GDL 3/18: Risarcimento danni
II Camera Civile del Tribunale di Appello in re C./S. del 16 ottobre 1996
18.
Risarcimento danni
Art. 259e CO
Deve essere riconosciuto al conduttore un risarcimento danni per la locazione di locali sostitutivi durante un periodo di tre mesi in cui non gli è stato possibile usare l'ente locato, adibito a scuola di musica, a causa della relativa umidità. Vanno altresì indennizzati i costi per la riparazione degli strumenti musicali danneggiati a seguito del medesimo difetto, nonché il deprezzamento degli strumenti medesimi.
Estratto dai considerandi:
In fatto:
A. A far tempo dal 1° gennaio 1990 l'istante ha locato dal convento per la durata di un anno, tacitamente rinnovabile per il medesimo periodo, un appartamento di 6 locali da adibire a scuola di musica al 1° piano di via V. a Lugano.
Il contratto è stato disdetto dal conduttore per causa grave - umidità dei locali tale da renderli inabitabili - per il 31 marzo 1993.
B. Con l'istanza in rassegna il conduttore postula la condanna del convenuto al pagamento di complessivi Fr. 18'080.-- oltre interessi, di cui Fr. 4'230.-- in risarcimento di quanto pagato per la locazione di locali sostitutivi nel periodo gennaio - marzo 1993, Fr. 9'350.-- per la riparazione degli strumenti musicali danneggiati dall'umidità, e Fr. 4'500.-- per il minor valore degli strumenti medesimi.
C. All'udienza del 18 aprile 1996 il convenuto si è opposto all'istanza, sollevando preliminarmente l'eccezione di cosa giudicata - le pretese dell'istante sarebbero già state decise nell'ambito della causa (richiamata) vertente sul pagamento dei canoni di locazione -e sostenendo per il resto la mancata prova del fatto che i difetti agli strumenti sarebbero riconducibili all'umidità, ed adducendo inoltre la concolpa del danneggiato per aver lasciato gli strumenti nei locali sapendoli umidi.
D. Nel giudizio impugnato, il Pretore ha dapprima respinto l'eccezione di cosa giudicata, constatata la mancanza di identità tra le due cause.
Dovendosi ritenere che l'istante ha fornito la prova del danno da lui subìto, come pure del nesso causale con il difetto dell'ente locato, e non potendosi ammettere una sua concolpa, ne conseguirebbe l'integrale accoglimento dell'istanza.
E. e F. Omissis
In diritto:
1. Omissis
2. Il convenuto sostiene che l'istante sia l'esclusivo responsabile della situazione per aver lasciato i pianoforti nei locali in questione per altri 6 mesi circa dopo il settembre 1992, allorché la situazione era stata definita insostenibile, e per non aver fatto funzionare correttamente l'impianto di riscaldamento.
Si tratta di contestazioni ingiustificate.
2.1. Il primo rimprovero è frutto di un inammissibile ragionamento ellittico: se il mobilio o altro oggetto del conduttore si deteriora a causa di un difetto dell'ente locato, non può di certo, in astratto, costituire colpa (o concolpa) del conduttore il solo fatto di lasciare i propri oggetti nell'ente locato in costanza di contratto. Né tale rilievo risulta in concreto giustificato nella misura in cui esso può essere inteso come rimprovero di un atteggiamento attendista o dilatorio del conduttore: egli risulta avere tempestivamente segnalato l'umidità dei locali, e anche la disdetta per causa grave è stata decisa e pronunciata in tempi assai brevi.
Eventuali perdite di tempo sono semmai ascrivibili alla "sistemazione provvisoria" (doc. D), ma infruttuosa messa in atto dal locatore, come pure alla pretesa sistemazione definitiva degli inconvenienti, annunciata con la lettera del 26 gennaio 1993 (doc. 2), ma clamorosamente smentita dalla declaratoria di inabilità di cui al doc. F (cfr. anche il doc. G).
2.2. È per contro vero, almeno in linea teorica, che al conduttore può essere imputata una concolpa se egli omette di effettuare quanto rientra nelle sue possibilità per ovviare alle manifestazioni di umidità, come ad esempio la corretta areazione dei locali (II CCA 3 febbraio 1995 in re M./F.: riduzione di 1/3 del risarcimento per negletta areazione) o il loro corretto riscaldamento.
Il rilievo è tuttavia privo di conseguenze pratiche, visto che merita ampia conferma la decisione del Pretore di ritenere non provato che il conduttore avrebbe omesso di utilizzare il riscaldamento.
L'appellante invoca dapprima la deposizione del teste B., il quale riferisce di una generica "sproporzione" tra i suoi consumi di gas e quelli del conduttore.
Tale asserita "sproporzione" non è però ancora prova o indizio di una violazione contrattuale da parte del conduttore: non sono note le dimensioni dell'appartamento del teste o la temperatura alla quale egli è uso mantenere la propria abitazione, inoltre il suo maggior consumo potrebbe essere riconducibile all'uso dei fornelli e al consumo di acqua calda.
Né il fatto - anch'esso riferito dal teste - che in un'occasione il contatore del conduttore sarebbe stato staccato conduce a diversa soluzione, al contrario esso induce a pensare che i consumi sarebbero stati maggiori di quanto indicato dal contatore.
Nulla può essere dedotto neppure dagli importi fatturati dall'AIL (cfr. doc. richiamato): gli importi - peraltro non molto dissimili tra di loro - non riguardano il medesimo periodo dell'anno e non sono perciò confrontabili, inoltre eventuali differenze sarebbero comunque da relativizzare alla luce delle possibili differenze di temperatura da un inverno all'altro.
Non può infine essere attribuita forza probante all'opinione del dott.
G. sulle cause dell'umidità (doc. F) già solo per il fatto che si tratta di questioni esulanti dal suo specifico campo di competenza, e comunque per il motivo che egli si è espresso in termini dubitativi ("probabilmente ... potrebbe ...") e non perciò con il grado di certezza necessario per poter ammettere l'esistenza di un comportamento anticontrattuale del conduttore.
3. L'appellante sostiene poi di aver fornito la prova della propria assenza di colpa, così da giustificarsi la soluzione di non porre a suo carico il danno subìto dal conduttore.
Anche questa tesi è infondata.
Il fatto che il convenuto, come egli sottolinea nel gravame (p. 7), abbia messo in atto dei provvedimenti volti all'eliminazione del difetto o comunque alla limitazione delle sue conseguenze, nulla toglie alla constatazione - di per sé incontestata - del fatto che l'insorgenza del grave difetto debba essere ricondotta alla carente manutenzione dell'immobile o all'insufficiente sorveglianza dell'attività commerciale svolta dalla Lavanderia V., circostanze sicuramente ascrivibili al convenuto e per le quali nessuna prova liberatoria è stata fornita.
È perciò manifestamente a torto che il convenuto tenta di discolparsi adducendo il proprio comportamento successivo all'insorgenza del difetto - peraltro doveroso -, rimanendo invece silente circa il proprio comportamento al riguardo delle rilevanti circostanze connesse con il manifestarsi del difetto, visto che tale silenzio non può che condurre alla soluzione di ritenere che egli non si sia discolpato (art. 259e CO).
4. L'appellante contesta infine la posizione di danno costituita dalla spesa di Fr. 4'320.-- per un ente sostitutivo.
L'obiezione non è rivedibile alla luce del principio dell'affidamento, visto che in occasione dell'udienza del 23 maggio 1996 (verbale, p. 5) il convenuto ha dichiarato "di non contestare il fatto che la controparte abbia pagato i mesi da gennaio 1993 a marzo 1993 a diverso locatore per vani sostitutivi per complessivi Fr. 4'320.-- come indicato nell'istanza a p. 4 punto 4", inducendo con ciò l'istante a rinunciare ad una prova testimoniale.
L'ammissione riguarda infatti sia il fatto dell'avvenuto pagamento dell'importo in questione, che il fatto che si trattava di locali sostitutivi di quello oggetto del contratto, in modo che non è più in buona fede proponibile in questa sede l'obiezione secondo cui tali locali non sarebbero stati locati per continuarvi l'attività (appello, p. 7).
Ne deve conseguire la reiezione del gravame.
Le spese e la tassa di giustizia seguono la soccombenza dell'appellante.
Al conduttore, che non ha presentato osservazioni all'appello, non vengono tuttavia assegnate ripetibili (art. 148 CPC).