GDL 3/2: Contratto collettivo viziato da errore essenziale
II Camera Civile del Tribunale di Appello in re T. Sagl/F. SA. del 19 febbraio 1997
2.
Contratto collettivo viziato da errore essenziale
Art. 253 e 23 CO
Non è vincolante, siccome viziato da errore essenziale, un contratto locativo quando l'errore attiene ad una determinata condizione di fatto che la parte in errore considerava soggettivamente come necessario elemento del contratto secondo la buona fede nei rapporti in affari, e la cui importanza è riconoscibile anche dal profilo oggettivo.
Estratto dai considerandi:
In fatto:
A. La convenuta dal 1° marzo 1995 ha concesso in locazione all'istante ad uso commerciale una superficie di 240 mq al piano terreno dello stabile B. al numero civico 15 di via T. a Pregassona a tempo indeterminato ma per almeno un anno contro un canone annuo di Fr. 21'600.-- (doc. A).
B. Il 19 luglio 1995 l'istante, invocando l'errore essenziale in relazione alle limitazioni imposte dal Comune allo svolgimento della pattuita attività commerciale, ha dichiarato di rinunciare al contratto (doc. G).
C. Il 7 dicembre 1995 la convenuta ha avviato la procedura esecutiva per l'incasso di Fr. 12'600.-- oltre interessi relativi ai canoni del periodo giugno - dicembre 1995, rimasti impagati (doc. 7). Con sentenza del 1° marzo 1996 il Pretore di Mendrisio-Nord ha pronunciato il rigetto provvisorio dell'opposizione interposta dalla conduttrice al precetto esecutivo in questione (doc. 8).
D. L'istante il 12 marzo 1996 ha adito la Pretura di Mendrisio con un' istanza di disconoscimento del predetto debito (doc. 9). La Pretura ha trasmesso gli atti all'Ufficio di conciliazione di Viganello per il rituale tentativo di conciliazione, svoltosi infruttuosamente il 3 maggio 1996 (doc. 10). Gli atti sono perciò stati retrocessi alla Pretura di Mendrisio-Nord, che si è però dichiarata incompetente.
E. L'istante in data 3 giugno 1996 ha di conseguenza presentato una nuova istanza, questa volta avanti alla Pretura di Lugano, sezione 4, chiedendo il disconoscimento del debito per il motivo che il contratto di locazione sarebbe inefficace in quanto viziato da errore essenziale.
L'istante avrebbe inteso locare degli spazi da adibire ad uso
commerciale, consistente nella vendita e riparazione di elettrodomestici.
In realtà l'ente locato non sarebbe atto a questa destinazione, ostandovi le norme pianificatorie comunali, cosa che l'istante avrebbe scoperto dopo averne sublocato una parte ad un falegname.
Non solo l'attività del falegname non sarebbe lecita, ma nemmeno quella che l'istante medesima si proponeva di svolgere, e in ogni caso neppure sarebbe possibile svolgere una qualsiasi attività commerciale, essendo ammissibile unicamente la destinazione quale deposito.
Stante l'equivoco, e dovendosi ammettere la sua rilevanza ai fini della volontà contrattuale, il contratto sarebbe inefficace, così che il credito della convenuta non sussisterebbe.
In diritto:
1. Il contratto non obbliga colui che vi fu indotto da errore esseziale (art. 23 CO).
L'errore è in particolare essenziale anche quando concerne una determinata condizione di fatto che la parte in errore soggettivamente considerava come necessario elemento del contratto secondo la buona fede nei rapporti in affari, e la cui importanza è riconoscibile anche dal profilo oggettivo (art. 24 cpv. 1 cifra 4 CO; DTF 118 II 62, 114 II 139; II CCA 3 dicembre 1996 in re C./V. e R., 6 settembre 1996 in re G. SA/R., 6 marzo 1996 in re E. SA/S. AG; Von Tuhr/Peter, Allgemeiner Teil des Schweizerischen Obligationenrechts, 3. edizione, vol. 1, p. 308 e 308; Guhl, Das Schweizerische Obligationenrecht, 8. edizione, p. 131 e segg.; Honsell/Vogt/Wiegand, OR I, 2. edizione, 1996, n. 20-23 ad art. 24 CO).
2. Il Pretore, senza neppure esaminare se l'istante sia in concreto incorsa nell'asserito errore, ha respinto l'eccezione ritenendo che il fatto di avere pensato a torto di poter utilizzare l'oggetto del contratto in un certo modo costituirebbe unicamente un irrilevante errore sui motivi.
Si tratta di una motivazione che non può essere condivisa.
3.1. Contrariamente a quanto ritenuto dal Pretore, il conduttore che loca dei locali adibiti ad "uso commerciale" e che si vede vietare l'esercizio di ogni altra attività ad esclusione di quella di deposito o magazzino non è incorso in un irrilevante errore sui motivi, ma in un errore essenziale su una circostanza di fatto - l'esistenza di norme che limitano la facoltà di utilizzare l'oggetto del contratto - ai sensi dell'art. 24 cpv. 1 cifra 4 CO.
È infatti a prima vista evidente che la comune nozione di "uso commerciale" di un locale implica un utilizzo molto più estensivo che non il solo deposito di merci, e comprende in particolare, senza dubbio alcuno, almeno la possibilità di farvi accedere la potenziale clientela ai fini della contrattazione.
Se ciò non è possibile a causa di un vincolo giuridico, e non perciò non a seguito di una visibile particolarità dello stato del luogo, ben si può ammettere che il conduttore, se avesse saputo dell'impedimento, non avrebbe concluso il contratto, come pure si deve ritenere che un locatore in buona fede avrebbe dovuto cogliere la decisiva importanza della questione.
La fattispecie, in definitiva, è del tutto analoga a quella in cui si acquista un fondo ritenendolo erroneamente edificabile, e nella quale la giurisprudenza non ha esitazione nel riconoscere la presenza di un errore essenziale (DTF 98 II 18; Rep. 1985, p. 121; 1984, p. 126).
3.2. In concreto, il giudizio pretorile sull'inesistenza dell'asserito errore essenziale può comunque essere confermato, non essendovi la prova che la conduttrice vi sia effettivamente incorsa.
Infatti, anche se il contratto prevede effettivamente la destinazione ad "uso commerciale" del bene locato (doc. A, p. 1, punto 3), dall'insieme degli atti di causa si evince che la reale volontà delle parti era quella di adibirlo a magazzino e/o deposito.
La stessa istante risulta aver formulato richiesta in tal senso con il modulo "ricerca di affitto locali commerciali" (doc. 12), e comunque la deposizione della teste D.M., della cui attendibilità non vi è motivo di dubitare, ha fugato ogni possibile incertezza, permettendo di stabilire che l'istante ha sottoscritto il contratto di locazione nella piena consapevolezza del fatto che l'ente locato nonostante l'impropria dicitura del contratto (nel quale si è peraltro solo distinto genericamente tra il fine abitativo e quello commerciale, non precisato nella sua natura benché il contratto lo prevedesse) doveva essere adibito a deposito o magazzino, e non invece ad altri e più intensivi fini commerciali.