GDL 10/38 : Protezione legale in caso di abitazione familiare Comproprietà
Pretura della Giurisdizione di Lugano in re L.M. / F.D.S. del 26 maggio 2004
(Sentenza confermata integralmente il 17 settembre 2004 dalla Seconda Camera civile del Tribunale d'appello)

38. Art. 169 cpv. 1 CC, art. 266m e n CO, art. 647b CC

Protezione legale in caso di abitazione familiare Comproprietà

Giusta l'art. 169 cpv. 1 CC, un coniuge non può, senza l'esplicito consenso dell'altro, disdire un contratto di locazione di un'abitazione familiare. Per abitazione familiare si intende l'appartamento, o la casa, che serve da domicilio ai coniugi sposati e ai loro figli, ossia il luogo ove si svolge la vita comune dei coniugi. Quando il divorzio è pronunciato, l'ex abitazione comune non è più familiare.

In presenza di un regime di comproprietà, giusta l'art. 647b cpv. 1 CC gli atti di amministrazione più importanti, in particolare la stipulazione o lo scioglimento di contratti di locazione, sono decisi a maggioranza di tutti i comproprietari che rappresenti in pari tempo la maggior parte della cosa. Tale norma, peraltro di carattere dispositivo, ha unicamente valore interno, in relazione ai poteri di negoziazione. Per quanto attiene alla rappresentanza della comunione dei comproprietari nei rapporti esterni, valgono invece i principi generali degli artt. 32 e segg. CO.

In concreto è stato negato il carattere familiare dell'abitazione. Il locatore nella sua veste di comproprietario è legittimato, da solo, a richiedere lo sfratto dell'inquilino, non essendovi l'esigenza del litisconsorzio necessario.

Pretura della Giurisdizione di Lugano in re L.M. / F.D.S. del 26 maggio 2004
(Sentenza confermata integralmente il 17 settembre 2004 dalla Seconda Camera civile del Tribunale d'appello)

Estratto dai considerandi

In fatto e in diritto:

 

1. Il 5 marzo 2003 il signor F.D.S. quale conduttore e L.M. quale locatore hanno sottoscritto un contratto di locazione avente per oggetto un appartamento di 3 locali, oltre un posteggio coperto, sito nello stabile denominato Casa H. in D., a T. (Comune di C.). La pigione mensile era stata stabilita in fr. 1'300.--. Il contratto aveva durata determinata, con inizio il 1° marzo 2003 e scadenza il
31 ottobre 2003 (doc. 6 UC). Tale contratto sostituiva il precedente del 16 settembre 1999, di durata indeterminata, avente come oggetto la medesima abitazione e sottoscritto a suo tempo dal signor F.D.S e dalla moglie (doc. 1).

 

2. Con lettera raccomandata 30 settembre 2003, F.D.S. inoltrava al locatore una richiesta di proroga del rapporto locativo di almeno 6 mesi, riservandosi di sollevare la nullità del contratto in caso di risposta negativa (doc. 2). Con scritto raccomandato 14 ottobre 2003, L.M. comunicava all'inquilino che il contratto avrebbe avuto fine come previsto, ossia il 31 ottobre 2003 (doc. B). F.D.S. informava allora L.M., con lettera raccomandata 20 ottobre 2003, della sua volontà di impugnare il contratto di locazione 1° marzo 2003 (recte: 5 marzo 2003), ritenendo di essere stato indotto in errore al momento della sottoscrizione dello stesso e riservandosi nuovamente di invocarne la nullità (doc. 3). Con scritto raccomandato
27 ottobre 2003, L.M. riconfermava la sua intenzione di voler procedere alla ripresa dei locali per la data prevista (doc. C).

 

3. Con istanza 29 ottobre 2003, presentata all'Ufficio di conciliazione e trasmessa a questa Pretura, F.D.S. ha postulato l'accertamento della nullità del contratto di locazione 1° marzo 2003 (recte: 5 marzo 2003). A suo dire, egli sarebbe stato indotto in errore da L.M. al momento della conclusione del contratto. Inoltre, sempre a mente del conduttore, il contratto sarebbe nullo poiché sottoscritto dal solo L.M., senza l'accordo della comproprietà dell'ente locato (doc. 4, doc. 2 UC).

 

4. Con istanza 4 novembre 2003, L.M. ha postulato lo sfratto di F.D.S., a ragione della mancata riconsegna dell'ente locato alla scadenza del contratto. In sede di discussione
11 dicembre 2003, l'inquilino ha chiesto l'integrale reiezione della domanda. Oltre a ribadire le argomentazioni già esposte con l'istanza 29 ottobre 2003 all'UC e ad eccepire l'esistenza di un litisconsorzio necessario per l'istanza di sfratto, F.D.S. ha invocato il carattere familiare dell'appartamento. A mente del conduttore, il contratto di locazione 16 settembre 1999 sarebbe tuttora in vigore, non avendo la signora D.D.S. dato il suo esplicito consenso alla sua sostituzione con il contratto 5 marzo 2003, da lei non sottoscritto. Con la replica, la duplica e in occasione del dibattimento finale, svoltosi l'11 dicembre 2003 e il 21 aprile 2004, le parti si sono riconfermate nelle proprie allegazioni e domande con argomentazioni che, se del caso, verranno qui di seguito riprese.

 

5.a) Giusta l'art. 169 cpv. 1 CC, un coniuge non può, senza l'esplicito consenso dell'altro disdire un contratto di locazione di un'abitazione familiare. Per abitazione familiare si intende l'appartamento, o la casa, che serve da domicilio ai coniugi sposati e ai loro figli, ossia il luogo ove si svolge la vita comune dei coniugi.

L'art. 162 CC dispone che i coniugi scelgano insieme la dimora comune. Tale norma non concerne un atto giuridico come tale, ma la decisione che lo precede. In merito alla conclusione di un contratto di locazione riguardante un'abitazione familiare, entrambi i coniugi hanno la facoltà di concludere il contratto quali rappresentanti dell'unione coniugale, con il consenso dell'altro (art. 166 CC). Tale consenso non costituisce però una condizione di validità del contratto.

Quando il divorzio è pronunciato, l'ex abitazione comune non è più familiare. Di converso, durante la procedura di divorzio, o in caso di sospensione della comunione domestica - quando cioè la protezione legale (artt. 266m, 266n e 273a CO) è di maggiore utilità - l'abitazione mantiene il suo carattere familiare. In altri termini, se il carattere coniugale dell'abitazione sussiste fin tanto che dura l'unione coniugale, esso cessa quando la disunione della coppia è duratura e verosimilmente definitiva, o quando il coniuge (non conduttore) ha lasciato l'abitazione coniugale per sempre, o per una durata indeterminata ma senza l'intenzione di ritornarci (Piotet, Le divorce des époux et l'attribution judiciaire a l'un d'eux des droits et obligations résultant du bail portant sur le logement de la famille, N. 17-19, in 11ème Séminaire sur le droit du bail, Neuchâtel 2000; DTF 114 II 396). La partenza del conduttore, invece, non fa perdere all'abitazione il carattere familiare della stessa. La tutela legale ha infatti come scopo quello di impedire, segnatamente in caso di tensioni, che il coniuge titolare di diritti reali o personali da cui dipende l'abitazione possa disporre unilateralmente di tale abitazione che ha un'importanza vitale per l'altro congiunto (DTF 114 II 396).

 

5.b) Nella fattispecie, il contratto di locazione 16 settembre 1999 era stato sottoscritto da F.D.S. e da D.D.S. quale sua coniuge (doc. 1). Innanzitutto deve valere che questo Giudice ha accertato d'ufficio che il matrimonio contratto da F.D.S. e D.D.S. il 31 gennaio 1998 è stato sciolto per divorzio da questa Pretura con sentenza 25 luglio 2003, debitamente cresciuta in giudicato (sentenza 25 luglio 2003, inc. OA.2003.185), fatto peraltro sottaciuto ancora in sede di dibattimento finale (cfr. verbale dibattimento finale 21 aprile 2004). Dalla convenzione sulle conseguenze accessorie del divorzio sottoscritta dai coniugi D.S. e dalla documentazione versata agli atti nella procedura di divorzio (cfr. docc. A, C. e N, inc. OA.2003.185), risulta che già a partire dal 1° ottobre 2002 F.D.S. e D.D.S. vivevano separati. D.D.S. aveva infatti lasciato l'abitazione in oggetto e si era trasferita in un altro appartamento, a C., senza avere l'intenzione di riprendere la vita comune nella precedente abitazione, come dimostrano il cambiamento di domicilio operato, proprio a partire dal 1° ottobre 2002 (cfr. doc. C, inc. OA.2003.185), nonché l'esito stesso della procedura di divorzio. Ciò stante si deve quindi ritenere che l'appartamento di T. non aveva certamente più connotazione di abitazione familiare giusta l'art. 169 CC all'inizio del mese di marzo 2003, allorquando avvenne la sostituzione del contratto di locazione 16 settembre 1999 (doc. 1) con il nuovo contratto (doc. 6 UC). La protezione legale di cui alla prefata norma era quindi venuta a cadere e con essa l'esigenza del consenso del coniuge.

Per il resto, alla luce di quanto sopra, si deve ritenere che D.D.S. ha in ogni caso rinunciato a far valere ogni e qualsiasi diritto derivante dal contratto di locazione
16 settembre 1999 e che F.D.S. era pertanto legittimato a sostituire il predetto contratto con quello stipulato il
5 marzo 2003. Da tutto ciò ne discende che l'eccezione sollevata da F.D.S. deve essere respinta.

 

6.a) In punto alla rappresentanza della comproprietà da parte di L.M. e alla sottoscrizione del contratto di locazione, occorre innanzitutto rammentare che parte contrattuale è il locatore, che non necessariamente deve essere al contempo proprietario dell'immobile (Lachat, Le bail à loyer, pag. 47-48). Nel caso in cui la parte locatrice sia composta da una pluralità di persone, trattasi di un contratto di locazione "collettivo". Ad ogni modo, va nettamente distinta la relazione contrattuale esterna che esiste tra locatore e conduttore e la relazione interna che riguarda specificatamente la pluralità di persone che insieme formano la comproprietà. In presenza di un regime di comproprietà, giusta l'art. 647b cpv. 1 CC, gli atti di amministrazione più importanti, in particolare la stipulazione e lo scioglimento di contratti di locazione, sono decisi a maggioranza di tutti i comproprietari che rappresenti in pari tempo la maggior parte della cosa. Tale norma, peraltro di carattere dispositivo, ha unicamente valore interno, in relazione ai poteri di negoziazione (Higi, Zürcher Kommentar, Vorbem. ad art. 253-274g CO, N. 103 e segg.; Piotet, Le statut du locataire dans la propriété collective, pag. 3, in 11ème Séminaire du droit du bail, Neuchâtel 2000). Per quanto attiene alla rappresentanza della comunione dei comproprietari nei rapporti esterni, valgono invece i principi generali degli art. 32 e segg. CO (Higi, op. cit., N. 110).

 

6.b) Nel caso di specie, L.M. e I.Z. sono comproprietari, ciascuno per la quota di un mezzo della part. X RFD di C.-T. (estratto RF, agli atti doc. 5). Il contratto di locazione
5 marzo 2003, come pure quello precedente del
16 settembre 1999, sono stati invece sottoscritti dal solo L.M.

Ai fini del presente giudizio basti rilevare che I.Z., sottoscrivendo la procura 3 novembre 2003 (doc. D), ha non solo autorizzato L.M. a rappresentare validamente la comproprietà nei confronti di F.D.S., ma ha pure, di fatto, esternato l'accordo alla stipulazione del contratto di locazione con il convenuto, o quantomeno la sua ratifica. Ciò stante, l'eccezione sollevata da F.D.S. si appalesa infondata.

A titolo abbondanziale, va detto che si configurerebbero in ogni caso gli estremi dell'abuso di diritto, non avendo il conduttore mai sollevato, nel corso degli anni durante i quali il rapporto locativo era pacificamente in essere tra le parti, alcuna eccezione al proposito, cercando invece di prevalersene, in urto con il principio della buona fede, soltanto in prossimità della scadenza prevista per il
31 ottobre 2003 (docc. 2 e 3).

 

7. Per quanto attiene all'eccezione di litisconsorzio necessario, si ricorda che, ai sensi dell'art. 41 CPC, un diritto che può essere esercitato soltanto da una comunione di persone deve essere fatto valere congiuntamente da tutte le persone interessate, se attrici. La questione di sapere se un diritto può essere fatto valere solo congiuntamente da più persone va risolta secondo il diritto materiale (Cocchi/Trezzini, CPC-TI, ad art. 41, N. 2; DTF 118 II 168). Giusta l'art. 647 cpv. 2 cifra 1 CC, norma di diritto imperativo, ogni comproprietario ha la facoltà di chiedere e, se occorre, di far ordinare dal Giudice l'esecuzione degli atti d'amministrazione necessari a mantenere la cosa idonea all'uso; tra questi atti vi è pure l'espulsione di un locatario (Steinauer, Les droits réels, tomo I, N. 1246 a; DTF 97 II 320, consid. 4).

Potendo quindi L.M., nella sua qualità di comproprietario, esercitare da solo, senza il concorso della comproprietà, il diritto di chiedere lo sfratto dell'inquilino, non vi è esigenza del litisconsorzio necessario. Ne consegue che anche questa eccezione sollevata dal convenuto non può essere accolta.

 

8. In merito all'asserzione secondo la quale F.D.S. sarebbe stato costretto a sottoscrivere un contratto di durata determinata in sostituzione di quello precedentemente in essere tra le parti, o che comunque egli vi sarebbe stato indotto da errore, va rilevato che tale asserzione è rimasta allo stadio di puro parlato, la medesima non avendo trovato alcun riscontro probatorio. Tale argomentazione non può pertanto essere qui presa in considerazione.

 

9. Infine, per quanto concerne la richiesta di protrazione della locazione, si rileva che essa è stata presentata per la prima volta all'udienza di discussione dell'11 dicembre 2003 e meglio con il memoriale di risposta. Ritenuto che il conduttore che intende domandare la protrazione deve presentare la richiesta all'autorità di conciliazione, per le locazioni a tempo determinato, al più tardi 60 giorni prima della scadenza del contratto (art. 273 cpv. 2 lett. b CO), e considerato che tale termine è di perenzione (Lachat, op. cit., pag. 516), la domanda di F.D.S. deve essere respinta.

A titolo abbondanziale si ricorda comunque che F.D.S. aveva chiesto al locatore, con scritto raccomandato
30 settembre 2003, una proroga del contratto di almeno 6 mesi, ciò che egli, nelle more di causa, ha di fatto già ottenuto (doc. 2).

Ne discende che il contratto di locazione è inderogabilmente venuto a scadenza il 31 ottobre 2003.

 

10. Alla luce di quanto sopra, l'istanza di sfratto deve essere accolta, mentre l'istanza 29 ottobre 2003 presentata dal conduttore all'UC va respinta.