GDL 3/6: Disdetta per mora: inizio della decorrenza dei termini
II Camera Civile del Tribunale di Appello in re F./R. del 31 maggio 1995
6.
Disdetta per mora: inizio della decorrenza dei termini
Art. 257d CO
L'ultimo termine assegnato al conduttore per il pagamento del canone scaduto (di trenta giorni nel caso di locali di abitazioni e commerciali), inizia a decorrere dal giorno in cui costui ritira l'invio raccomandato, oppure, in caso di mancato ritiro, l'ultimo dei 7 giorni di sua giacenza presso l'Ufficio postale.
Ove il conduttore rifiuti di ritirare la raccomandata, si presume che la notifica sia comunque validamente avvenuta.
Diversamente, nel caso in cui non fu possibile notificare né la raccomandata né l'avviso di ritiro per mancanza di un valido recapito, non vi è stata alcuna notifica, con la conseguenza che il termine di diffida non inizia a decorrere, a meno che il conduttore, in violazione del principio della buona fede, si sia sottratto deliberatamente alla notifica.
Estratto dai considerandi:
1. Giusta l'art. 257d cpv. 1 CO quando, dopo la consegna della cosa, il conduttore sia in mora nel pagamento del corrispettivo o delle spese accessorie scaduti, il locatore può fissargli per iscritto un termine per il pagamento e avvertirlo che, scaduto infruttuosamente questo termine, il rapporto di locazione sarà disdetto; detto termine è di 10 giorni almeno; nel caso di locali d'abitazione o commerciali, di 30 giorni almeno.
La dottrina e la giurisprudenza sono concordi nel ritenere che il termine di pagamento comincia a decorrere dal momento della ricezione della diffida da parte del conduttore (DTF 119 II 149 e rif., II CCA 6 luglio 1994 in re C./M. e IIcc.; Higi, Commentario zurighese, 1994, n. 37 ad art. 257d CO).
1.1. In base alla cosiddetta "Empfangstheorie" (o teoria della ricezione), di regola una manifestazione di volontà scritta produce i suoi effetti dal momento che la stessa entra nella sfera del destinatario e ciò indipendentemente dal fatto che questi ne prenda effettivamente conoscenza o meno (DTF 107 II 191 con numerosi rif.): nel caso di un invio raccomandato, in particolare, se il destinatario non viene rintracciato al momento della distribuzione e il postino gli lascia un avviso di ritiro, la comunicazione è considerata ricevuta dacché il destinatario è in misura di prenderne possesso all'ufficio postale, ritenuto che ci si può attendere che questi lo faccia al più presto (sentenza DTF citata, con rif.).
1.2. Rilevando tuttavia che la teoria della ricezione poteva produrre soluzioni inique ed effetti incompatibili con la protezione degli inquilini, il Tribunale federale ha deciso che per quanto riguardava l'inizio del termine di 30 giorni di cui all'art. 257d cpv. 1 CO (DTF 199 II 149) - come per quello di cui all'abrogato art. 18 DFAML (DTF 107 II 193) - quel principio potesse trovare applicazione solo in modo limitato.
In base al sistema della cosiddetta "eingeschränkte Empfangstheorie" che si è così sviluppata, per giorno di ricezione non si intende più tanto quello in cui la comunicazione entra nella sfera del destinatario, quanto quello in cui quest'ultimo riceve effettivamente la comminatoria: nel caso di un invio raccomandato sarà pertanto determinante il momento in cui il locatario si vede consegnare la missiva, oppure il giorno in cui egli la ritira all'Ufficio postale, mentre nel caso in cui la stessa non viene ritirata nei 7 giorni di giacenza (cfr. art. 169 cpv. 1 lett. d) e O1 sul servizio postale, SR 783.01, si presume che la stessa è stata notificata l'ultimo dei 7 giorni di giacenza (DTF 119 II 149 con rif.; Higi, op.cit., ibidem); nel caso in cui il conduttore rifiuta di ritirare la raccomandata, si presume che la notifica è comunque validamente avvenuta (art. 156 CO; HIGI, op. cit. ibidem; Kramer / Schmidlin, Commentario bernese 1986, n. 93 ad art. 1 CO; Jeanprêtre, L'expédition et la réception des actes de procedure et des actes juridiques, in SJZ 1973 p. 351).
2. Il sistema della "eingeschränkte Empfangstheorie" non permette tuttavia a prima vista di risolvere il caso che qui ci occupa, ove il conduttore per mancanza di un valido recapito (art. 169 lett. a) O1 sul servizio postale) non ha punto ricevuto né la raccomandata, né l'avviso di ritiro: diversamente dai casi precedenti, in questo caso, infatti, al destinatario non è stato assegnato alcun termine per provvedere al ritiro della missiva, di modo che appare francamente iniquo far capo alla finzione, secondo cui la notifica sia avvenuta il settimo giorno di giacenza, giacenza che nel caso di specie è sì avvenuta, ma non a Muzzano, bensì al luogo d'impostazione, senza che il destinatario potesse perciò più entrare in possesso della lettera.
2.1. In una situazione del genere, appare al contrario più corretto far capo ai principi dottrinali sviluppati in margine alla tradizionale "Empfangstheorie": in casi analoghi, la dottrina ha infatti ritenuto che, se la raccomandata - la cui spedizione avviene di regola a rischio del mittente (Von Tuhr / Peter, Allgemeiner Teil, Zurigo 1988, p. 139 e segg.) - non è assolutamente pervenuta al destinatario, in linea di principio non vi è ancora una valida notifica, a meno che quest'ultimo in violazione del principio della buona fede abbia fatto in modo di sottrarsi alla relativa notifica (art. 2 cpv. 2 CC; Von Tuhr / Peter, op. cit., p. 173; cfr. pure Schönenberger / Jäggi, Commentario zurighese, 1973, n. 46a ad art. 9 CO, che hanno ulteriormente sviluppato la questione proponendo alcuni parametri di valutazione).
2.2. Nel caso di specie, a giudizio di questa Camera, non si può rimproverare al convenuto un comportamento in urto con il principio della buona fede, per il fatto che la consegna della raccomandata non fu possibile.
2.2.1. Innanzitutto va rilevato che il destinatario di una missiva deve potersi aspettare che la corrispondenza gli venga indirizzata al suo domicilio, oppure presso la sua sede d'affari (Von Tuhr / Peter, op. cit. n. 12 p. 168).
Nella fattispecie, se anche il convenuto poteva oggettivamente aspettarsi delle missive in relazione al rapporto di locazione - stante la sua incontestata mora nei pagamenti della pigione - è chiaro che le stesse non avrebbero dovuto essere indirizzate a Muzzano: egli non risulta infatti domiciliato in quel Comune (cfr. l'intestazione delle cause giudiziarie), tanto è vero che alla postina egli aveva espressamente detto "io non abito qui" (teste B. p. 1); l'istante del resto sapeva, per aver già avuto a che fare con il convenuto, che la controparte era domiciliata a Melide (cfr. doc. D, N) e che la sua sede d'affari era a Noranco (cfr. doc. C): a questo proposito va altresì sottolineato che in precedenza altre comunicazioni inerenti il contratto di locazione non erano mai state indirizzate a Muzzano, mentre lo erano state - anche per invio raccomandato - a Noranco (ad es. doc. C).
2.2.2. Il buralista di Muzzano ha riferito che la corrispondenza del convenuto veniva regolarmente ritornata al mittente (teste B. p.1). Atteso tuttavia che da una parte egli stesso ha riconosciuto che, ancorché la postina non fosse "autorizzata a fare spedizioni (lettere raccomandate, semplici,...) senza il mio consenso, non escludo però che la postina possa avere consegnato brevi-manu a Muzzano al signor R. "(teste B.) e che dall'altra il convenuto ha a sua volta provato che alcune lettere, segnatamente le bollette della AIL relative all'appartamento - tranne nei primi 2 mesi - gli giunsero regolarmente a Muzzano (dichiarazione AIL 10.2.1995), ben si può ammettere che egli poteva ragionevolmente aspettarsi che altra corrispondenza potesse essergli consegnata a quel recapito. Trattandosi poi di un invio raccomandato, la cui importanza è senz'altro nota all'amministrazione postale, egli poteva senz'altro aspettarsi che il postino avesse ad avvisarlo in qualche modo prima di procedere ad un eventuale rinvio al mittente: lo stesso buralista ha per altro ammesso che i suoi superiori, da lui interpellati, ebbero a dirgli che in un caso del genere egli avrebbe anche potuto tenere in giacenza la lettera e rispedirla al mittente passati i 7 giorni di giacenza (teste p.2).
2.2.3. L'intenzione di sottrarsi da eventuali notifiche a Muzzano è altresì esclusa dal successivo comportamento tenuto dallo stesso convenuto: l'11 luglio, non appena seppe dal buralista che una raccomandata, verosimilmente del signor F., il 9 luglio era stata ritornata al mittente, egli ha infatti immediatamente provveduto a comunicare alla posta di Muzzano che in futuro la corrispondenza che gli sarebbe pervenuta all'indirizzo di via V. andava deviata a Melide. Il convenuto ha così mostrato la sua inequivocabile intenzione di evitare in futuro ulteriori problemi inerenti alla notifica di comunicazioni, ritenendo pure che la comunicazione rinviata al mittente, se importante, sarebbe stata, se del caso, ripetuta (sulla necessità o meno di ripetere l'invio si tornerà al prossimo considerando).
2.3. D'altro canto, l'atteggiamento tenuto dal locatore nell'episodio appare tutt'altro che consono al principio della buona fede.
La dottrina dominante ritiene che il principio della buona fede impone al dichiarante, che viene a sapere che la sua dichiarazione di volontà non è venuta a conoscenza del destinatario, di ripetere immediatamente la comunicazione (Von Tuhr / Peter, op. cit. n. 32 p. 170 e p. 173; SVIT, Schweizerisches Mietrecht, Zurigo 1991, no. 5 ad Vorb. zu art. 266-266o CO; Schmid, Commentario zurighese, 1974, n. 19 ad art. 267a CO; Bucher, op. cit. n. 88 p. 140). Schönenberger / Jäggi, op. cit., n. 405 ad art 1 CO ammettono tale soluzione anche nel caso ben più estremo, in cui il destinatario rispedisce volontariamente la lettera al mittente senza averla aperta; contra: Kramer / Schmidlin, op. cit., n. 92 ad art. 1 CO), altrimenti si presume che egli abbia rinunciato alla stessa (Von Tuhr / Peter, op. cit., p. 173): sarebbe infatti assolutamente iniquo fingere da parte sua che la controparte sia a conoscenza di una comunicazione, che egli sa non esserle nemmeno pervenuta (Von Tuhr / Peter, op. cit., ibidem; SVIT, op. cit., ibidem).
2.3.1. Nel caso di specie l'istante sapeva perfettamente che la raccomandata non era stata recapitata al convenuto, che risultava "irreperibile" e "partito senza lasciare indirizzo" (doc. G), tanto più che la busta venne ritornata perfettamente chiusa.
Contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, il fatto che la comunicazione sia stata rinviata per lettera semplice a quello o ad un nuovo indirizzo è stato validamente contestato dal convenuto nel corso dell'udienza del 1° febbraio 1995, laddove dapprima si dice "inoltre controparte sostiene a p. 6 della propria istanza di aver proceduto a un secondo invio per lettera semplice. La tesi è incomprensibile per le seguenti due ragioni: da un lato la controparte sa benissimo che una lettera semplice non avrebbe comunque costituito un mezzo di prova e secondo è legittimo chiedersi perché non abbia proceduto per lettera raccomandata o con l'ausilio dell'autorità comunale" (verbale p. 4) ed in seguito si legge che la parte convenuta "ribadisce l'irrilevanza dei mezzi di prova richiesti da controparte in quanto i fatti della causa dimostrano a sufficienza l'invalidità della comunque contestata diffida di pagamento e comminatoria anche se questa fosse realmente stata spedita dalla controparte" (verbale p. 6).
Poiché l'istante non ha portato alcuna prova in merito all'eventuale nuova comunicazione, di cui per altro nemmeno è stata indicata la data, è evidente che tale circostanza va ritenuta non provata (art. 8 CC).