavviso, le condizioni dell' art. 266g CO risultano pertanto adempiute e di conseguenza la disdetta 13 dicembre 1995 è da considerarsi valida.