GDL 12/04: Disdetta per mora del contratto di locazione relativo ad un bar

Art. 253, art. 257d, art. 271 e art. 271a CO

Nella locazione il bene è locato senza alcun riguardo alla sua produttività. Allorquando una persona prende in locazione dei locali per svolgere una determinata attività, i ricavi che realizza non derivano dall'uso stesso della cosa, bensì dall'esercizio di tale attività.

Sotto il profilo dell'art. 271a cpv. 1 lett. a CO la disdetta è valida se al locatore non può essere rimproverato alcunché circa l'adempimento dei suoi obblighi contrattuali.

La disdetta notificata per mora del conduttore è valida anche se significata nel termine di protezione triennale successivo alla fine di una procedura di conciliazione (art. 271a cpv. 3 lett. b CO).

La protrazione della locazione risulta esclusa giusta l'art. 272a cpv. 1 lett. a CO.

Pretura del Distretto di Lugano, Sezione 4 in re G. / C.d.L. dell'11 aprile 2008

Estratto dai considerandi

In fatto e in diritto:

 

1.a) Il signor G. è gestore del Bar P. sito nel Centro sportivo in virtù di un contratto di gestione sottoscritto a far tempo dal 1° gennaio 1996 con l'allora C.d.L. (doc. A). A contare dal 1° gennaio 2000 è poi venuto in essere un nuovo contratto di gestione della durata di 5 anni, rinnovabile annualmente in mancanza di una disdetta con il preavviso di tre mesi, che prevedeva un "canone di affitto" annuo di fr. 13'200.--, pagabile in rate mensili anticipate di fr. 1'100.-- cadauna (doc. B).

1.b) Con modulo ufficiale 2 settembre 2004 il C.d.L., subentrato a seguito della fusione, ha notificato a G. la disdetta del contratto di gestione con un preavviso di tre mesi per la scadenza del 31 dicembre 2004 (doc. C).

Tale disdetta è stata prontamente contestata dinanzi al competente Ufficio di conciliazione che il 7 dicembre 2004 ha stralciato la vertenza dai ruoli a seguito di un accordo extragiudiziale intervenuto fra le parti (doc. D, Inc. no. 364/2004 UC).

 

2.      Con scritto 13 febbraio 2006 il C.d.L. ha diffidato G. al pagamento delle pigioni relative al periodo novembre 2005- febbraio 2006 per un importo di complessivi fr. 4'400.-- con l'avvertenza che in caso di mancato pagamento il contratto di locazione sarebbe stato disdetto (doc. 9).

Con scritto 15 febbraio 2006 G. ha dal canto suo rilevato di non aver provveduto al pagamento delle pigioni a ragione di un'asserita perdita finanziaria, quantificata in fr. 3'000.--, dovuta alla chiusura forzata dell'esercizio pubblico ed al mancato sgombero della neve in occasione delle forti nevicate, circostanze a lui non imputabili (doc. O).

Con modulo ufficiale 22 marzo 2006 il C.d.L. ha infine notificato la disdetta del contratto per il 30 aprile 2006 (doc. E). Su richiesta di G. (doc. F), il C.d.L. ha motivato la disdetta adducendo "il mancato pagamento delle pigioni relative ai mesi di novembre 2005, dicembre 2005, gennaio 2006 e febbraio 2006 nonostante il signor G. sia stato più volte richiamato e da ultimo diffidato con scritto 13 febbraio 2006 (doc. G).

Tempestivamente adito, il competente Ufficio di conciliazione ha accertato la mancata intesa fra le parti e, di conseguenza, ha dichiarato la vertenza siccome non conciliata (Inc. no. 096/2006 – Ov. UC).

 

3.a) Con l'istanza in esame G. ha postulato in via principale l'annullamento della disdetta ed in via subordinata una protrazione della locazione della durata di sei anni.

A suo dire la disdetta in esame sarebbe abusiva, e ciò in applicazione dei dettami dell'art. 271a cpv. 1 CO, segnatamente per il caso in cui il conduttore fa valere delle pretese in buona fede (lett. a) e se la disdetta è stata notificata nei tre anni successivi ad un procedimento di conciliazione in relazione con la locazione laddove il locatore ha ritirato le proprie pretese rispettivamente si è accordato con il conduttore (lett. e).

In particolare G. durante l'inverno 2005/2006 avrebbe riscontrato delle grosse difficoltà nella gestione del bar, da un lato a causa delle forti nevicate intervenute già dalla prima metà di novembre del 2005, dall'altro a ragione della chiusura dell'esercizio pubblico ordinata dall'autorità competente. Circa le forti nevicate, a dire di G. il C.d. L. non avrebbe provveduto allo sgombero della neve dal piazzale e dal viale di accesso al bar, obbligo previsto contrat-tualmente, ciò che avrebbe impedito alla clientela di raggiungere l'esercizio pubblico. La chiusura del bar inoltre sarebbe stata ordinata a fronte di accertate carenze igienico strutturali da attribuire esclusivamente al C.d.L. che non avrebbe mai effettuato i lavori strutturali necessari a rendere il locale conforme alle normative di legge. Tali circostanze avrebbero quindi comportato una notevole riduzione degli introiti e, di conseguenza, l'impossibilità di ottemperare al pagamento delle pigioni o di depositare le stesse presso l'Ufficio di conciliazione.

Sempre a mente del qui istante la disdetta in questione sarebbe inoltre abusiva poiché notificata nei tre anni successivi al procedimento di conciliazione relativo alla disdetta del 2 settembre 2004, procedura conclusasi a seguito di un accordo intervenuto fra le parti.

Infine, qualora la disdetta fosse ritenuta valida, all'istante andrebbe concessa una protrazione del contratto della durata di sei anni, gli interessi del conduttore essendo sicuramente preminenti rispetto a quelli della parte locatrice. Andrebbe infatti considerato che l'attività dell'istante co-stituirebbe l'unica sua fonte di reddito e che nel corso degli anni egli si sarebbe guadagnato una numerosa e fedele clientela, ricevendo peraltro diversi attestati di stima. Non da ultimo andrebbe ritenuto che egli è padre di due bambini in età scolastica, cui deve provvedere.

 

3.b) In sede di discussione la parte convenuta ha chiesto l'integrale reiezione dell'istanza contestando in primis di non aver provveduto allo sgombero della neve. Sin dalla prima nevicata, avvenuta il 25 novembre 2005, il C.d.L. avrebbe provveduto a quanto di sua competenza nella zona del centro sportivo. In particolare per lo sgombero della neve sino ai posteggi del centro sarebbero stati impiegati i mezzi meccanici, mentre i due operai addetti alla manutenzione avrebbero liberato i viali di accesso al bar e agli spogliatoi. Nonostante l'abbondanza delle nevicate abbia senz'altro messo a dura prova i servizi della C.d.L. ed abbia rallentato le operazioni di sgombero, nulla potrebbe quindi essere addebitato al Comune. Quanto alla chiusura del bar, la stessa sarebbe stata ordinata a fronte delle accertate carenze igieniche imputabili esclusivamente a G., i lavori di competenza del C.d.L. essendo stati prontamente eseguiti. Anche in questo caso non si potrebbe pertanto attribuire alcunché alla C.d.L. Nella specie, il mancato pagamento delle pigioni non sarebbe stato preceduto da alcun avviso o richiesta di riduzione della pigione e nemmeno sarebbe stata seguita la corretta procedura di deposito del canone. Ne conseguirebbe la legittimità della disdetta per mora.

 

4.      In primis rileva definire la natura giuridica del "contratto di gestione" venuto in essere fra le parti. Di principio il contratto di affitto poggia su un bene od un diritto produttivo e si distingue dalla locazione per l'oggetto. Nella locazione l'ente è locato senza alcun riguardo alla sua produttività. Allorquando una persona prende in locazione dei locali per svolgere una determinata attività, i ricavi che eventualmente realizza non derivano dall'uso stesso della cosa, bensì dall'esercizio di tale attività. A tale riguardo Higi ha rilevato: "Miete und nicht Pacht liegt stets bei der Überlassung von Räumen, Gebäuden oder Grundstücken zum blossen Gebrauch (z.B. als Wohnung, als Kinderhort oder als Spielplatz) vor, und zwar unabhängig von der Nutzbarkeit der Räume oder des Grundstückes. Besteht insbesondere der Gebrauch von Räumen im Betrieb eines Gewerbes und ist der dabei vom Übernehmer erzielte Ertrag nicht primäre Folge der Benützung des Mietobjektes, sondern des Gewerbebetriebes bzw. der Tätigkeit des Übernehmers, so ist ein Mietverhältnis gegeben, gleichgültig darum, ob der Raum eingerichtet oder leer ist" (Higi in Zürcher Kommentar, N. 147 ad Vorbemerkungen zum 8. Titel art. 253-274g CO).

Nella specie, dal testo contrattuale agli atti si deduce che il locale è dato in gestione completamente arredato per l'attività quale bar (doc. B). Ciò posto, avuto riguardo ai principi suesposti, non occorre disquisire a lungo per qualificare il contratto agli atti quale locazione, il ricavo realizzato non dipendendo in modo preponderante dall'uso dell'oggetto locato, bensì dall'attività ivi svolta (II CCA 29 ottobre 1999 in re P. / T.; DTF 93 II 453). È pertanto pacifica l'applicabilità delle norme degli art. 253 e segg. CO.

 

5.a) Giusta l'art. 271 cpv. 1 CO la disdetta può essere contestata se contraria alle regole della buona fede. Tale principio costituisce un caso speciale di applicazione dell'art. 2 cpv. 2 CC e rappresenta la regola generale in materia di annullamento delle disdette. Tale disposto può infatti trovare applicazione, secondo le circostanze, unicamente nei casi in cui le condizioni di cui all'art. 271a CO non sono adempiute. In particolare le disdette che non si basano su alcun interesse degno di protezione, manifestano un comporta-mento scorretto e contraddittorio del locatore, risultano da una manifesta sproporzione fra gli interessi in gioco o i cui motivi costituiscono meri pretesti, ricadono nell'ambito applicativo della norma in parola (Lachat, Le bail à loyer, pag. 470 e segg.; Higi, op. cit., N. 22 e segg. ad art. 271 CO).

 

5.b) Secondo l'art. 271a cpv. 1 lett. a CO la disdetta può essere contestata se data dal locatore poiché il conduttore fa valere in buona fede pretese e in generale tutti i diritti derivantigli dalla locazione. La norma ha quale scopo di permettere al conduttore di far valere liberamente le sue pretese senza dover temere di ricevere una disdetta. In questi casi la disdetta costituisce un atto di ritorsione nei confronti del conduttore cui incombe l'onere di provare l'esistenza di un nesso causale fra la disdetta e la richiesta stessa. Di principio il conduttore deve fornire la prova stretta degli elementi costitutivi del disposto in parola; circa l'esistenza del nesso causale basta invece la prova della verosimiglianza (Lachat, op. cit., pag. 474 segg.; Higi, op. cit., N. 20 e segg. ad art. 271a CO).

La dottrina ritiene che per far capo alla protezione di cui alla norma in esame debbano essere adempiute cinque condizioni cumulative: deve, innanzitutto, esserci una pretesa del conduttore; la stessa deve derivare dal contratto di locazione; il conduttore deve averla fatta valere nei confronti della controparte; la medesima deve essere stata formulata in buona fede; tra la pretesa e la disdetta vi deve, infine, essere un nesso causale. L'onere della prova incombe di principio al conduttore atteso che, per quanto riguarda il nesso causale, lo stesso potrà essere ammesso se l'esistenza di tutta una serie di indizi convergenti avrà permesso di ritenere con grande probabilità che la disdetta è effettivamente riconducibile alle pretese fatte valere dal conduttore. Per valutare l'esistenza del rapporto di causalità occorre chiedersi se la pretesa fatta valere dal conduttore rivestiva, alla luce di indizi concreti, un tale peso da poter provocare nel locatore l'idea di disdire la locazione. Per far ciò occorre fondarsi su un'impressione oggettiva, derivante dall'apprezzamento di tutte le circostanze (Barbey, Protection contre les congé concernant les baux d'habitation et de locaux commerciaux, Ginevra 1991, pag. 126, N. 53 e segg.; Weber, Basler Kommentar, 3. ed., N.10 segg. ad art. 271/271a CO; Svit, Kommentar, N. 8 e 43 segg. ad art. 271a).

Scopo della norma è di reprimere le cosiddette "disdette-rappresaglia", ovvero quelle che sono state significate dal locatore per ripicca o per ritorsione, cioè in risposta a legittime pretese fatte valere dall'inquilino nei suoi confronti nell'ambito del contratto di locazione. Il conduttore deve infatti poter tranquillamente far valere i diritti che gli derivano dal contratto e dalla legge, senza con ciò temere che il locatore, per questo motivo, lo possa allontanare dall'ente locato (Lachat, op. cit., pag. 474).

 

5.c) Giusta l'art. 271a cpv. 1 lett. e CO la disdetta può essere contestata se significata dal locatore nei tre anni susseguenti alla fine di un procedimento di conciliazione o giudiziario in relazione con la locazione e nel corso del quale il locatore, in particolare, ha concluso una transazione con il conduttore o si è comunque accordato con lui (cifra 4). Il conduttore in questo caso può prevalersi della norma in parola senza dover dimostrare alcun nesso di causalità fra la procedura terminata e la disdetta. La rescissione contrattuale è quindi presunta abusiva se è notificata nei tre anni dalla fine della procedura. Detta presunzione può tuttavia essere confutata nei sei casi menzionati all'art. 271a cpv. 3 CO. In particolare, per quanto qui di rilievo, la protezione temporale non è accordata se la disdetta è stata notificata per mora del conduttore (art. 257d CO). L'onere della prova incombe esclusivamente al locatore (Higi, op. cit., N. 176 segg., 206 segg. e N. 266 segg. ad art. 271a CO; Lachat, op. cit., pag. 482 segg.).

In generale gli art. 271 e 271a CO possono trovare applicazione anche nel caso di disdetta per mora (art. 271a cpv. 3 CO lett. b e contrario). In tal caso occorre però premettere il fatto che il conduttore con la propria mora ha commesso una violazione contrattuale che, di principio, ha fornito al locatore un fondato motivo per sciogliere anzitempo il contratto di locazione. Tale circostanza non esclude totalmente la possibilità dell'abuso di diritto, ma concorre perlomeno a limitarla al ristretto ambito del motivo di disdetta in questione, ossia la mora del conduttore, che il medesimo inquilino ha concretizzato con il proprio comportamento (Rep. 1998, pag. 226).

 

6.a) In merito all'applicabilità dell'art. 271a cpv. 1 lett. a CO deve valere quanto segue.

L'istruttoria ha evidenziato che in occasione delle nevicate dell'inverno 2005/2006 - accertate siccome avvenute nei mesi di novembre (26 e 27 novembre 2005) e dicembre 2005 (3, 27 e 28 dicembre 2005) e nel mese di gennaio 2006 (27 e 28 gennaio 2006) (doc. 16) – la C.d.L. si è sicuramente attivata al fine di procedere allo sgombero della neve nella zona del centro sportivo.

Il teste P., impiegato del C.d.L. addetto alla manutenzione, ha in particolare riferito: "… omissis… In occasione delle forti nevicate del novembre/dicembre 2005 e del gennaio 2006 abbiamo avuto delle difficoltà nel provvedere a pulire gli accessi al centro sportivo. Non avevamo infatti i mezzi meccanici a disposizione e abbiamo dovuto provvedere alla pulizia manualmente. Eravamo due operai. Per quanto concerne le nevicate del 2005 siamo riusciti a pulire il sentiero di accesso al bar rispettivamente al campo da tennis e al percorso vita abbastanza in fretta. L'accesso era rimasto bloccato per 2-3 giorni, al massimo 4 giorni. Per quanto attiene invece alle nevicate del gennaio 2006, abbiamo impiegato più giorni per pulire anche perché continuava a nevicare. Ricordo che aveva nevicato giovedì, venerdì e sabato mattina. Posso quindi dire che abbiamo liberato l'accesso fino al bar entro il mercoledì o il giovedì della settimana successiva. Non abbiamo potuto avere subito i mezzi meccanici perché la situazione era eccezionale e abbisognavano altrove. … omissis … Sono poi arrivati successivamente i mezzi meccanici e hanno ripulito per bene l'accesso al bar. … omissis…" (verbale audizione testimoniale P. del 5 febbraio 2007). Membro del club e cliente del medesimo bar, così si è espresso in questa sede: " … omissis … In occasione delle nevicate del novembre – dicembre 2005 rispettivamente del gennaio 2006 mi sono recato un'unica volta al bar. Non ricordo esattamente se fosse nel 2005 o nel 2006. Ho parcheggiato nei parcheggi: il parcheggio era stato liberato. Sono pure riuscito ad arrivare al bar attraversando un mucchio di neve e percorrendo il sentiero che era stato liberato soltanto parzialmente (larghezza pari a 2 piedi). … omissis …" (verbale audizione testimoniale H. del 5 aprile 2007). Il teste P., classe 1920, ha invece dichiarato di essersi recato in un paio di occasioni nel novembre/dicembre 2005 nella zona del centro sportivo senza tuttavia aver avuto la possibilità di accedere al bar, il viale di accesso non essendo stato sgomberato (verbale audizione testimoniale P. del 5 febbraio 2007).

Ciò posto, in concreto non è pertanto possibile ritenere che il C.d.L. non si sia in alcun modo attivato ed abbia così disatteso ai suoi compiti. Se da un lato è innegabile che vi siano state delle difficoltà e dei ritardi nel procedere alla liberazione del viale di accesso al bar, dall'altro deve senz'altro essere considerata l'eccezionalità delle preci-pitazioni nevose dell'inverno 2005/2006, ciò che ha senza dubbio rallentato e ritardato i lavori di sgombero in tutta la città. Del resto è del tutto comprensibile che in simili situazioni di emergenza non si possa garantire l'immediato sgombero della neve, in concreto limitato comunque a pochi giorni.

Sotto questo aspetto nulla in atti permette quindi di ritenere che la disdetta in esame sia stata notificata a ragione di una richiesta in tal senso formulata dal conduttore, al locatore, come detto, non potendo essere rimproverato alcunché circa l'adempimento dei suoi obblighi contrattuali.

 

6.b) Quanto alla chiusura del bar ordinata dalla Sezione dei permessi e dell'immigrazione, basti rilevare che dalla documentazione agli atti emerge che l'autorità competente ha disposto la chiusura dell'esercizio pubblico dopo aver accertato una situazione insufficiente dal profilo igienico strutturale. Nella decisione dell'Ufficio permessi si legge: "In particolare il banco–bar e il locale office si trovano in uno stato di sporcizia e disordine tale da creare pericolo per la salute. Nel banco-bar è stata pure rilevata la presenza di cibo per cani" (doc. 5). L'impiegato dell'Ufficio permessi, in questa sede ha in particolare riferito: "… omissis … Nel corso del 2005 il nostro ufficio ha ricevuto da parte del Laboratorio cantonale di igiene un rapporto relativo alla situazione igienica del bar. In tale rapporto veniva evidenziata una situazione igienico strutturale carente. A seguito di tale rapporto ho personalmente effettuato un sopralluogo presso il bar e ho accertato che in effetti la situazione igienico strutturale del locale era carente. A seguito di tale sopralluogo ho allestito un rapporto, che ho consegnato al capo ufficio, ed abbiamo invitato il gerente del bar a voler provvedere al risanamento e ad una pulizia generale dell'esercizio pubblico nel termine di 5 giorni. Ciò che è avvenuto in maniera verbale. Successivamente abbiamo eseguito un secondo sopralluogo al fine di verificare se il gerente del bar aveva dato seguito alle nostre disposizioni. Accertato come nessun intervento fosse stato adottato, dopo un colloquio con il capo ufficio si è quindi deciso di emanare una decisione formale nella quale veniva ordinata la chiusura dell'esercizio pubblico. Mi viene ostenso il doc. 5 e confermo che si tratta della decisione di cui ho detto. In seguito il signor G. ci ha comunicato per iscritto di aver dato seguito alle nostre disposizioni ed in occasione del terzo sopralluogo abbiamo quindi accertato che era stata eseguita una pulizia generale dell'esercizio pubblico. Con il capo ufficio si è quindi deciso di autorizzare l'apertura dell'esercizio pubblico rilevando in ogni modo che esistevano ancora dei problemi strutturali che avrebbero dovuto essere risolti. … omissis … Abbiamo eseguito più sopralluoghi e in definitiva abbiamo accertato che erano stati eseguiti diversi interventi e che la situazione globale finale poteva ritenersi sufficiente per la continuazione della gestione del locale. … omissis …" (verbale audizione testimoniale D. del 20 novembre 2006).

Orbene dagli atti emerge inequivocabilmente che la chiusura dell'esercizio pubblico è stata ordinata il 17 novembre 2005 a ragione dell'accertata carenza di igiene nel locale stesso (doc. 2, 3 e 4). È ben vero che anche dal profilo strutturale sono state riscontrate delle carenze e che a tale riguardo l'autorità competente ha invitato il C.d.L. a provvedere ai lavori di sua competenza (doc. H, I). Ciò non toglie tuttavia che la chiusura del bar in quanto tale sia da attribuire unicamente al mancato rispetto dei requisiti minimi igienici. Prova ne sia del resto il fatto che una volta accertata l'esecuzione di una pulizia generale dell'esercizio pubblico, il 29 novembre 2005 l'autorità competente ne ha disposto la riapertura (doc. 6). Aggiungasi che il Laboratorio cantonale ha emanato la decisione 14 dicembre 2005 con la quale è stata inflitta una multa a G, quale gerente del bar, a ragione della situazione d'ordine e di pulizia carente e per il sistema d'autocontrollo non adeguato all'entità dei rischi e al volume della produzione (doc. 10, doc. 4 e Incarto Ufficio permessi).

Da rilevare peraltro che la problematica relativa all'igiene aveva interessato le parti già in precedenza. Dagli atti emerge infatti che a seguito della disdetta del 2 settembre 2004 (doc. C), le parti erano giunte ad una soluzione bonale e che contestualmente G. si era impegnato a gestire l'esercizio pubblico in modo ineccepibile, curando in particolare l'igiene e il servizio alla clientela (doc. 1). L'istruttoria ha inoltre confermato che tale problematica era emersa già a partire dal 2000 (verbale audizione testimoniale M. del 20 novembre 2006).

Ora, una siffatta situazione, deve di certo essere imputata solo e soltanto a chi é il responsabile della conduzione dell'esercizio pubblico, in casu al qui istante. Anche in questo caso non è infatti possibile attribuire una qualsivoglia responsabilità al C.d.L. che interpellato in tal senso, ha comunque dato seguito a quanto di sua competenza ordinando i necessari lavori di manutenzione (doc. H, doc. 8, doc. I, doc. 12; Incarto Ufficio permessi).

Ne discende che in concreto la norma dell'art. 271a cpv. 1 lett. a CO non risulta applicabile.

 

7.a) Circa l'applicabilità dell'art. 271a cpv. 1 lett. e CO si ritiene che la disdetta in esame è stata effettivamente notificata nel periodo triennale decorrente dalla conclusione del procedimento di conciliazione seguito alla contestazione della disdetta del 2 settembre 2004. Quella procedura è stata infatti stralciata dai ruoli per intervenuto accordo (extragiudiziale) fra le parti (Inc. no. 364/2004, doc. 1).

Tuttavia in concreto torna applicabile l'art. 271a cpv. 3 lett. b CO, la disdetta essendo stata notificata per mora del conduttore giusta l'art. 257d CO.

 

7.b) Giusta l'art. 257d CO quando, dopo la consegna della cosa, il conduttore di un locale d'abitazione o commerciale sia in mora al pagamento del corrispettivo o delle spese accessorie scaduti, il locatore può fissargli per scritto un termine di almeno 30 giorni per il pagamento con la comminatoria che, scaduto infruttuosamente detto termine, il rapporto di locazione verrà disdetto. Di principio, il termine di trenta giorni inizia a decorrere il giorno successivo al ricevimento della diffida medesima; nel caso in cui il conduttore non ritira la raccomandata, la stessa si ritiene ricevuta l'ultimo dei sette giorni di giacenza presso l'ufficio postale (DTF 119 II 149; Higi, op. cit., N. 37 ad art. 257d CO; Lachat, op. cit., pag. 209 e segg.). Tale termine è salvaguardato se il conduttore provvede al pagamento delle pigioni e delle spese accessorie arretrate anche soltanto l'ultimo dei trenta giorni (vale a dire se l'importo è accre-ditato sul conto bancario del locatore o se il pagamento è ef-fettuato via posta l'ultimo giorno del termine; DTF 124 III 145) oppure se, nel citato termine, dichiara di compensare l'importo richiesto con un credito vantato nei confronti del locatore (DTF 119 II 241; Lachat, op. cit., pag. 204 e segg.; Svit, Kommentar, ad art. 257d CO N. 17 e segg.). Le pigioni regolarmente depositate sono reputate pagate (art. 259g cpv. 2 CO). Il locatore, da ultimo, è legittimato a disdire il contratto di locazione unicamente nel caso in cui il con-duttore non ha versato tutta la somma reclamata (Higi, op. cit., ad art. 257d CO, N. 40; Lachat, op. cit., pag. 209 e segg.), mediante modulo ufficiale (art. 266l CO) notificato con un preavviso di almeno trenta giorni per la fine di un mese. La disdetta inviata non ancora decorso il termine di diffida è prematura e quindi inefficace (DTF 121 III 156; Lachat, op. cit., pag. 213; Higi, op. cit., ad art. 257d CO, N. 47 e 57).

 

7.c) Nella presente situazione con raccomandata 13/14 febbraio 2006 (ritirata il 15 febbraio 2006, doc. 18), la parte locatrice ha diffidato il conduttore al pagamento delle pigioni per il periodo novembre 2005-febbraio 2006 entro il termine di 30 giorni, con la comminatoria che, in caso di mancato pagamento, il contratto di locazione sarebbe stato disdetto giusta l'art. 257d CO (doc. 9). Con modulo ufficiale 22 marzo 2006 la locatrice ha di poi notificato al conduttore la disdetta della locazione con effetto a decorrere dal 30 aprile 2006 (doc. E). A mano della documentazione agli atti, e meglio dell'estratto conto pigioni relativo al bar (doc. 17) e delle cedole di versamento (doc. CC), si deve ritenere che il conduttore ha effettivamente omesso di provvedere al versamento delle pigioni nel periodo 8 novembre 2005 – 20 marzo 2006, l'ultimo pagamento del 2005 essendo stato registrato il 7 novembre 2005 (doc. 17) ed il primo del 2006 risultando essere stato effettuato il 20 marzo 2006 (doc. CC).

Ne discende che non essendo intervenuto alcun ver-samento nel termine di diffida, il locatore era senz'altro legittimato a notificare la disdetta del contratto di locazione.

Per il resto non può qui essere considerato l'importo di fr. 3'000.--, in un certo senso posto in compensazione dal conduttore con scritto del 15 febbraio 2006 (doc. O). Basti infatti qui evidenziare che tale somma - che peraltro è comunque inferiore alle pigioni scoperte (fr. 4'400.-- doc. 9) - non risulta in alcun modo essere stata comprovata ed accertata e non può quindi ritenersi un valido credito da porsi in compensazione.

 

7.d) Abbondanzialmente in concreto nemmeno è possibile ritenere applicabile l'art. 271 CO, il conduttore non avendo dimostrato che la disdetta sarebbe stata notificata in palese urto con il principio della buona fede. Dalla disamina della documentazione agli atti e dall'istruttoria non emerge infatti che tale disdetta sia in qualche modo il frutto di un comportamento della parte locatrice contrario al predetto principio.

 

8.a)-8.c)Omissis.

 

9.       Ne discende che la disdetta del 22 marzo 2006 è valida a tutti gli effetti.

Ciò posto non occorre disquisire a lungo per respingere pure la domanda di proroga della locazione, ogni e qualsiasi protrazione del contratto essendo già esclusa ex lege senza la necessità di esaminarne i presupposti. Segnatamente giusta l'art. 272a cpv. 1 lett. a CO la protrazione è esclusa se la disdetta è stata data per mora del conduttore.